Sembra lontano, invece il metaverso è a pochi passi da noi. Lo spiega Alessandro Brunello, che da quasi dieci anni lavora per portare contenuti e valori sociali nei nuovi mondi digitali

Non piace quasi a nessuno. Ma il metaverso è davvero una nuova realtà e fra poco molti di noi la abiteranno almeno per parte della giornata. La domanda è: come vogliamo abitare lo spazio digitale? Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Brunello, founder di Wrong Theory, una società che si occupa della “messa a terra” di eventi culturali legati a metaverso, NFT e criptovalute. E di accompagnare le aziende verso l’Internet 3.0.

Cos’è Wrong Theory?

Lo scopo di Wrong Theory è creare il terreno adatto per artisti e designer che vogliono esplorare il digitale dal punto di vista degli NFT e del mondo cripto. Il mio lavoro si traduce nella curatela di mostre ed eventi.

Wrong Theory è un team composto da professionisti con una storia di successi alle spalle, che spazia dall’arte, al design, alla musica e a tutte le altre conoscenze che servono a mettere a terra progetti artistici e aziendali. Ho curato la prima grande rassegna museale di Crypto Art al mondo (2121, che si è appena conclusa al Museo della Permanente di Milano), che ha raccolto i settanta artisti più significativi.

Il suo team non si occupa solo di arte digitale però…

Abbiamo dato vita a una piattaforma che vende opere fisiche di artisti storici, soprattutto del periodo rinascimentale. Gli NFT risolvono egregiamente una serie di problemi legati all’autenticazione, ai passaggi di proprietà, alla storia dell’opera.

E, ovviamente, permettono di pagare in criptovalute, richiamando l’attenzione di chi ha portafogli significativi. Ma siamo pronti a creare delle piattaforme che possono fare compravendita di opere fisiche e di opere digitali utilizzando anche la moneta fiat, che raggruppa le principali valute internazionali. Per il nostro settore è una rivoluzione poter operare anche con valute non cripto.

Quali sono gli obiettivi di Wrong Theory?

Vengo dal mondo dell’economia partecipativa, posso dire di essere un esperto di crowdfunding, un sistema di finanziamento legato spesso a start up tecnologiche. Mi sono quindi occupato di creare strutture di innovazione tecnologica per enti e istituzioni che vogliono avanzare verso il web 3.0 wallet connected (legato alle criptovalute). Ma la mia scelta è stata innanzitutto di partire dalle persone, perché mi interessa l’aspetto umanistico di quello che a tutti gli effetti potrebbe essere un rinascimento tecnologico.

Dal mio punto di vista è fondamentale mettere l’uomo al centro di qualsiasi contenuto o azione nell’ambito della tecnologia. Il metaverso è una nuova frontiera: è facile che le azioni siano mosse da leggi di mercato incontrollate. Servono progetti con un senso compiuto, sia in ambito artistico che sociale. È una grande opportunità se messa al servizio dell’uomo, se contiene ideali e valori. Altrimenti il rischio è che sia davvero solo una bolla destinata a scoppiare anche dal punto di vista macroeconomico.

Perchè c’è così tanta diffidenza nei confronti degli NFT e del mondo crypto? Come si supera questa diffidenza?

A me la diffidenza fa piacere. Una delle cose più interessanti che si possono mettere in campo è una valutazione critica. Se parliamo della diffidenza dei player di un settore che si avvicinano a un sistema rivoluzionario come le blockchain, da operatore posso dire che mi va benissimo. Perché possiamo migliorare. È un sistema che ha basi molto diverse da quelle a cui siamo abituati e pochi hanno le competenze adatte. La mia missione è quella di trasmettere conoscenze a scopo operativo, non divulgativo. Mettere il più grande numero di persone in grado di operare usando questa tecnologia.

Quindi il suo è un lavoro legato alla produzione di contenuti, non alla speculazione?

Certo. Per una ragione assoluta, legata al valore di quello che facciamo tutti i giorni. E per una ragione pratica, perchè se riesco a far operare professionisti e industrie che producono cultura e visione sociale, la loro incidenza sarà enorme e non rischiamo di veder nascere un mondo potentissimo dove non viene veicolato niente altro che speculazione, consumismo sfrenato, mode, tendenze fini a se stesse.

L’antidoto è scendere in campo. Siamo una generazione che ha avuto tante sollecitazioni e anche una profondità di conoscenze che oggi servono da anticorpi per non farci disumanizzare. Da una parte mi sembra intelligente far lavorare la macchina senza paura, perché è efficiente e ci fa risparmiare molto tempo. Ma dall’altra non voglio lasciare questo mondo aperto solo ai grandi player. Ci vuole cultura. Se fosse vivo Leonardo Da Vinci userebbe le blockchain, ne sono certo.