Un libro e una mostra celebrano un secolo di tradizione modernista e architettura sociale danese

Non molte realtà possono raccontare il proprio centenario.

Quest’anno tocca a Vilhelm Lauritzen Architects, studio che da un secolo definisce e costruisce il modernismo e l’architettura sociale danese, a cui vengono dedicati un libro e una mostra.

Il libro 100 Years of Danish Modern. Vilhelm Lauritzen Architects colloca programmaticamente i protagonisti nel sottotitolo, dichiarando da subito l’intento di approfondire più che di celebrare, di raccontare un metodo, non uno stile.

“Abbiamo preservato il nostro patrimonio negli ultimi cent’anni”, racconta Torsten Stephensen, partner dello studio.

“Può sembrare un peso, ma non lo è. La nostra evoluzione è radicata nell’idea molto sensata di Vilhelm Lauritzen di credere che non debba essere l’architetto a farsi avanti, ma l’edificio stesso”.

Il libro non segue un percorso semplicemente antologico o cronologico, ma mette in atto un’originale sintesi tra manuale, racconto e saggio.

La parte storica si distingue per una differente scelta di carta e per il taglio delle pagine, a formare degli inserti, distinti e complementari rispetto ai testi di Christian Bundegaard – uno storico delle idee – che raccontano l’evoluzione del modernismo e dell’architettura danesi in chiave di welfare.

Oltre ai classici del fondatore non mancano progetti recenti come il nuovissimo ma già celeberrimo Tip of Nordø, situato a poca distanza dall’attuale quartier generale dello studio e simbolo della rinascita della zona del porto di Copenhagen.

La vocazione al sociale tipica di un ‘welfare state’ come la Danimarca si esprime anche nel titolo della mostra Our Architecture, dove la prima persona plurale non riguarda lo studio, bensì le persone a cui questo si rivolge con la sua attività.

Nel percorso ideato per le sale del Danish Architecture Center di Copenhagen viene proposta una serie di esperienze che puntano a rispondere a quesiti apparentemente ovvi: perché ci sentiamo a casa quando arriviamo in certi aeroporti? Perché in un ospedale la natura aiuta a guarire? Perché in alcuni luoghi la musica sembra più bella?

Anne Møller Sørensen, partner dello studio e coordinatrice della mostra, spiega il senso del percorso espositivo: “Una parola chiave per la nostra mostra è scala.

Dovrebbe essere possibile decodificare rapidamente lo spazio espositivo, per esempio attraverso modelli di grandi dimensioni, ma allo stesso tempo entrare in piccoli dettagli ed esplorare la storia, i materiali e l’evoluzione delle aree negli ultimi cento anni”.

Per questo modelli, oggetti, installazioni interattive, interviste e video di concerti, presentano sessanta progetti dello studio, tra architettura e design.

In puro spirito modernista, Lauritzen disegnava infatti anche gli arredi dei suoi edifici e in mostra si possono provare sedie, poltroncine e panche disegnate per la Radiohuset e per la Folkets Hus, da poco messe in produzione da Carl Hansen & Søn.

All’interno della mostra, visitabile fino al 9 aprile, è possibile ammirare un modello gigante del sorprendente New North Zealand Hospital di Hillerød, progettato con Herzog & de Meuron e quasi ultimato.

La forma sinuosa e organica della costruzione mette in dialogo esterni e interni, parti sotterranee e fuori terra, corridoi e giardini, per rispondere a un criterio funzionale ben preciso: a tutte le persone presenti nell’edificio – non importa se pazienti o personale – verrà prescritta una costante e regolare esposizione alla natura e alla luce naturale, fonti di benessere fisco e mentale.

Ecco la dimostrazione concreta di come sia possibile mettere al centro del progetto architettonico il bello, il welfare e le persone.