In Italia sta prendendo piede un nuovo modo di bere il caffè, in caffetterie “speciali” che garantiscono la qualità dei chicchi, della tostatura, dell'estrazione e dell'intera filiera. Per un consumo più consapevole ed etico

Note fruttate e floreali di gelsomino, rosa, lavanda, arancia, pesca, fino ai flavor caramellati e cioccolatosi, più corposi e bilanciati dal punto di vista gustativo. Vino? No, caffè.

Anzi specialty coffee, il caffè speciale, rigorosamente monorigine, cioè proveniente da una singola piantagione. Una varietà di altissima qualità che deve essere coltivata, tostata e infine estratta secondo dei metodi precisi, per salvaguardarne ed esaltarne tutte le caratteristiche sensoriali.

Una nuova cultura del caffè che promuove la qualità dei chicchi, la loro tracciabilità, la filiera corta e il sostegno ai piccoli agricoltori. Una bevanda in tazza dagli straordinari sentori da degustare con calma, come un vino pregiato. Per un consumo più consapevole, etico e sostenibile.

Che cos’è lo specialty coffee

"Il termine 'specialty coffee' è stato coniato nel 1974 in America da Erna Knutsen, che in un numero di Tea&Coffee Trade Journal scrive di un caffè 'speciale', di alta qualità, coltivato in territori con un particolare microclima, una bevanda caratterizzata da straordinari sentori aromatici", spiega Davide Cobelli, coordinatore nazionale di Sca Italy.

Oggi lo specialty coffee è anche un movimento mondiale guidato dalla Sca (Specialty Coffee Association), un’associazione che fa formazione a livello professionale e divulgazione, che racconta al pubblico la qualità del caffè e l’importanza della sua tracciabilità e del controllo dell'intera filiera.

L’industria mondiale ha spesso sfruttato i Paesi produttori di caffè, lo specialty coffee vuole dar voce ai piccoli agricoltori promuovendo il consumo consapevole. Pagare il giusto prezzo significa permettere ai coltivatori di studiare, di migliorare le pratiche agricole, che è la premessa per avere un ottimo caffè".

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Quando approda lo specialty coffee in Italia

"In Italia il fenomeno approda circa un ventennio fa, all’inizio era visto come la classica moda anglosassone, ma nell’ultimo decennio ha preso sempre più piede sul territorio nazionale", continua Davide Cobelli.

"Nella Sca Italy siamo 600 soci, ma ci sono anche molti che ci seguono ma non sono iscritti. Il trend è in crescita, soprattutto tra gli under 30 che sono più sensibili e attenti alle tematiche ambientali. Oggi c’è un ritorno alla natura, al volersi 'riprendere' la terra, e ciò si traduce nell’interesse verso lo specialty coffee, perché è un modo di fare caffè equo e sostenibile, nel rispetto dell’ambiente e degli agricoltori".

Come riconoscere il vero specialty coffee

"Lo specialty coffee è un prodotto tracciabile, ha una carta d’identità che racconta il Paese in cui è raccolto, l’altitudine, chi è il contadino, il processo di lavorazione, le sue note aromatiche.

Inoltre, lo specialty coffee viene definito tale solo dopo una prova di assaggio che si chiama 'cupping', condotta dai Quality-Graders secondo standard decisi dalla Specialty Coffee Association: su una scala di 100 punti, i grani di caffè tostati per essere 'speciali' devono prenderne almeno 80".

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Cos’è il brewing e quali sono le nuove tecniche di estrazione

"Brewing sta per infusione, e indica le tecniche di preparazione del caffè alternative all’espresso. È un metodo diffuso nei Paesi nordici, negli Stati Uniti, in Asia, e sta incontrando interesse anche in Italia.

L’infusione può avvenire con sistemi di filtrazione come V60, chemex, aeropress, cold brew per il caffè freddo. Uno dei metodi più usati è V60: in un contenitore a forma di imbuto si mette un filtro di carta, si aggiunge la polvere di caffè macinata fresca e si versa l’acqua calda. Si ottiene un caffè filtrato aromatico, con note diverse e straordinarie che si sprigionano in tazza e in bocca, da degustare con calma".

Bugan, la prima caffetteria specialty coffee in Italia

"Nel 2000 apro la mia prima caffetteria a Bergamo, inizialmente facendo caffè commerciale", racconta Maurizio Valli, fondatore di Bugan Coffee Lab.

"Nel 2005 studio a Pavia da Andrea Lattuada, l’unico in Italia che parlava di specialty coffee; capisco che esiste un altro modo, più equo, onesto e di qualità, di fare caffè. Inizio a girare il mondo per imparare e saperne sempre di più.

Nel 2012 la svolta: partecipo alle gare di caffetteria e mi attesto come quarto barista in Italia con un caffè panamense. Tra il pubblico c’è una signora del Panama che mi invita a visitare la sua piantagione, un viaggio che mi cambierà la vita.

Al rientro, decido di voler raccontare a tutti cosa c’è dietro una tazza di caffè, e nel 2014 apro il primo laboratorio di caffè in Italia: il Bugan Coffee Lab, un locale dove facciamo corsi di formazione per professionisti e amatori.

L’Italia è considerata la patria del caffè, ma in pochi sanno che il caffè è il seme di un frutto. Noi cerchiamo di fare cultura".

Come degustare lo specialty coffee

"Prima regola: niente zucchero", ammonisce Maurizio Valli di Bugan Coffee Lab.

"Il caffè di qualità non necessita di essere mascherato. Io vado di persona nei campi del Sud America per scegliere il caffè, rigorosamente una arabica monorigine, cioè che proviene da una singola piantagione. Una varietà di altissima qualità che deve essere lavorata, tostata e infine estratta secondo dei metodi precisi, per salvaguardarne ed esaltarne tutte le caratteristiche sensoriali.

Seconda regola: niente fretta.

Lo specialty coffee non si beve in piedi al bancone, ma va degustato con calma, facendosi guidare dal barista in un’esperienza sensoriale diversa dal solito. Si sceglie il metodo di estrazione, tra espresso o caffè-filtro, poi si decide il tipo di caffè, noi ne proponiamo tendenzialmente due: l’Etiopia, fruttato, floreale, con una nota acidula evidente, e un centro americano con note di caramello, cioccolatoso, più corposo e bilanciato dal punto di vista gustativo.

Dopo aver scelto il caffè, bere l’acqua, che va sorseggiata prima e non dopo come solitamente si fa, per pulire le papille gustative e prepararsi alla degustazione.

Si attende l’estrazione, poi si rotea il bicchiere, come si fa con un calice di vino, in modo da 'spaccare' la schiuma in superficie che intrappola gli aromi sottostanti.

In Italia manca un disciplinare che certifica i veri locali specialty coffee, quindi attenzione alle imitazioni! Per capire chi sono i veri specialty coffee bisogna osservare il locale, i macchinari, le informazioni fornite, i packaging che devono riportare la carta di identità del caffè, anche il prezzo è un indicatore di autenticità: uno specialty coffee non può costare meno di tre euro".

Come preparare in casa lo specialty coffee

"Basta dotarsi dell’attrezzatura giusta, online vendiamo tutto l’occorrente, dal caffè di qualità alla moka con un filtro studiato ad hoc per migliorare l’estrazione e quindi la qualità della bevanda", continua Maurizio Valli di Bugan Coffee Lab.

"È fondamentale la scelta dell’acqua, che è l’ingrediente principale per un buon caffè: mai quella del rubinetto, è piena di calcare o di cloro, bisogna usare quella in bottiglia o filtrata".

Come trovare gli specialty coffee in Italia

"Nel 2017, durante la mia tesi di laurea triennale ho mappato gli specialty coffee in Italia, prima in pdf e poi digitalizzando", racconta il designer Leonardo Santetti.

"Sono nati la app Guida Caffè, il sito, in costante aggiornamento, e la guida cartacea The Italian Specialty Coffee Guide, di cui uscirà una seconda edizione nel 2023.

Il fenomeno è cresciuto parecchio: nel 2017 contavo circa 50 specialty coffee, oggi siamo a 200. Si tratta comunque di una realtà di nicchia, perché gli specialty coffee rappresentano meno dello 0,1 per cento della totalità dei bar, che in Italia sono circa 150mila.

La più alta concentrazione si registra al Nord, con delle 'isole felici' sparse sul territorio nazionale, come Firenze, dove il movimento dei caffè speciali è arrivato nel 2013.

Il termine specialty coffee è stato coniato nel 1974 da Erna Knutsen negli Stati Uniti, ma è alla fine degli anni Novanta che il fenomeno si diffonde nel mondo anglosassone, a Seattle, San Francisco, Melbourne, Londra. In queste città ci sono caffetterie che sembrano delle enoteche, dove c’è una scelta molto ampia di caffè, con almeno tre o quattro macinacaffè, e dove il barista - che è come un sommelier - accompagna in un percorso su misura davvero emozionante.

In Italia i pionieri che hanno scommesso per primi sullo specialty coffee sono, ad esempio, Ditta Artigianale di Firenze, Bugan di Bergamo, Caffè Terzi di Bologna".

Punto di riferimento a Milano è Cafezal, in viale Premuda 18 e in via Solferino 27, torrefazione indipendente che dal 2017 seleziona in modo rigoroso le piantagioni e tosta artigianalmente i migliori grani di caffè verde.

Gli specialty coffee e il design

Quando si parla di specialty coffee si parla anche di design, dagli interni caldi e accoglienti agli arredi confortevoli, dall’atmosfera rilassata all’attrezzatura in bella mostra, lucidata e impeccabile.

"Tra gli utensili di preparazione c’è la macchina chemex, un decanter con filtro, un oggetto bellissimo che si trova in mostra permanente al MoMA di New York, un’invenzione tedesca, ma brevettato in America nel 1941 da Peter Schlumbohm", continua Leonardo Santetti.

"Un altro oggetto singolare è l’aeropress, una macchina 'nomade', in plastica, molto leggera, ideale per essere portata in campeggio, un’invenzione dell’americano Alan Adler, produttore dell’Aerobie, il competitor del frisbee.

Oltre alla qualità della bevanda, quello che colpisce dei caffè speciali, e molto probabilmente che ne ha decretato la popolarità, è l’aspetto scenografico dell’attrezzatura e dei locali: sul bancone è un susseguirsi di misteriosi alambicchi, incantevoli ampolle in vetro trasparente, brocche panciute, misurini per dosaggi meticolosi, tazze 'bucate', caffettiere di rame, sembra di entrare in un laboratorio da alchimista".