Jaipur Rugs ha costruito una manifattura diffusa per un'economia solida e umana, nel rispetto del tradizionale modus operandi indiano

A Jaipur, in India, Jaipur Rugs distribuisce i filati di casa in casa agli artigiani tessitori. Non c’è una fabbrica, non c’è un’organizzazione logistica razionale che semplifica la gestione della manifattura e, molto spesso, spoglia il gesto artigianale dell’umanità che gli è propria.

Il sistema rispetta l’esistente, si conforma morbidamente alle regole della comunità. E contribuisce a restituire a ogni persona un senso di sé, nel lavoro, nella perpetuazione di una tradizione e nella dignità di essere custode di un’arte minore che costruisce tante piccole microeconomie essenziali in uno dei paesi più popolati del mondo.

L’artigianato come cultura

Nella città vivono 40mila tessitori di tappeti. Lavorano a casa propria, per la maggior parte sono donne.

Gli artigiani e le artigiane non si limitano a tessere, ma insegnano il proprio lavoro a figli e nipoti, perché possano: “Proseguire una linea di civilizzazione che ha origine nella notte dei tempi: ogni nuova generazione conserva e nutre la cultura umana,” spiega la designer Pavitra Rajaram, a Milano durante il FuoriSalone per presentare Majnun, la collezione che ha disegnato per Jaipur Rugs.

Chi è Parvita Rajaram

Parvita Rajaram è di Bombay, ha studiato negli Stati Uniti, ha lavorato per qualche tempo per una congresswoman (una senatrice) e poi ha proseguito la sua carriera a Roma a Villa Borghese.

Tornata in India ha fondato il proprio studio ed è diventata una delle designer più influenti del paese grazie alla sua collaborazione con Good Earth, un brand high-end sostenibile e molto trendy con negozi in tutto il subcontinente indiano, particolarmente focalizzato nel recupero dell’artigianato.

È un interior designer ed è la co-fondatrice della Fondazione Sarmaya, un museo e un archivio impegnato nella conservazione dell’heritage artistico e artigianale.

L’India è un sistema di responsabilità

Definire l’artigianato una delle innumerevoli linee di civilizzazione della specie umana fa parte di una visione antropologica non così comune dalle nostre parti.

“La cultura occidentale dà molta importanza all’espressione individuale,” continua Rajaram. “In India è più forte il valore dell’appartenenza a un lignaggio, è una responsabilità che crea consapevolezza di sé, della propria dignità umana e, non da ultimo, è un sistema produttivo che permea tutto il paese sostenendo un’economia basata soprattutto sul lavoro manuale”.

È per questo che il design ha soprattutto a che fare con le persone e “ogni gesto progettuale è anche un gesto politico”.

L’incontro con un business umano

Parvita Rajaram non è quindi una persona qualsiasi. La sua lucidità nel raccontare l’India pesca a piene mani dalla conoscenza amorevole del proprio paese e del proprio mestiere.

Oltre che di quella consapevolezza di sé che in india si traduce in molti modi diversi, dalla dignità del lavoro manuale all’impegno sociale e culturale.

“Conoscevo già Jaipur Rugs: sono una collezionista di tappeti e ho usato spesso i loro prodotti nei miei progetti di interior. Incontrare Nand Kishore, il fondatore del brand, ha dato però un significato diverso al mio lavoro.

Il suo obiettivo, oltre a fare business, è strettamente legato all’espressione di valori umani. La gentilezza, l’amore, la responsabilità per una comunità di migliaia di persone sono le fondamenta concrete di Jaipur Rugs”.

Il valore è nelle persone, non nel tappeto

Secondo Nand Kishore ogni tappeto è intessuto delle benedizioni di una famiglia di artigiani.

“Quello che si paga è il cuore delle persone, il tappeto è gratis”, ha detto a Parvita Rajaram. Dalla conversazione fra i due è nato un progetto innanzitutto culturale.

“Ho esplorato la storia di alcune delle tradizioni più iconiche e riconoscibili della tessitura di tappeti. La Via della Seta è il filo conduttore, il viaggio dei manufatti da Est a Ovest è stato per molto tempo un dialogo fra culture diverse intessuto nei motivi decorativi di ogni luogo”.

Dai Shikarghas, i tappeti indiani, che trovarono la loro via verso l’Inghilterra dell’800 e del ‘900, per poi tornare in patria in forma di riflessione e denuncia della Colonizzazione.

Passando per i motivi ipnotici dei tappeti-tigre tibetani, usati per meditare e, simbolicamente, ricordare che la mente è come una bestia feroce. Fino ai motivi di guerra afghani, che nel tempo sono divenuti un testamento visivo di una dolorosa storia di guerra e conflitti.

L’artigianato italiano?

“Ho tradotto queste tradizioni in un linguaggio contemporaneo, perché continuino a essere leggibili da una parte all’altra del mondo, come è sempre stato”, conclude Parvita Rajaram.

Infine: la gentile designer indiana si stupisce (o, per cortesia, finge di stupirsi) nello scoprire che in Italia il sistema design fatica a trovare giovani artigiani.

Ascolta con gentilezza quando le spiego che il lavoro manuale non è considerato dignitoso e ogni genitore sogna ancora un figlio laureato. Si congeda con un sorriso e un abbraccio.