Attenzione alla sostenibilità, all’uso delle risorse e al ciclo di vita, dalla scala urbana a quella del prodotto. La questione ambientale è oggi la vera sfida per architetti e designer e la multidisciplinarità un’attitudine (intrinseca) necessaria per affrontare la complessità. Ce ne parlano Stefano Boeri e Giorgio Donà

Architetto, politico e teorico dell’architettura, Stefano Boeri apre nel 1993 a Milano lo studio che oggi annovera progetti in tutto il mondo.

Pur promuovendo da sempre un approccio integrato e multidisciplinare, è con il Bosco Verticale nel quartiere Isola di Milano che lo studio di Stefano Boeri consolida un filone di ricerca: un modello di densificazione in altezza del verde nella città, capace di contribuire non solo al risparmio energetico ma anche alla rigenerazione dell’ambiente e della biodiversità urbana.

“Una casa per alberi che ospita anche umani e volatili”, come definito dallo Studio.

La ricerca nella riduzione dell’impatto ambientale abbraccia diverse scale, dalla pianificazione urbana al design di prodotto, con particolare attenzione alle specifiche condizioni climatiche e geo-produttive locali.

Nel 2018 nasce Stefano Boeri Interiors, fondato con Giorgio Donà, al fine di studiare soluzioni ai nuovi bisogni abitativi e riflettere sulle trasformazioni negli stili di vita e nei modi di abitare.

Sempre alla ricerca di quel legame tra sfera naturale e umana, “rivalutando il nostro ruolo di esseri viventi sul pianeta”.

Multidisciplinarità per trovare un diverso punto di vista nell’indagine sullo spazio costruito.

In che modo si è trasformata la progettazione?

Stefano Boeri: "Credo che oggi il progettista si trovi di fronte alla medesima complessità e a un analogo approccio interdisciplinare. La novità, semmai, è la questione ambientale, che comporta un maggiore carico di responsabilità non solo sull’impatto reale del progetto, ma anche sul suo valore simbolico: sulla vita che lascerà tale spazio e su come verrà utilizzato.

La questione ambientale è un sottofondo inevitabile giusto e corretto.

Quanto alla multidisciplinarità, la progettazione si nutre da sempre – e in modo famelico – di campi del sapere molto differenti. Non c’è una disciplina egemone, quanto alcune che, in determinate epoche, sono state capaci di porre quesiti e approcci d’indagine.

Oggi citerei l’antropologia perché, in questo momento storico, rappresenta uno snodo nella contemporaneità".

Il benessere ambientale e il riconnettersi con la natura e i ritmi naturali sembrano esigenze alla base sia dell’architettura sia dell’interior design e del progetto d’arredo. Qual è la vostra ricerca in proposito?

Stefano Boeri: "Da anni lavoriamo sull’idea che la natura vivente, la natura vegetale, debba essere presente nelle nostre architetture e interni, non tanto come decorazione quanto come componente fondamentale del nostro progetto.

Questo ha portato con sé la consapevolezza che la sostenibilità e la transizione ecologica non significhino solo 'verde', ma che riguardino anche i materiali, il ciclo di vita dei prodotti, il loro riciclo, riutilizzo e conversione post-utilizzo.

Ciò vuol dire ragionare su questioni fondamentali quali, per esempio, il ciclo dell’acqua e l’uso della stessa risorsa a scale diverse.

Stiamo sviluppando Boschi Verticali che siano al contempo aperti, capaci di assorbire l’energia solare e del vento e che abbiano una gestione molteplice dell’acqua in modo da ridurne al minimo il consumo.

Stiamo sperimentando questi fattori integrati in territori aridi, in zone del mondo con condizioni climatiche estreme perché, ahinoi, a tali condizioni si sta avvicinando anche l’Europa del Sud".

Con il Bosco Verticale avete creato un modello replicabile. Che cosa avete imparato e che cosa avete perfezionato in questi anni di applicazioni in contesti differenti?

Stefano Boeri: "Abbiamo imparato moltissimo sia dalla botanica sia dall’esperienza diretta. Sono ormai dieci anni che il Bosco Verticale di Milano è stato costruito; da circa due sono nati quelli di Eindhoven, Treviso e Huanggang in Cina, a firma Stefano Boeri Architetti.

Quindi abbiamo una campionatura interessante che ci restituisce informazioni.

E poi abbiamo sperimentato strade nuove: il Bosco Verticale di Eindhoven è un social housing con abitazioni in affitto accessibili a tutti, nelle quali abbiamo lavorato alla riduzione dei costi di fabbricazione e di manutenzione".

Nei prossimi progetti abbiamo in mente di costruire strutture in legno, applicate soprattutto alle solette.

Usare il legno significa ridurre la produzione di carbonio nel processo costruttivo, nonché ‘stoccare’ le emissioni di Co2. Stiamo anche lavorando sull’integrazione tra energia solare ed eolica e sull’applicazione di speciali impianti geotermici e per la gestione dell’acqua.

Durante COP27 abbiamo presentato il progetto per Dubai che aggiungerà l’agricoltura idroponica, integrando la coltivazione del verde con il ciclo dell’acqua e l’energia solare.

Abbiamo la fortuna di avere scelto un campo di applicazione che si presta a essere un formidabile laboratorio di sperimentazione.

Sugli edifici e l’interior design. Si parla spesso di arredi e spazi flessibili e adattivi in una dimensione urbana a scala più locale. Avete notato un cambiamento sostanziale nel disegno degli spazi residenziali?

Stefano Boeri: "Sicuramente. Dopo il Covid-19, è cresciuta l’esigenza di avere arredi e spazi aperti o che possano essere a contatto con l’aria aperta. I

l verde è stato, ed è, un elemento che connota logge, balconi e addirittura tetti: elementi sempre più richiesti dal mercato immobiliare e pertanto molto presenti nei progetti abitativi.

Svariati spazi comuni del residenziale sono stati riprogettati in una dimensionesemi-privata: gli spazi dell’ingresso, le corti o i tetti diventano, o ritornano, luoghi da abitare in un’ibridazione con gli spazi pubblici a scala urbana.

In secondo luogo, c’è stata una reazione alla funzionalità degli arredi. Il lavoro da remoto ha fatto ipotizzare arredi mutanti, capaci di cambiare la loro disposizione e funzione: da tavolo per commensali a piano di lavoro, a tavolino componibile e modulare; da luce statica a corpo illuminante polifunzionale, variabile a seconda delle ore e degli usi durante la giornata.

C’è molta più attenzione alla flessibilità e alla modularità. Un’altra tendenza progettuale è quella dei materiali: si cerca di usare plastica solo se è necessario e se è riciclata, il legno diventa un componente base e si progetta il fine vita dei prodotti".

Giorgio Donà, ci parli del nuovo tavolo Chiglia per Marmo Arredo. In che modo rappresenta le istanze di sostenibilità, durabilità e flessibilità sempre più richieste dal mercato contemporaneo?

Giorgio Donà: "Chiglia è la sintesi di durabilità per la natura stessa dei materiali da cui è composto, di flessibilità per la tecnica con cui si incontrano gli elementi e di sostenibilità nella scelta etica sia di materiali riciclati e riciclabili – pertanto reintegrabili nel processo di produzione – sia di superfici come, per esempio, il quarzo tecnico, che presenta una composizione di derivazione post-consumo e materie prime di origine naturale.

Il design del piano di marmo – o di quarzo tecnico presente in gamma – è il risultato dell’incontro tra forme, linee e sapiente capacità di trasformare volumi e superfici propria di Marmo Arredo, azienda produttrice della collezione.

La materia di cui è composto il tavolo – nelle sue varie fogge e misure – vuole invece per sua natura diventare espressione di eleganza e durevolezza.

Chiglia è un gioco di opposti, la ricerca di equilibrio tra statica, estetica e funzionalità: si poggia e fluttua su due sostegni in vetro dalla forma spezzata, senza l’ausilio di colle o sistemi meccanici, ma in perfetto bilanciamento di pesi e misure. Ed esprime il punto d’incontro tra sperimentazione e tradizione, disciplina ed esplorazione.