La cultura come strumento di emancipazione per la città e per l’uomo occupa spazi abbandonati, riconverte destinazioni d’uso e rivendica un diritto universale: abitare

A Roma tra archeologia e visioni metropolitane: cosa si muove e si produce nel mondo della cultura giovanile, ben distante dai cambi di poltrone che polarizzano l’attualità?

Abbiamo incontrato alcuni dei protagonisti di questa timida, ma ben organizzata rivoluzione creativa, e scoperto che, in centro come in periferia, esiste una costellazione di luoghi meticci, nelle funzioni quanto nella geografia umana, impegnati nella sperimentazione di nuovi modelli di condivisione.

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Il nostro viaggio nella Roma underground, che non ha alcuna pretesa di essere esaustivo, inizia dalla Palestra Popolare del Quarticciolo, quartiere alla periferia est di Roma e storica borgata antifascista. Molto più di uno scantinato dove allenarsi, i locali dello stabile di proprietà pubblica, sono un presidio territoriale a difesa del diritto all’abitare.

“Alti livelli di disoccupazione e di dispersione scolastica, basso reddito e alta percentuale di detenuti in esecuzione alternativa della pena: qui il panorama statistico è decisamente articolato”, ci spiega Pietro Vicari, tra i fondatori dell’associazione Asd.

“Lo sport ci consente di monitorare come crescono ragazze e ragazzi, se mangiano, dormano, sono regolari negli impegni che si assumono”, un po’ sul modello delle palestre delle favelas brasiliane: luoghi di aggregazione dove gli studenti si trovano a fare i compiti e gli adulti organizzano i matrimoni.

Se il Quarticcolo è un quartiere a scarsa mobilità interna, Metropoliz, la città meticciata nella periferia est di Roma in zona Tor Sapienza, è un luogo decisamente multietnico: qui convivono italiani in stato di fragilità, rifugiati, migranti.

È in questa parte della Capitale che Giorgio De Finis, antropologo, scrittore, curatore indipendente, già direttore del Museo delle periferie di Tor Bella Monaca e curatore del libro Non autorizzati. L'arte disubbidiente nello spazio urbano, ha fondato il Maam, il museo dell’Atro e dell’Altrove: uno spazio espositivo aperto al pubblico all’interno di un’ex salumificio Fiorucci occupato nel 2009 dai BPM (Blocchi Precari Metropolitani): “qui non si colorano muri, qui si produce arte per denunciare l’emergenza abitativa”, creare dispositivi ad alta partecipazione è un modo di rendere la città consapevole di una fragilità sempre più diffusa. Non solo a Roma.

“Gli immobili nascono per essere abitati dagli umani urbani, questo va ricordato, perché i meccanismi finanziari giocando al rialzo valorizzano il vuoto. Molte persone ancora non si rendono conto dell’impatto che la finanziarizzazione dei mq ha sullo stato sociale: oggi per migranti e precari avere accesso alla casa è proibitivo. E abitare è un diritto universale”.

Chi vive nei locali di Metropoliz, Spin Time e PortoFluviale, tre aree occupate di Roma, non è un furbetto: “si tratta di persone che non riescono a mantenersi, a pagarsi l’affitto, a comprarsi casa. Chi vive ai margini di questo processo di rottamazione progressiva, è il primo di una serie di gruppi che ci vede tutti in fila”.

Oggi la convergenza di tutti gli attori che ruotano attorno a questa utopia praticata, militanti, proprietà e Comune, fanno ben sperare rispetto all’attuazione del Piano Casa di Roma: “sul tavolo l’intenzione di costruire, grazie ai fondi del Pnrr, 100 abitazioni in edilizia popolare”.

La rigenerazione di questo spazio, consentirebbe di ricollocare e sistemate le 60 famiglie, anziché sgomberarle con gli idranti. “Stesso lieto fine si immagina per altre due storiche occupazioni: Spin Time e PortoFluviale. Le carte sono ancora sui tavoli degli uffici preposti, prefettura, assessore, sindaco”, chiude De Finis. Seguiamo gli sviluppi.

Tra i luoghi collettivi di condivisione, co-creazione e co-immaginazione della Capitale, segnaliamo quattro altri esempi virtuosi: un laboratorio di rapporti sociali, il Cinema Troisi, che promuove un nuovo modello di sala cinematografica, avamposto culturale di periferia; di un museo per l’immaginazione, il Macro, che si fa magazine per leggere il lavoro degli artisti e indagare la contemporaneità; di un garage riconvertito in hub performativo, Basement Roma, volto all'indagine del campo dell'arte contemporanea, del dibattito critico, della cultura digitale e del ‘new now’; di un artist-run space, In Situ, che a Tor Bellamonaca attiva una giovanissima comunità di creativi.

1. Cinema Troisi

Valerio Carocci è, “con gli altri ragazzi della Fondazione Piccolo America, colui che gestisce il rinnovato e ristrutturato Cinema Troisi, dove si proiettano film nuovi e vecchi e si studia fino a tarda notte”, scrive di lui Marianna Rizzini sul Foglio.

L’antefatto. Studente, imprenditore, animatore culturale è il Presidente di un’associazione di circa quaranta ragazzi che nel 2012 occupa il locali del cinema America. “Il fatto è che nel centro della Capitale non ci sono spazi di aggregazione per chi studia li e vive nella periferia: era necessario fare spazio”, spiega. “Trovare locali vuoti da convertire in luogo di aggregazione, dialogo e scambio culturale è una questione di logica e di necessità”.

L’occupazione dell’America si conclude con lo sgombero del 2014, da li in poi la programmazione cinematografica prosegue in modalità itinerante: un mese e mezzo di proiezione all’aperto in tre località diverse della città (Piazza San Cosimato) e due in periferia (monte Ciocci e Parco della Cervelletta) è un successo tale che il sindaco Roberto Gualtieri, insediatosi, sblocca per il progetto 250 mila euro di finanziamenti.

Ma l’obiettivo di Carocci e dei suoi è radicarsi, farsi punto di riferimento per una comunità culturale in crescita: “nel 2016 ci aggiudichiamo il bando ‘Patrimonio Comune’ per la riqualificazione del Cinema Troisi”, che viene inaugurato a settembre del 2021.

Il Cinema Troisi è uno spazio unico nel panorama europeo: 300 posti per una programmazione che copre la giornata dalle 11.00 alle 3 di notte e che lo scorso anno le è valsa il premio ‘Biglietto d’oro’ (con 90mila ingressi). “Gli interni sono tutti pensati per stare insieme: dal foyer all’aula studio-biblioteca, aperta h24. Il Troisi è un luogo di cultura, un’isola che non c’era per chi, come noi, dalla periferia vuole vivere il centro della Capitale”.

2. MACRO

O ‘museo per l’Immaginazione Preventiva’, è il museo d’Arte Contemporanea che, dall’inizio del 2020 e sotto la direzione artistica di Luca Lo Pinto, ha adottato la struttura sperimentale di un magazine, come strumento di lettura del lavoro degli artisti e metodo di indagine della contemporaneità.

Stagione dopo stagione, ogni sala del museo ha raccontato, sotto il titolo di un banner di ingresso giallo, un linguaggio o un punto di vista specifico, facendo emergere storie e figure spesso inedite da sfogliare liberamente.

Sino al 18 febbraio 2024, on show ‘Barrikadenwetter. Atti Visivi dell’Insurrezione’, a cura di Wolfgang Scheppe, Bastiaan van der Velden, Sara Codutti, Eleonora Sovrani (Arsenale Institute, Venezia): ‘tempo di barricate’ è il momento di transizione nel quale un soggetto rivoluzionario emerge nell'azione collettiva e si reifica come un ostacolo in opposizione all'ordine costituito.

La prima parte dell’anno vedrà un nuovo palinsesto di mostre che aggiorneranno l’offerta culturale con un approccio come sempre multidisciplinare e con diversi focus dedicati alla città di Roma. Imperdibile dal 9 febbraio anche la mostra ’25 Years of Always Stress with BLESS’, del duo parigino e berlinese Bless.

3. Basement Roma

Il progetto guidato da Cura, un hub performativo fondato da Ilaria Marotta e Andrea Baccin volto all'indagine del campo dell'arte contemporanea, del dibattito critico, della cultura digitale e del ‘new now’, da febbraio 2023 ha un nuovo spazio espositivo: un ex garage del quartiere Prati, in Viale Mazzini 128.

Tra le tante attività che svolge, dalla pubblicazione di una rivista internazionale semestrale, alla direzione artistica di mostre, biennali, festival e progetti site-specific, produce anche mostre personali. Con questa nuova sede ha celebrato i dieci anni di attività espositiva, riaffermando un interesse verso le proposte più attuali della scena artistica contemporanea nelle sue espressioni più all’avanguardia e significative.

La programmazione del nuovo spazio ha finora ospitato la prima mostra personale in Italia dell’artista francese Sara Sadik, ‘Xenon Palace: Crystal Zastruga’, frutto di una collaborazione che ha coinvolto anche Villa Medici e la Kunsthalle Lissabon; ‘Fall’, la prima mostra personale di Özgür Kar in Italia e ‘The Contest of the Fruits’ del collettivo Slavs e Tatars. La prossima mostra, ‘Player Character’ di Jon Rafman, aprirà il 28 febbraio 2024.

4. In Situ

Situato a Tor Bellamonaca, nella periferia romana, nasce nel 2016 come artist-run space: uno spazio espositivo per undici studi d’artista per proporre e valorizzare la ricerca di artisti emergenti.

Annualmente In Situ ospita una collettiva che, attraverso lo sguardo di una curatrice ospite, fotografa le dinamiche dell’arte contemporanea: il 2023 è stato l’anno di Caterina Taurelli Salimbeni che per lo spazio ha curato la mostra ‘Solar Dogs’: una mostra che ha sperimentato la relazione tra realtà e finzione come condizione dell’esperienza contemporanea. Il titolo si riferisce al ‘cane solare’ (o parelio), un raro fenomeno ottico che fa sì che in cielo siano visibili due soli.

Liberamente ispirata al testo ‘L’invenzione di Morel’ di Adolfo Bioy Casares, nel quale l’apparizione del doppio sole insinua nell’autore il dubbio che ciò che osserva non sia del tutto reale, la mostra presenta si presenta in forma di meta-narrazione. La collettiva esce infatti dai confini dell’esposizione in quanto tale per proiettare il pubblico in una dimensione fittizia, nella quale il perturbante è protagonista di una scena asettica e surreale.