L’innovazione non crea automaticamente sviluppo
Viene da chiedersi cosa è successo al mito dell’economia della conoscenza. Ancora una volta abbiamo passato anni a parlarne, convinti che avrebbe salvato il mondo e creato una grandissima prosperità nell’illusione che avrebbe impattato a cascata anche sulle parti sociali più fragili.
Ci siamo detti che la ricerca e l’innovazione creano automaticamente e magicamente sviluppo locale. “Può accadere, ma ci devono essere delle condizioni”, spiega Calderini.
“Abbiamo buttato via migliaia di euro imitando il modello della Silicon Valley. Un esempio è il parco scientifico di Verbano Ossola, una struttura costata 90 milioni di euro, un esercizio di grande soddisfazione architettonica. Questo progetto negli ultimi anni ha prodotto una startup, solo una, che si occupa attualmente del verde del parco. Questa condizione si è replicata mille volte”.
La conseguenza immediata è il decadimento della fiducia nella tecnologia e nello sviluppo da parte delle aree sociali più critiche. L’idea che niente davvero possa cambiare, malgrado la tecnologia, si è diffusa fra chi popola le adiacenze delle grandi strutture tecnologiche.
Servono sovrastrutture adeguate all’economia green
Continua Calderini: “L’avvento dell’economia della conoscenza ha enormemente aumentato il tasso di disuguaglianza sociale. Basta un esempio: lo sharing dei monopattini nelle città è da molti punti di vista un fallimento sociale, nonostante il servizio sia uno degli esempi più dell’economia della condivisione”.
Perché i monopattini hanno invaso la città senza una sovrastruttura etica e culturale. Creano incidenti e sono patrimonio quasi unicamente di uomini fra i 20 e i 45 anni. Il resto della città? I disabili? Gli anziani? “Sono stakeholder invisibili, che però evidenziano quanto l’innovazione sia per molti versi un po’ sociopatica”.
Un business accelerato dalla tecnologia nel contesto di una narrativa che Calderini definisce ironicamente 'evangelica e hipster'.
Nessuno si è fermato a immaginare le parti negative, a prevedere le reali ricadute sul tessuto sociale. La sostenibilità non inclusiva, per quanto possa sembrare un dettaglio, in realtà è una sostenibilità non efficiente.