Fin dalla sua formazione a bottega la sua passione si concentra attorno alla scoperta dei processi, dei metodi produttivi, delle logiche proprie di quelli che lei stessa definisce 'ambienti di lavoro'.
Il suo obiettivo dichiarato non era il recupero nostalgico di un passato glorioso, anzi, un profondo desiderio di affrancare la moda italiana dalla sudditanza dalla moda francese, per renderla una moda indipendente sul piano produttivo e culturale.
Ricordiamo che tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 un abito, un cappello, una borsa, una scarpa non avevano senso se non erano una derivazione (o una riproduzione pedissequa) dell’idea di un couturier parigino. Un concetto quale 'moda italiana' a cavallo del secolo suonava più o meno come pensare oggi a uno 'smartphone italiano'. Possibile, certo, comunque piuttosto improbabile.
Ma Rosa Genoni aveva un progetto concreto.
Conosceva bene la moda francese di Nizza e Parigi, aveva lavorato a Bruxelles, frequentato Londra e la Svizzera. Sapeva dove trovare materie prime, pizzi e ricami. Conosceva e reclutava ottima manodopera e capiva l’importanza della formazione (per anni dirigerà la sezione Sartoria della Scuola della Società Umanitaria di Milano), dei libri di testo (ne completerà due) e del contributo della stampa (scriverà per diverse riviste di moda e politica).
Sicuramente non era interessata a importare modelli altrui, anzi, puntava a definire sistemi originali che potessero definire un nuovo modo di fare e di pensare.
Per questo ha promosso il lavoro cooperativo delle Industrie Femminili Italiane, nella speranza che la filiera italiana potesse affrancarsi dal dernier cri parigino e dare vita al Made in Italy, un termine che in quegli anni si iniziava a utilizzare per definire un nuovo modo di vedere - e di far vedere - il design italiano.
Per Rosa Genoni, dunque, la moda non si riduceva a un manufatto, ma era l’incarnazione di un processo, di una filiera, di un sistema, a costituire un organismo complesso che poteva crescere, diventare forte e indipendente: un genuino atto di design. Il suo contributo è stato fondamentale e duraturo anche perché in questa visione ha saputo coniugare con caparbietà ricerca, processi, impresa, comunicazione e didattica.