Sono sequenze a cui Vassallo riesce a conferire un’ineffabile suspense attraverso mezzi squisitamente e puramente cinematografici e di cui si occupa personalmente: i movimenti di macchina, la musica e un montaggio precisissimo, ora disteso ora stranamente sincopato.
E che all’autore interessi più l’uomo (anche se non è affatto scontato che lo ami) che la sua opera è confermato dal fatto che i lavori di Wines – che, ricordiamolo, ha vissuto a Roma ed è entrato in contatto con i gruppi Archizoom, Superstudio, Ufo, frequentando Branzi e De Lucchi – vengano mostrati solo alla fine, a intervallare i titoli di coda e preceduti da una serie di immagini di quelle periferie suburbane a cui l’architetto ha offerto una generosa scappatoia estetica: la facciata in mattoni ‘sbucciata’ di uno dei Peeling Projects (serie di interventi commissionati ai SITE dalla catena commerciale Best Products), quello di Richmond, che rivela l’autonomia dell’involucro dal capannone a cui è stato giustapposto; l’Indeterminate Façade di Houston, in cui il rivestimento di mattoni bianchi si estende oltre l’altezza dell’edificio, mentre alla sommità il profilo è lasciato frammentato, con i mattoni franati sulla tettoia sporgente come appena crollati; il Tilt Showroom nel Maryland, la cui facciata principale si stacca dal resto del complesso poggiando a terra su un angolo da un lato e sulla costruzione dall’altro; il Forest Building in Virginia, negozio invaso dalla foresta che lo circonda e che vi irrompe generando una frattura tra la facciata e il resto della struttura (opera che non può non ricordare il Bosco Verticale, costituendone un luminoso precedente); e il Floating McDonald’s, sublime sberleffo ‘galleggiante’ al committente, che non voleva che l’architettura archetipica del celebre fast food venisse compromessa.
E mentre di queste opere effimere, come si diceva, è ormai rimasto poco o nulla, l’uomo è ancora lì, serafico, nel suo appartamento a disegnare, magari immaginando un’ideale battaglia in cui James ha finalmente prevalso su Wines.