Apparso per la prima volta nel romanzo Shining di Stephen King e poi nel film che ne ha tratto Stanley Kubrick, l'Overlook Hotel in Colorado è tra le location immaginarie più celebri di sempre. Ecco la sua storia

Set principale e pressoché unico del romanzo Shining di Stephen King e della trasposizione cinematografica firmata Stanley Kubrick, l'Overlook è con ogni probabilità l'hotel di finzione più celebre di ogni tempo. Come fonte di ispirazione per dargli corpo, King ricorre a un albergo in stile neo-georgiano in cui aveva soggiornato nel 1973 e il cui nome, quasi un segno del destino, era Stanley Hotel. 

Per il suo film del 1980, Kubrick sceglie come location principale per le riprese esterne il Timberline Lodge, in Oregon; gli interni li fa ricostruire nei londinesi Elstree Studios a Hertfordshire, basandosi su quelli reali dell'Ahwahnee, un albergo nel parco nazionale di Yosemite realizzato sul modello degli antichi avamposti indiani. Appassionato di architettura Kubrick, per la grande hall dell'Overlook, prende spunto da quella dell'Imperial Hotel che Frank Lloyd Wright aveva progettato a Tokyo, che fu demolito sul finire degli anni ’60 e in seguito ricostruito.

Le indimenticabili toilette rosso squillante omaggiano quelle di un famoso hotel in Arizona, il Biltmore, il cui progetto è talvolta erroneamente attribuito ancora a Wright, che invece si limitò a fornire la propria consulenza per un pattern architettonico ricorrente nella struttura.

L'Overlook tornerà nelle pagine di King in Doctor Sleep, il sequel con cui lo scrittore del Maine riprende in mano la materia Shining dopo 36 anni. Sui grandi schermi, l'albergo maledetto costruito su un cimitero indiano riapparirà in Room 237 (sorta di video-saggio in cui sei studiosi illustrano le proprie teorie interpretative legate allo Shining film), ma anche in Ready Player One (2018) di Steven Spielberg e nella versione cinematografica di Doctor Sleep firmata da Mike Flanagan nel 2019.

Restando alle opere di Spielberg e Flanagan, è interessante notare i differenti approcci con cui i due autori scelgono di mettere in scena la location Overlook. 

In quella sarabanda videoludica dedicata a compendiare l'immaginario culturale degli anni Settanta e Ottanta che è Ready Player One, la perfetta conoscenza del film Shining è funzionale a superare un livello del concorso che impegna i protagonisti e attorno a cui ruota l'intero il film.

Qui, l'opera di Kubrick è una reliquia, un testo sacro immodificabile, tanto che – grazie a una computer grafica che oggi permette di recitare anche ad attori passati a miglior vita – la ricostruzione digitale dell'Overlook kubrickiano è di impressionante precisione, fino nei minimi dettagli: dal parquet, dai tappeti e dal grande camino dislocati nell'immensa hall alla macchina da scrivere di Jack Torrance; dai fregi che decorano la struttura degli ascensori da cui scaturisce la famigerata ondata di sangue fino all'identica tonalità di verde che domina il bagno della famigerata stanza 237. 

Con il suo Doctor Sleep, Flanagan fa qualcosa di diverso, di sottile e intelligente. Nel film, che racconta che fine abbia fatto Danny Torrance, il bambino con la luccicanza (lo shining) scampato alla follia paterna, l'hotel infestato è il luogo in cui si chiudono per sempre i giochi, quello dove l'ex ragazzino capace di leggere nella testa delle persone dovrà sconfiggere i propri demoni personali (come l'alcolismo, ereditato da papà Jack) e quelli reali che tormentano la sua protetta Abra, adolescente dotata dei suoi stessi poteri. 

L'Overlook di Flanagan è quasi identico all'originale e quindi a quello ricreato pixel per pixel nel film di Spielberg. Ma allo stesso tempo ci sono dei particolari infinitesimali che non collimano, e che operano a livello inconscio sullo spettatore generando un effetto volutamente straniante: il triciclo con cui Danny scorrazza per i corridoi soffocanti dell'albergo in Doctor Sleep è appena diverso da quello di Shining, i colori delle figure geometriche che disegnano la moquette sono più accesi nel film del 2019, mentre i battiscopa sono verde lucido e non più marrone. 

Si potrebbe continuare citando altre discrepanze – una su tutte: nel film di Kubrick, a sinistra del bancone della sala ricevimenti è presente una tenda chiusa, nel sequel si intravvede una nicchia in cui sono alloggiati due ascensori – ma il senso non cambierebbe: l'Overlook in cui fa ritorno Danny Torrance è e allo stesso tempo non è quello nel quale aveva rischiato di essere ucciso dal padre quasi 40 anni prima.

Perché Flanagan sa che quell'edificio è, esattamente come la Twin Peaks lynchiana, un luogo dalle precise coordinate fisiche e allo stesso tempo uno stato mentale, una presenza irrequieta che esiste da quando esistono il Bene e il Male e in cui spazio e tempo seguono coordinate altre, descrivendo traiettorie che nessuna mente umana è in grado di razionalizzare.

L'Overlook esiste da sempre e da mai, dunque, e le sue forme sono una, nessuna, centomila.