Siamo stati a Giarre, ai piedi dell’Etna, per la quarta edizione di RadicePura Garden Festival (aperta fino al 3 dicembre 2023), la biennale del paesaggio del Mediterraneo.
Spaccature nel terreno per osservare la brulicante vivacità del sottosuolo, ambienti che stimolano alla riservatezza, infiorescenze nascoste alla vista da massi granitici.
Passeggiamo tra i giardini che nel tempo sono diventati permanenti e nelle nuove proposte di fresca piantumazione.
Ogni passo è un atto di meraviglia, ogni metro quadro coltivato una dichiarazione di amore verso la natura.
La storia di Radicepura e della famiglia Faro
La storia di Radicepura si intreccia con quella della Famiglia Faro, del loro meraviglioso vivaio e di una visione verso il futuro guidata dalla voglia di generare il bello e preservare l’eredità della natura. Una storia che si misura con i cambiamenti climatici, con la fragilità della biodiversità e si fa promotrice di visioni generative.
Fare giardini è un affare serio, dice Antonio Perazzi, direttore artistico
“Fare un giardino ti mette a contatto con un mondo che è fatto di vita, crescita e voglia di sopravvivere. - spiega il direttore artistico e paesaggista Antonio Perazzi - Di conseguenza è un esercizio che chiama all'ottimismo, anche quando ti stanchi. Allo stesso tempo fare giardini è un affare molto serio: perché è la dimostrazione della necessità di estendere al mondo intero un senso di cura e di rispetto. In un mondo diventato fragile dobbiamo unire l’etica all’estetica. Con questa nuova edizione della Biennale del giardino Mediterraneo, vogliamo portare l’attenzione su tematiche che ci stanno più a cuore: la cultura del giardino, ma anche il rispetto per l’ambiente come atto di responsabilità civile.”
Il carrubo, la pianta simbolo dell’edizione 2023 di Radicepura
Non a caso, la pianta simbolo di questa edizione è il carrubo, emblema di longevità e di resistenza alle condizioni avverse. E sono proprio le piante le protagoniste di questa quarta edizione.
Sembrerà banale trattandosi di giardini, eppure è una profonda scelta di campo: partire dalle varietà botaniche per progettare un giardino significa radicare la poetica nella terra, dichiarare che le idee nascono a contatto con i vivai e sporcandosi le mani.
Gli 8 giardini di Radicepura 2023
Gli 8 giardini selezionati - scelti su 900 proposte provenienti da tutto il mondo - ricreano dei micromondi, permettono di immergersi in storie diverse, ricreano in piccolo tutta la ricchezza di una terra fertile tra Etna e mare. Sono un invito a abbracciare con tutti i sensi la biodiversità, sono angoli di bellezza e ristoro. Ma non prendiamoli come set per selfie, i giardini di Radicepura vogliono ricordarci che abbiamo una responsabilità nel creare una relazione sinergica con la natura.
Passeggiamo tra i giardini di Radicepura Garden Festival
Puntare lo sguardo all’essenziale
Partiamo dal giardino Vento e Acqua, tentativi di resilienza, creato dal maestro Paolo Pejrone. Oltrepassate le mura di calce bianca, il giardino ti accoglie nella sua semplicità. Bignonie e passiflore, gelsomini e lonicere profumate incorniciano un sistema che trae dal vento la forza per innescare un processo di purificazione dell’acqua. Dal suo giardino Pejrone ci invita a puntare lo sguardo sull’essenziale, sulle risorse insostituibili e sulla necessità di proteggere la terra attraverso sistemi virtuosi di ecosostenibilità.
Farsi ammaliare dalla ricchezza del selvatico
Il giardino di Louis Richard ed Etienne Lapleau, gioca con un’unica famiglia botanica. Emblema del Mediteranneo le Apiaceae danno vita a strutture scultoree, in continua trasfromazione. Dal secco al ribelle seme che si propaga fuori dai tracciati, questo giardino pone l’attenzione anche sull’importanza di coltivare piante in grado di adattarsi ai periodi di scarsità d’acqua e ridurre così la nostra impronta ecologica.
Abbassare lo sguardo
Lo spunto viene dal botanico Noel Kingsbury che suggerisce di abbassarsi a quota rabbit’s eye view, cioè dalla prospettiva visiva di un piccolo animale, per poter comprendere il funzionamento delle comunità vegetali. Il giardino Di-Scendere progettato da Marta Prosello, Andrea D’Ascola e Sofia Ronchini è una discesa nel sottosuolo: un passaggio attraverso un crepaccio simile a una colata lavica con delle finestre per poter sbirciare le radici ed entrare in relazione con le piante nella loro interezza. Uno svelamento di ciò che è nascosto per risvegliare la cuorisità verso le infinite storie che il mondo vegetale può raccontarci.
Un omaggio alle piante commestibili
Sediamo alla mensa di Madre Etna, con questo ambiente Linda Grisoli e Gordon Goh celebrano l’interazione uomo-paesaggio. Un omaggio alla fertilità di questo pezzo di Sicilia in cui la relazione tra mare e vulcano generare un ecosistema ricco di piante selvatiche e coltivate, piante commestibili e medicinali.
Dove gli habit si incontrano
Shadow and Stone - ideato da Sara Stojaković e Ana Toth - celebra il paesaggio mediterraneo e la sua storia di viaggi e incontri: tra popoli e piante. Passeggiando lungo un muretto a secco, si mescolano piante della costa croata a piante perenni tipiche della flora sicula. Un gioco tra sole e ombra per rendere evidente l’adattabilità delle piante anche in situazioni climatiche ardue, fino a sorprendere con esplosioni di colore.
Coltivare il senso di meraviglia
Un enorme blocca di pietra lavica, spaccato in quattro pezzi, cattura lo sguardo. Tra le spaccature si intravede del colore, avvicinandoci si è catturati da un micro giardino brulicante di fiori e insetti. Invalicabile con le sue strettoie tra la pietra eppure esuberante. Dove l’uomo non accedde, intervengono api, vento e acqua a plasmare questo spazio desideroso di superare il monolite che lo racchiude. Ufo, progettato da Marialaura Calogero, Matteo Pennisi, Graziano Testa, ribaltano poeticamente la prospettiva: l’artificio è la cornice del giardino, il suo interno è il regno del selvatico.
Inviolabile
Un tappeto di graminacee e una forma circolare chiusa che invita a osservare ma non concede l’accesso. Il giardino progettato da Nicoletta Aveni invita al piacere estetico, legando il visitatore a un’esperienza di osservazione e lasciando invece agli elementi naturali la possibilità di plasmare le forme del giardino. Svetta al centro un cerchio rosa accesso, simbolo per affermare che il mondo vegetale non ci appartiene.
Un luogo di riposo
Shy Pavilion è l’invito di Atelier NOT a creare luoghi anche per il ritiro, il riposo, la timidezza. Il progetto si basa sulla Mimosa Pudica, nota pianta che ritrae le sue foglie una volta toccata. Ampiamente citata da Stefano Mancuso come simbolo dell’intelligenza vegetale, qui la Mimosa Pudica diventa un invito all’empatia e al concedersi un tempo diverso, lontano da impegni sociali e produttivi.
Nel ventre di Madre Natura
The Womb Garden - di Thomas Brown - simboleggia la protezione e il nutrimento che Madre Natura elargisce all’essere umano. Il visitatore percorre una spirale che, dall’esterno austero e aspro, conduce a un oasi di fitta vegetazione che vuole abbracciare i diversi paesaggi del globali, esaltando la bellezza della diversità e la necessità di riconoscere il legame e il bisogno di natura.
La passeggiata permette anche di visitare l’omaggio ai Giardini della Kolymbethra e alle sue antiche teniche di aridocultura e canalizzazione dell’acqua, i giardini permanenti realizzati tra gli altri da James Basson, Michel Péna, Antonio Perazzi e Andy Sturgeon, le installazioni progettate da François Abélanet e Kamelia Bin Zaal, le opere di Emilio Isgrò, Alfio Bonanno, Federico Baronello fino a Compito #1, il mosaico inaugurato lo scorso autunno nella terrazza degli agrumi frutto della residenza d’artista di Adrian Paci.
Non lasciate però questi luoghi sentendovi spettatori. Sfidatevi nel riportare lo stupore, i profumi e i colori raccolti e il benessere stimolato dai microcosmi vegetali, nella vostra vita quotidiana.
Sentitevi complici di un progetto che guarda al futuro con le radici per piantate nel presente. Perchè curare un giardino non è solo un atto estetico e formale, è una forma poetica di ostinata resistenza. È un modo per dire che la nostra eredità è il terreno fertile e la biodiversità che lasceremo alle generazioni future.