Lo ‘Stile Antropocene’ dell’architetto svizzero: il ritorno di tappeti, arazzi e decori contro il minimalismo che ha spento gli interni e li ha resi inefficienti dal punto di vista energetico

Partire da un tappeto per ridisegnare la casa. Guardare alla palette delle pareti non come a un semplice strumento di stile, ma come alla chiave per una progettazione sostenibile. C’è un mondo di soluzioni inattese, a volte sorprendenti e sempre in grado di ribaltare stereotipi, in quello che l’architetto svizzero Philippe Rahm definisce Stile Antropocene. Un approccio che ci richiede lo sforzo di risalire indietro nel tempo, almeno all’inizio del Ventesimo secolo, quando l’arte decorativa era considerata non una parte dell’architettura, ma architettura essa stessa, forse la forma più importante del costruire. Gottfried Semper, nel 1851, aveva fatto risalire l’origine del progetto non tanto alla struttura, quanto al rivestimento: la casa più antica era stata, secondo l’architetto e teorico tedesco, un recinto di pali e rami intrecciati e poi ricoperti di tappeti. 

È da questa immagine, e dunque dalla forza progettuale del decoro, che parte Rahm per definire il suo Stile Antropocene, ovvero un approccio all’architettura che guarda al passato per la progettualità del futuro. O, meglio, del presente, visto che, secondo Rahm, l’interior design può essere un formidabile alleato dell’ambiente

Per seguire il filo di Rahm, bisogna risalire alla frattura tra architettura e decoro causata dal minimalismo nel secolo scorso. “Il decoro, fatto di drappi, tende, veli, boiserie e tappezzerie, parquet o intarsi, tappeti, carte da parati, paraventi, battiscopa e modanature, lampadari e specchi, è stato squalificato all'inizio del Ventesimo secolo, bollato come sovraccarico e superfluo in favore di un arredamento minimale, neutro e bianco, ridotto all’essenziale. La parola stessa decorazione ha assunto una connotazione superficiale, se non addirittura peggiorativa e frivola, gratuita e futile”. 

A distanza di tempo – tanto tempo – abbiamo finalmente scoperto che anche il decoro è funzione, e può esserlo perfino in chiave di efficienza energetica e di sostenibilità. Spiega Rahm, che ha illustrato la sua visione in una recente lecture per gli allievi di Quasar Institute For Advanced Design a Roma: “Nel mondo, il 39 per cento delle emissioni è generato dall’edilizia. Lottare contro il riscaldamento globale vuol dire contrastare queste inefficienze, dunque progettare edifici isolati termicamente e resi ermetici”. Ed è qui che l’interior design può diventare un alleato strategico. Dalle palette mirate delle pareti all’uso di materiali isolanti tradizionali, il campionario di scelte a disposizione del progettista è ampio, a condizione di voler ripartire dall’universo negletto del decoro che l’era del funzionalismo ha finito per mettere al bando. 

Ecco che la scelta di un colore, rosso o blu, diventa strategica a seconda se si vuole assorbire o meno il calore in una casa. Anche un arazzo in un materiale tradizionale come la lana o un tappeto in alluminio rappresentano scelte strategiche. “A disposizione del progettista c’è una vasta possibilità di soluzioni mirate, a condizione di sanare quella ferita con la decorazione aperta il secolo scorso”, spiega l’architetto e docente del Quasar Cecilia Anselmi, che ha voluto Rahm per la sua prima lecture italiana. 

Spiega ancora l’architetto svizzero: “Il riscaldamento globale deve spingerci a reintrodurre nuovi elementi di interior design, generando una sorta di revival di un linguaggio decorativo degli interni. Il minimalismo non è più un linguaggio funzionale alla soluzione dei problemi climatici contemporanei, dobbiamo riconciliare architettura e interior design per rispettare i nuovi vincoli energetici come quelli portati, per esempio, dall'applicazione di misure di riduzione energetica fissati da pratiche come Minergie o Passivhaus”.

Oggi sembra normale per Rahm arrivare a queste conclusioni, ma il suo stile non è così scontato, se guardiamo a decenni di funzionalismo. “Eppure” dice “non c’è nulla di più normale per un architetto che portare l’ombra e il refrigerio dove è caldo o viceversa”. Facile, no?