Ci sono anche tracce di elemnti più antichi, di un modernismo rivisitato e di un approccio artistico, fino ad arrivare a un vero e proprio dizionario del Ventura che, attraverso modi di dire, espressioni peculiari e una struttura della frase piuttosto rigorosa, esprime la propria personale visione dell’architettura.
Lo dimostra la parte conclusiva del volume di Piroddi, dedicata agli uffici di piazzetta Morgagni, un progetto architettonico e urbanistico di recente ristrutturato e riqualificato, che obbedisce all’idea della sorpresa.
Gli edifici in vetro, ferro e cemento si aprano in una piccola piazza che poi si risolve in una strada pedonale che ha l’attrazione, per chi va a piedi, della scorciatoia.
Un sogno, insieme alle linee geometriche in facciata che confluiscono in pilastri dal sapore dorico. Quelle colonne fondamentali, pronte a sorreggere l’intero edificio diventano fiori di loto, magiche creature vegetali che del cemento e del ferro si nutrono per sostenere gli uomini nel loro abitare.
Venturino Ventura nasce a Firenze nel 1910 e muore a Roma nel 1991. Di Roma, la sua città elettiva, narra la felicità e la dissemina di piccoli sogni in formato palazzina, con scale a chiocciola esterne a interrompere la monotonia della facciata, terrazzi dalle forme inconsuete, fioriere e binari per tendaggi il cui movimento sinuoso è stato ripreso anche in una delle sue più note esili pensiline che dalla strada conducono agli ingressi di quei piccoli regni incantati.
Una di queste infatti sembra una vela mossa dal vento…