“Campeggi è un’isola felice soprattutto per le nuove generazioni di designer” dice Denis Santachiara, che per l’azienda di Como ha firmato una serie di pouf in linea con le aspirazioni giocose e funzionali del marchio. “Ai più giovani, Claudio ha messo a disposizione coraggio e inventiva, con quel suo amore tipico del collezionista che lo spingeva quasi a mettere su una galleria di sensibilità diverse, eppure unite da un approccio unico e che sapeva guardare al mercato”.
Racconta Emanuele Magini, che ha iniziato a collaborare con Campeggi quando era un giovane talento e nel giro di pochi anni ha firmato una serie di pezzi brillanti: “Se gli proponevi qualcosa che gli piaceva si iniziava a produrla o comunque a prototiparla. Subito. Forse era questa la cosa che mi piaceva più di lui: in un mondo in cui i designer imparano a fare anticamera dalle aziende e a vendersi anche per quello che non sono, con lui le cose erano semplici, dirette, autentiche: un po' come i prodotti che uscivano dalla sua azienda. Claudio aveva l'ironia e l'inventiva dei pezzi che produceva. La sua era un’ironia composta, sottile, elegante. Ricordo quando producemmo il primo prodotto insieme, Sosia. Aveva visto un mio progetto in Triennale, mi chiamò in azienda. Gli proposi questa coppia di poltrone unite da una sorta di grande mantello, che permetteva diversi allestimenti e una fruizione libera innovativa e anticonformista. Subito mi disse: bello questo! Iniziò a realizzare prototipi: il problema era realizzare il mantello perché fosse modellabile. Dopo varie prove, quando ormai pensavo che non ne avremmo fatto nulla, mi chiamò al telefono e mi disse di andare in azienda. Mi accolse con un sorriso, ce l'aveva fatta! Per Claudio il design era un territorio da esplorare, qualcosa che potesse ancora regalare sorpresa e libertà, gioco e ironia. Mi mancheranno i nostri progetti, le nostre chiacchiere sul design e sulla vita. Molto”.
In apertura, ritratto di Claudio Campeggi realizzato da Efrem Raimondi.