In quella che chiamava Casa B – realizzata per la sorella Eura Benigni nel 1933, appena rientrato da Berlino – Pannaggi introduce il mobile in tubolare metallico, che aveva rapito la sua attenzione sin da quando nel 1926 aveva acquistato, durante una visita al neo inaugurato Bauhaus di Dessau, uno dei pezzi di Breuer. C’è da immaginare che si sia trattato di uno dei primi esemplari importati in Italia di quella tendenza a usare il tubolare metallico che, sorretta dal movimento razionalista, avrebbe invaso di modernità gli interni di mezzo mondo. Riprova di questo entusiasmo sono anche gli articoli che Pannaggi scrisse in quegli anni come corrispondente italiano in Germania di La Casa Bella, Domus, Edilizia Moderna.
Senz’altro questa posizione nella stampa lo agevolò nella frequentazione, oltre che di Gropius, anche di Breuer, Feininger, Itten, Schlemmer, Klee, Kandinski, Moholy-Nagy, Albers. Ma la traccia progettuale più forte è senz’altro quella di Mies van der Rohe e Lilly Reich. In Casa Benigni l’omaggio al capolavoro di Casa Tugendhat a Brno è ben evidente. Innanzitutto nella scelta non banale del legno di Macassar, che Mies aveva trattato a venatura verticale, mentre Pannaggi riprende in orizzontale. La curva lignea del maestro tedesco viene qui onorata da una parete con porta e anta ribaltabile che cela un angolo/mobile bar.