Il futuro ha bisogno di inventori entusiasti e di esploratori instancabili. Per questo bisogna parlare di design ai bambini. E farglielo praticare

Le vacanze sono iniziate da una decina di giorni, ma la scuola è in fermento. Lo dimostra l’uscita recente del libro Scuola Sconfinata, un lavoro collettivo supportato da Fondazione Feltrinelli e dall’associazione educativa E tu da che parte stai?. Le voci chiamate a riflettere sulla necessità di rivoluzionare il patto educativo, perché la scuola diventi innanzitutto un luogo felice e concretamente utile, appartengono a professionisti provenienti da mondi diversi. Non solo pedagogia, ma anche architettura, filosofia, arte, psicologia… La scuola del futuro deve trovare un nuovo equilibrio tra formazione umana e competenze, fra funzionalità e bellezza. Il design ovviamente è chiamato a partecipare.

Ilaria Rodella, founder di Ludosfici, da qualche anno collabora con la Triennale Milano nella creazione di percorsi laboratoriali destinati ai bambini e ai ragazzi. Ha firmato, con altri persone che si occupano di educazione extrascolastica, il capitolo di Scuola Sconfinata che affronta il tema dei patti fra le diverse comunità educative. La sua non è una proposta che ricade completamente sotto il profilo dei classici programmi educational museali. L’asticella nel caso dei Ludosfici è un po’ più alta e non vuole solo “insegnare” o “formare”, ma chiamare i più giovani a partecipare, a usare davvero le idee radicali, nuove e vibranti, proposte dai luoghi della cultura contemporanea

A lei abbiamo chiesto perché è importante parlare di progetto ai ragazzi e ai bambini. E abbiamo scoperto che il futuro dipende anche da una pratica precoce delle competenze creative e, soprattutto, immaginative. “Il futuro ha bisogno di persone capaci di inventare, di immaginare un mondo che funziona in modo diverso” spiega Ilaria. “Non basterà saper programmare un computer. Occorrerà l’audacia e la fantasia per concepire domande, per mettere in discussione l’esistente e poi ideare nuovi concetti intorno ai bisogni e alle richieste del mondo”. 

Broken Atlas, tema della XXII Esposizione Internazionale della Triennale, è stato il primo vero esperimento dei Ludosofici per proporre ai bambini e alle loro famiglie le complesse speculazioni intorno all’idea di un design capace di restaurare la relazione fra uomo e natura. Incredibilmente i workshop anticipavano di qualche grado i temi della prossima Triennale del 2022, affrontando l’idea di una comunità vivente che non esclude nessuna specie nel suo abitare questo pianeta e che si apre ai misteri di una natura sconfinata quanto sconosciuta. 

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“Noi non siamo un team di educatori, nasciamo come filosofi (e infatti nei programmi dei Ludosofici ci sono i workshop di filosofia per bambini e, soprattutto, per gli insegnanti). Una formazione che ci spinge a interrogarci sul senso di quanto ci circonda: una delle attività preferite dai bambini”. Il caposaldo della concezione è, come sempre, nel fare, nel radicare l’esperienza nel corpo. “È un assunto che abbiamo sempre rispettato e che consente di calarsi nell’astrazione passando da strumenti cognitivi esperienziali”. Montessori, e poi Munari, Colani, Castiglioni insegnano: imparare è essenzialmente esplorazione, curiosità, sperimentazione. E immaginazione, come ben spiega l’antropologo Matteo Meschiari qui.

“Cerchiamo di sconfinare in discipline che sono satelliti rispetto al design: programmazione informatica, coding, stampa 3D, making. Stiamo ai margini di territori che sentiamo possono diventare ulteriori modi per definire problemi e cercare soluzioni. Lavoriamo tanto con le nuove tecnologie e i fab lab, un’attitudine che permette di esplorare nuovi punti di vista insieme ai bambini, ce ne appropriamo per utilizzarli in un modo nuovo”. 

L’ultimo progetto, per alcune scuole milanesi, ha coinvolto la designer Chiara Moreschi. I bambini hanno seguito un percorso che li ha porta a identificare un bisogno, studiare le risorse e progettare un oggetto capace di riutilizzare i materiali e assolvere una funzione utile. “Abbiamo riflettuto sul concetto di bellezza come bene comune e come questa possa diventare la base per creare una collettività. Il progetto nasce dalla loro idea di comunità”. L’ultimissimo campus estivo alla Triennale, Summer Escapes. Il futuro è adesso, è in corso. I bambini danno voce agli oggetti della loro quotidianità nella creazione di una wunderkammer che riflette una conversazione costante e immaginifica con il mondo circostante. 

Quindi parlare di design ai bambini è utile? “Credo che abbiamo molto bisogno di individui capaci di porsi all’interno di un processo, di problematizzare e trovare nuove soluzioni e nuovi strumenti”. Abbiamo bisogno di gente che pensa come un designer, insomma.