La scelta di affidare il Padiglione Italia alla Biennale Arte 2024 a Venezia a un solo artista, Massimo Bartolini, ha sollevato critiche

Non potrebbero che definirsi alquanto tumultuosi i primi passi del Padiglione Italia in vista della Biennale Arte 2024 a Venezia.

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Prima la fuga di notizie in cui il sottosegretario delegato per l’Arte e l’Architettura Contemporanea, Vittorio Sgarbi, ha fatto uscire dal suo cilindro un coniglio bianco con il nome del curatore Luca Cerizza (anticipando di fatto ogni protocollo istituzionale).

Poi la scelta dell’artista, Massimo Bartolini, il cui progetto per il Padiglione Italia è stato definito «difficilmente comprensibile» dallo stesso Sgarbi e dal ministro per la cultura Gennaro Sangiuliano.

Si è dunque partiti col botto.

Biennale Arte 2024: le polemiche di Vittorio Sgarbi

Eppure Massimo Bartolini non è affatto un novizio dalle parti dei Giardini e dell’Arsenale.

Sono già quattro le sue partecipazioni alla Biennale (nel 1999, 2001, 2009, 2013), ma in nessuna occasione si era presentato come unico artista. Ed è proprio su questo aspetto che si concentra una buona fetta di polemiche.

A mettere ancor più pepe su tutta la vicenda è stata infatti l’idea di affidare ancora una volta a un solo soggetto - proprio come era avvenuto nel 2022 in occasione del progetto di Eugenio Viola e Gian Maria Tosatti - gli oltre mille metri quadrati di spazio del Padiglione delle Tese delle Vergini all’Arsenale.

“Non mi piace pensare che il Padiglione 2024 divenga un nuovo Padiglione Tosatti, in cui un artista dispone dello spazio come vuole: è una visione unilaterale, mentre il progetto deve essere espressione di qualcosa di più complesso”, ha spiegato Sgarbi.

Insomma, si attendono mesi piuttosto burrascosi.

Dal canto suo, Massimo Bartolini tira dritto per la sua strada

Mercoledì sera era al Museo Pecci di Prato in occasione della serata evento “Arte per la riforestazione” organizzata dall’Associazione Arte Continua guidata da Mario Cristiani della Galleria Continua.

E proprio il Pecci, dal 16 settembre 2022 al 7 maggio 2023, aveva fatto da suggestiva cornice a una delle sue mostre di maggior successo: “Hagoromo” curata dallo stesso Luca Cerizza e da Elena Magini.

L’opera, che prende spunto da un lavoro realizzato dall’artista toscano negli anni Ottanta, anticipa di fatto tutti i temi principali della sua ricerca: dalla narrazione allo spazio, dal teatro al rapporti tra opposti.

Chi è Massimo Bartolini, l’artista che firmerà il Padiglione Italia alla Biennale Arte 2024?

Classe 1962, originario di Cecina, in provincia di Livorno Bartolini si è formato all’Accademia di Belle Arti di Firenze. È docente all’UNIBZ Bolzano, alla NABA di Milano e all’Accademia di Bologna ed ha al suo attivo diverse collettive e personali allestite in numerose istituzioni nazionali e internazionali.

Fra queste spiccano la Henry Moore Foundation di Leeds (1996), il PS1 di New York (2001), lo SMAK di Gent (2013), il Museo Marino Marini di Firenze, (2015)ì e la Fondazione Merz di Torino (2017).

Ha inoltre preso parte a Manifesta 4 a Francoforte, nel 2002, a Documenta 13 a Kassel nel 2012 e alle Biennali di San Paolo (2004), Shangai (2006, 2012) e Bangkok (2020).

I temi della ricerca artistica di Massimo Bartolini

In ognuna di queste partecipazioni Bartolini ha messo i capisaldi della sua poetica che gira attorno alla relazione fra l’uomo, la natura e lo spazio. Soprattutto quello architettonico.

Quest’ultimo muta diventando protagonista di interventi capaci di trasformarne la configurazione e quindi il modo in cui gli esseri umani lo vivono e percepiscono.

L’artista ama quindi giocare con i meccanismi relazionali e la percezione: per lui il luogo fisico diventa anche un luogo completamente differente, che porta a una dimensione più intima, quasi spirituale.

Non a caso, il tema del progetto che presenterà a Venezia il prossimo mese di aprile “ruota attorno al tema della costruzione di una comunità attraverso l’invito all’ascolto dell’altro”.