Sono newsletter-addict. E so bene che per realizzarne servono costanza e dedizione nei contenuti (e leggerezza più ironia nel tono di voce). Cosa ho imparato in due anni di invii alle vostre inbox, duecento newsletter dopo...

* Francesco Oggiano è giornalista, scrittore, videomaker e autore della newsletter Digital Journalism

La prima puntata l’ho inviata il 13 dicembre di due anni fa: Santa Lucia. Il titolo era piuttosto pretenzioso (5 dritte per aumentare i follower su Instagram), la grafica basica, i numeri sconfortanti: 42 lettori, me compreso. Da allora, fatta eccezione per le sacrosante vacanze, non c’è stata una settimana in cui abbia inviato almeno una newsletter. Dopo circa 100 puntate di Digital Journalism (la mia personale sui cambiamenti digitali), una cinquantina di The Chat (creata un anno dopo con Ester Viola e incentrata sulle relazioni); una ventina di Loop (approfondimento settimanale di Will iniziato da poco), e qualche newsletter pensata per clienti esterni, ho più o meno capito che: 

1. La newsletter è un (bellissimo) social network

Mi permette di restare in contatto con i miei amici e colleghi, di farmene di nuovi e di discutere con loro di temi che mi appassionano in modo pulito, rapido e soprattutto privo di quella spocchia e acrimonia che a volte si trova su altre piattaforme (Twitter in testa). Tradotto: la newsletter è diventata il mio social network preferito. 

2. È il Back to the future del giornalismo

Prima dei social c’era la testata (cartacea) che con tutti i suoi difetti aveva il merito di stabilire un patto col lettore. Si impegnava ogni giorno a dargli la propria visione del mondo, selezionando i fatti e mettendoglieli in un sistema gerarchico. Gli diceva: Questo fatto è importante, te lo metto a pagina 1Questo è meno importante, te lo metto a pagina 30Quest’altro non ti serve saperlo”. Poi sono arrivati i social e Google News.

Gran parte dei siti hanno abbandonato una gerarchia e si sono trasformati in macchine sforna-url, nella speranza di intercettare lettori distratti sui social o sui motori di ricerca. Risultato: quel compito di mettere ordine tra le varie notizie è stato appaltato agli algoritmi di Facebook e Google News. Negli ultimi due anni, complici gli stravolgimenti mondiali, i lettori hanno cercato sempre più prodotti che gli rimettessero in fila i fatti, e gli dessero una visione di un pezzo di mondo. Ecco, la vecchia newsletter – assieme al podcast – si è dimostrata uno dei mezzi più affidabili. 

3. È difficilissima da far crescere

L’incubo di ogni newsletteraro è la ricerca di nuovi iscritti: difficilissima. Perché la newsletter sta in un ambiente chiuso (la mail), non possiede un archivio (per sua natura) e richiede un processo di arruolamento piuttosto scomodo per inglobare nuovi iscritti: Lascia i tuoi datiApri la mailConferma che sei tuControlla lo spam”. Uff. 

4. È un corso d’aggiornamento continuo

Aprire una newsletter è anzitutto un patto che fai con te stesso. Ogni settimana, ti piaccia o no, dovrai leggere e studiare decine di articoli per poter raccontare qualcosa di minimamente interessante ai tuoi lettori. È un po’ come il personal trainer: non lo paghi tanto perché ti insegni qualcosa, ma perché, pagandolo, sai che dovrai metterti seriamente al lavoro per non farci una figuraccia la prossima volta.  

5. Una buona newsletter deve essere utile

Questo lo dico anzitutto da lettore. La newsletter è faticosa. Abbiamo tutti la casella di posta piena di mail inutili, di promozioni di saldi, di spam. Ci pensiamo molto prima di iscriverci a una nuova e molto poco prima di disiscriverci a una esistente. Una newsletter con i ‘pensierini’ di qualche sconosciuto non ci interessa. Vogliamo un prodotto di servizio, che ci offra spunti, consigli e informazioni da poter utilizzare concretamente nella nostra vita quotidiana e professionale. 

6. E deve anche essere intima

In fondo è una mail: è una comunicazione tra due persone. Perché sia efficace e godibile, a mio avviso, deve avere un tono di voce riconoscibile, una scrittura schietta e uno stile personale. Altrimenti è solo l’ennesima promozione che finisce tra le mail, assieme ai saldi di Zara. 

7. È la più grande vetrina che puoi costruirti

È un fatto: non c’è nessun altro prodotto che mi abbia dato così tanta visibilità e opportunità professionali come la newsletter. Perché per le sue caratteristiche, la newsletter ti permette di mostrare più cose contemporaneamente: la tua scrittura, la tua capacità di ricerca, le tue capacità tecniche, la tua conoscenza su un particolare ambito. È un biglietto da visita 2.0. Parecchio esigente, ma di quelli che ne vale la pena. 

 

 

In apertura, Cao Fei, Asia One 2018, video still. Ph. Courtesy Cao Fei Sprüth Magers Vitamin Creative Space. Da ottobre 2021 a febbraio 2022, il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, in collaborazione con il MAXXI di Roma, presenterà una mostra personale dell'artista Cao Fei con opere che esplorano le trasformazioni della Cina contemporanea affrontando domande universali sul prossimo futuro, con particolare attenzione all'impatto dell'accelerazione della crescita economica, dello sviluppo tecnologico e della globalizzazione sulla società.