* Fabio Viola è game designer, produttore di video giochi, consulente in gamification. Ha scritto "L'arte del coinvolgimento" (ed.Hoepli)
Nei mesi di pandemia, la crescita nell’uso dei videogame è stata vertiginosa (per Fastweb +300% traffico dati). Ovvio, viene da dire, quando per tanti ragazzini non c’era altro da fare. Ma la reclusione forzata e la possibilità di evadere da una situazione problematica hanno accelerato un cambiamento in atto da tempo: la trasformazione del videogioco in una significativa piattaforma creativa, educativa, per lo sport e la socialità.
Con oltre due miliardi di giocatori nel mondo, questa forma espressiva e culturale della contemporaneità è da anni già parte integrante del vivere di intere generazioni, spesso composte di genitori e figli. Più di due miliardi di persone che ormai si aspettano nel mondo reale quel senso di partecipazione attiva, feedback immediato e protagonismo che hanno sperimentato in sessioni di Fortnite o Animal Crossing. Mentre, dall’altra parte, i creatori dei giochi osservano i loro comportamenti creativi. Quanto è possibile imparare e sperimentare in ambienti come SimCity o Minecraft su come progettare il futuro delle città? Quanto vale una logica partecipativa in cui “decision makers” dialogano con coloro i quali vivranno questi spazi?
Non è quindi esagerato considerare i videogame come una forza collettiva e connettiva fondamentale per ripensare il XXI secolo. Piattaforme creative – e collaborative – in cui allenare competenze fondamentali come pensiero laterale, creatività, problem solving e resilienza.