Quando lo stimolo dei sensi permette uno slittamento da materia a significato, il decoro si trasforma da superficie a essenza. Come una pelle che mette le cose in relazione con il mondo

Una decina di anni fa acquistai ad Arte Fiera, quasi d’impulso, un’opera di Peter Wüthrich. Si tratta di una mixografia. Una tecnica che permette di stampare a rilevo su carta fine art, restituendo con accuratezza sulla superficie ogni singolo dettaglio e texture.

L’opera si intitola Shortstory I ed è caratterizzata da una sequenza di cinque rettangoli di varie dimensioni allineati sulla base inferiore in maniera tale da riprodurre uno skyline. I cinque rettangoli si distinguono per alternanze monocrome e cinque soggetti figurativi a colori, contenuti ciascuno all’interno del rettangolo di appartenenza.

A una esplorazione ravvicinata, due elementi saltano immediatamente all’occhio. Le forme rettangolari riproducono in maniera estremamente fedele la superficie in tessuto della copertina di un libro e il soggetto figurativo, sostituendosi al titolo, è impresso a rilievo.

Questi due elementi sono fondamentali per la lettura di questo lavoro.

La superficie, il materiale e la tecnica utilizzata risultano centrali per dare significato all’opera. La vista trasmette, attraverso il recupero di conoscenze e bagagli culturali attinti dalla memoria, un valore tattile proprio di un materiale diverso (il tessuto) rispetto a quello dell’opera (la carta) e una trasfigurazione dall’opera figurativa alla storia che essa esprime. Questi slittamenti diventano centrali, nella mia interpretazione, per dare senso e valore a questo lavoro.

Senza di essi l’artista avrebbe ottenuto un risultato differente: un effetto decorativo e grafico che realizza un buon bilanciamento cromatico, un equilibrio delle forme, una ricercatezza dei soggetti figurativi. Ma non sufficiente a restituire anima e profondità al suo lavoro.

Quest’opera mi aiuta a esprimere un punto di vista sul valore del decoro, valore che nel mio approccio progettuale deve andare oltre alla sua immediatezza visiva per cercare un’identità più profonda relazionandosi con tutti gli elementi che concorrono alla definizione del progetto.

Quando lavoro su progetti di superficie, da quella ceramica al laminato al parato tessile e cartaceo, diventa imprescindibile per me entrare in contatto col materiale di partenza, con la tecnologia utilizzata e le tecniche produttive e sull’impatto che il prodotto avrà alla fine del suo percorso, anche in relazione al suo utilizzo. Queste conoscenze sono necessarie al progetto cercando anche di creare un dialogo tra aspetti del processo tra loro apparentemente inconciliabili ma che invece intrecciano, nella loro interazione, un racconto.

Se dovessi ricorrere a una traslazione, paragonerei una superficie alla pelle, quel sottile strato ci mette in contatto col mondo e le sue sollecitazioni e vorrei pensarla come un ricettore costante.

La superficie/pelle non è solo un layer di protezione e completamento fisico ma una frontiera, un'interfaccia di comunicazione con l'ambiente circostante e il complesso sistema della contemporaneità, un media dei suoi contenuti culturali e progettuali.

Il progetto di superficie oltre a essere un prodotto è un veicolo di valori che non si esaurisce nella sua veste decorativa ma cerca anche di comunicare a più livelli con il suo utente.

Nonostante gli anni guardo a quel lavoro di Wüthrich con occhi sempre nuovi, cercando di immaginare dietro quella infilata di copertine, quali contenuti, dichiarazioni e manifesti possano celare quei libri/non-libri immaginandone una profondità ideale che non si esaurisce con il primo sguardo.