Intervista a Nico Acampora, fondatore di PizzAut, la pizzeria che nutre la disabilità e prova a trasformare il mondo in un posto migliore

In Italia ci sono 600 mila persone affette da autismo la cui disabilità cognitivo-relazionale, se li immaginiamo inserite all’interno di un nucleo familiare, coinvolge all’incirca 1milione e 8cento mila persone.

I dati Istat rilevano che in Italia nasce un bambino autistico ogni 77.

“Lo Stato stanzia per ciascuno di loro, poco o niente e le famiglie fanno i debiti per pagare le terapie ai propri figli”, afferma Nico Acampora, fondatore di PizzAut. Raggiunto al telefono per raccontarci il suo format di ‘nuova ristorazione’ che unisce autismo e buona cucina. E per capire insieme a che punto sono le aziende italiane con la vera inclusione.

“Siamo messi non benissimo. In Italia le aziende dovrebbero assumere 1 disabile su 15 e, incredibile: moltissime piuttosto preferiscono pagare la multa. E se proprio assolvono ai compiti di legge, il 30% sceglie persone con disabilità fisica e meno del 2% con autismo”.

È l’altra faccia della ‘diversity&inclusion’: “C’è un ragazzo che lavora con noi che ha alle spalle un CV di 16 anni di stage non retribuiti, in aziende diverse. E lo chiamano tirocinio socializzante”.

Tutti ne parliamo e ne scriviamo, ma poi numeri restituiscono uno spaccato di realtà sconsolante.

“Quando siamo partiti con il progetto PizzAut, se ne parlava poco di autismo”, continua Acampora.

Lui che Elio di Elio e le Storie Tese invita spesso sul suo palco per sollevare il velo dell’indifferenza e coinvolgere il pubblico nella loro comune storia di padri di figli autistici. Perché l’autismo è una disabilità che le famiglie imparano a gestire quasi con il passaparola, “molte sono costrette a indebitarsi per poter garantire ai propri figli una qualità di vita normale”.

Dunque più che di inclusione dovremmo parlare di diritti basici: “Ci sono ragazzi autistici che possono entrare a scuola solo alle 10.30, perché mancano gli educatori. E i genitori che lavorano? Non è solo una questione di disagio, per gli uni e gli altri, ma di violazione di un diritto costituzionale: istruirsi”.

Ed è sicuramente anche per porre l’attenzione su quella che a tutti gli effetti è una violazione che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha inaugurato la seconda sede di PizzAut a Monza.

La Storia di PizzAut, il progetto che lega autismo e ristorazione

Nato a fine 2017, PizzAut è un progetto che lega autismo e ristorazione: “l’ho scritto in una notte buia e tempestosa”, scherza Nico Acampora. “A mia moglie, il fatto che mi stessi interessando alla ristorazione è sembrata una cosa abbastanza stravagante”.

Ma la leva creativa è l’amore per il figlio Leo, non ancora maggiorenne.

“Comunque non riesco a convincerla li per li, ‘torna a dormire’ mi dice”. Poi nei giorni successivi perfeziono l’idea e con un gruppo di ragazzi (le cui famiglie hanno risposto al mio annuncio social di ricerca di aspiranti pizzaioli e personale di sala) iniziamo ad entrare nei ristoranti nell’hinterland monzese e milanese per ‘prendere confidenza’. All’epoca non avevamo ancora un ristornate nostro”.

Da qui l’idea di ‘un assaggio di PizzAut’, un format itinerante che forma aspiranti pizzaioli e aiuta me — a capire quali criticità per un ragazzo autistico inserito in un contesto professionale — e loro — a vivere pienamente la loro vita”.

Ma mentre sono nel pieno dell’attività, scoppia la pandemia e con la pandemia i primi a chiudere sono stati proprio i ristoranti. “È allora che mi invento PizzAut-bus, e porto pizza, pizzaiolo e pizzeria nei cortili dei condomini. Torniamo a lavorare, il Covid ci lascia un po’ di tregua e il primo maggio del 2021 apriamo il primo ristorante a Cassina De’ Pecchi”.

Costruito da zero insieme a Officine Mac, nell’area ex-Enel e GTE, grazie alla campagna di crowdfunding alla quale hanno aderito soprattutto cittadini privati, “oggi abbiamo a disposizione 800 mq divisi fra in e outdoor che cubano, per circa 200 coperti e 14 dipendenti. E a me sembra tutto bellissimo”.

Ma inaugurare il punto di Cassina De’ Pecchi è stata una sfida.

Ricordo tutti i commenti e prima o poi ne farò un libro. Da ‘Acampora lei è più handicappato dei suoi ragazzi se pensa di riuscirci’ a ‘lei fa lavorare gli handicappati che comunque la pensione la prendono lo stesso’.

Commenti di gente comune ai quali fanno eco le perizie psichiatriche di sedicenti professionisti: ‘Acampora lei è il solito padre frustrato, non si arrende alla disabilità di suo figlio e inventa progetti irrealizzabili che danno finte speranze alle altre famiglie”.

Acampora rilancia e allestisce due ‘palestre di autonomia abitativa’, spazi indipendenti dal locale nei quali ‘abitua’ i ragazzi ad essere autosufficienti, a prendersi cura dello spazio e di sè. Per poi restituirli al mondo al quale hanno diritto.

La visione di PizzAut

“Dal 2021 a oggi mi sembra che l’atteggiamento sia cambiato: lo vedi dall’indicizzazione della parola autismo sul web”, che visti i commenti non possiamo capire di quanta empatia risuonino, certo è che c’è voglia di comprendere. “Sino a qualche anno fa, di autismo se ne parlava solo il 3 dicembre, Giornata Mondiale della Disabilità”. Quella del 2023 sarà speciale: “alcune aziende nostre partner assumeranno una persona autistica che ha lavorato con noi”. E sarà vera goia per tutti.

Ma torniamo al racconto. È nel 2023, a Monza, che in un’area dismessa dalla Philips prende forma il secondo PizzAut che impiega 20 ragazzi: “1200 mq per 320 coperti che abbiamo riqualificato grazie anche alla raccolta fondi rivolta alle aziende”.

È all’ingresso del locale che capeggia il ‘Muro dei Mattoni’: “dove per mattoni intendo i grandi matti, ovvero tutte quelle aziende che credono nel nostro progetto. Dai grandi gruppi alle piccole realtà più legate al territorio.

Ci sono Danone e Xerox, Bosch e Molteni, ma anche 0039 che ha disegnato e costruito su misura tutti gli arredi di PizzAut. E a me sembra tutto bellissimo”.

Se non che l’anno in cui sfornano i primi panettoni da vendere per raccogliere i fondi, “ce li rubano dal magazzino. Ma è grazie a Boffi, che li ha comprati tutti (quelli rubati) per consentirci di proseguire con la nostra attività”. Le aziende italiane dunque aderiscono al crowdfunding con vigore, “forse è poco ingaggiato il mondo del fashion, poco incline alla disabilità, che in fondo non è bella”.

Nino Acampora non si scoraggia, e prosegue nella realizzazione del suo progetto perché vuole vivere al meglio oggi con suo figlio.

Inauguriamo le sedi sempre il Primo Maggio, perché è la Festa dei Lavoratori e ci piace sottolineare lo status dei nostri ragazzi: il fatto che sono dei lavoratori e che portano competenza e non disabilità”.

Come si progetta l’inclusione

Entrambe le sedi sono luoghi belli, semplici, accoglienti: servono locali ampi, un’illuminazione omogenea e un utilizzo del colore non eccessivo. “Le cucine sono particolarmente grandi”, a Monza è di circa 220 mq. I ragazzi ci lavorano in modo comodo: l’impianto di aspirazione dell’aria è silenzioso e potente per evitare stimoli olfattivi fastidiosi. “Abbiamo investito circa 200 mila euro in insonorizzazione perché anche i rumori possono essere un elemento di disturbo”.

Portare l’autismo nella ristorazione vuol dire dunque da una parte riorganizzare il processo lavorativo e dall’altra studiare un sistema di arredi customizzato.

Quindi noi non cuociamo in forni tradizionali, ma in forni a tunnel nei quali inseriamo la pizza certi che dopo tre minuti e quaranta secondi esce dalla parte opposta bella croccante. Nei nostri tavoli, poi, non ci si siede mai a capotavola: un lato deve essere sempre libero perché è quello dal quale i ragazzi prendono le comande e servono.

Lungo il piano scorre una linea rossa, sulla quale i camerieri in sala, quando ancora stanno imparando, appoggiano pietanze e vettovaglie: un’area di comfort che avvicina i ragazzi prima al tavolo. Mano a mano che imparano a relazionarsi con le persone, oltrepassano la linea rossa per avvicinarle senza timore.

E poi tutti i tavoli hanno numeri avvitabili, perché a migrare sono i piani, non le posizioni”, chiude Nino Acampora. E io vorrei continuare per altre 8000 battute. Ma preferisco andare a cena da loro.

Da tutti i pizzaioli che sono autistici, tutti i camerieri di sala che sono autistici, tutti i barman che sono autistici: l’autismo non è una disabilità da temere, conoscerla è un modo per migliorarsi e progettare meglio. Che è la vera mission dell’uomo e del design.