Incontro, tra le vigne, con Marcantonio. L’artista-designer ha creato l'installazione site specific Ad Naturam per la cantina Masciarelli, eccellenza della cultura vitivinicola abruzzese, e un'etichetta per la limited edition del suo vino icona. Ode alla natura

Intervistar vendemmiando. Tra un colpo di cesoia e un assaggio di uva Montepulciano (che darà vita a un vino celebrato ed esportato in tutto il mondo) Marcantonio racconta il suo contributo al Masciarelli Art Project

Un’invasione gentile di piccole opere nellantico Castello di Semivicoli, arroccato sulle colline che guardano la Maiella, in provincia di Chieti. Le sue parole trasudano amore e rispetto per la natura. Che lui, con unesuberanza pacata da romagnolo zen’ (ipse dixit), trasforma poeticamente in arte e design.

Come è nata la collaborazione per Masciarelli Art Project?

Sono stato invitato al Castello di Semivicoli da Marina Cvetic e Miriam Lee Masciarelli (oggi alla guida della Cantina, rispettivamente moglie e figlia di Gianni Masciarelli, pioniere prematuramente scomparso della vitivinicultura abruzzese moderna, ndr) per la seconda edizione del loro progetto di residenze dartista, con l'intento di lasciare unopera site specific.

Lispirazione è stata immediata, in due giorni ho sviluppato lidea. Da subito ho percepito genuinità, tradizione, un rapporto onesto con la terra e la viticultura. Mi sono detto: qui protagonista è la natura, non posso fare unopera invasiva, non voglio aggiungere nulla di distonico.

Qual è il concept dellinstallazione Ad Naturam?

Girando per le vigne e la cantina, mi hanno raccontato come nella produzione del vino intervengano personaggi minori, ma fondamentali. Come la coccinella, insetto amico del viticultore, perché si nutre dei parassiti della vite. La meraviglia di una natura così elegante, silenziosa, ordinata, potrei riprodurla, ho pensato, senza essere troppo chiassoso. Da lì lidea di realizzare microfusioni in ottone a grandezza naturale da ambientare nel castello, sugli oggetti, sui mobili, sulle pareti, sulle panchine in giardino.

Uninvasione gentile. Quattro i soggetti: la coccinella, la chiocciola, perché è paziente e lavora lentamente, lape che rappresenta operosità, il germoglio, simbolo di vita. Ho prodotto 400 microfusioni con le tecniche oreficeria, distribuite in modo quasi impercettibile a un occhio distratto. Gli ambienti del castello trasudano storia, gli arredi hanno la patina del tempo, i materiali sono opachi, gli intonaci macchiati, i legni screpolati; linserimento di micro oggetti dorati di oreficeria crea un contrasto supermoderno.

La natura e il mondo animale sono un tuo costante riferimento progettuale. Perché?

Penso che la bellezza accada quando ci si riconosce, e io nella natura mi riconosco. Mi fa bene. Vedo nelle forme organiche la vita, i rami mi ricordano le vene. Le persone tendono a differenziare l'uomo e la natura. Eppure noi ne siamo la massima espressione, e ce ne stiamo dissociando. È un tema che sento molto. Provo il bisogno fisico di circondarmi di soggetti naturali per stare meglio, anche se sono finti.

È un pola dinamica delle fiabe per bambini con animali come protagonisti: in chiave metaforica diventa tutto più comprensibile, ascolti più il cuore, sei più sensibile alle intuizioni, sei più rilassato. Io racconto storie con gli animali iniziando dalla scimmia (Monkey Lamp di Seletti) perché la scimmia siamo noi, incarna lidea dellevoluzione portando la luce. Le creature che disegno, dai topini alle giraffe, sono rappresentazioni ideali, non iperrealistiche; sono di facile lettura perché idealizzate ed eleganti, come nellarte classica.

A livello quasi patologico (ride), mi interessa il concetto di identità: la mia e la realtà delle cose. Scavando, andando a ritroso nel perché delle mie emozioni, arrivo e mi fermo alla natura nel suo significato di evoluzione, alla domanda da dove veniamo? Di qui la scimmia.

Ti consideri più designer o artista?

Faccio molta fatica a definirmi artista, perché ho troppo rispetto per larte. La gestazione di un progetto per me è molto sofferta, sono un perfezionista: in un oggetto finito vedo la fatica fatta per crearlo o la perfezione non raggiunta. E questi sono tormenti più da artista che da designer. Ho la mia produzione personale di pezzi unici o tirature limitate che mi vede dialogare direttamente con i collezionisti, ma al contempo porto avanti anche tante collaborazioni con le aziende, tra cui Qeeboo, Seletti, Natuzzi, Horm.

Chi sono i tuoi designer di riferimento?

Mi sono innamorato del design vedendo i lavori di Ingo Maurer. Non sono oggetti, è poesia funzionale. Quella è stata la scintilla. Ma guardo anche a Pesce e Munari. Ho sempre avuto bisogno della poesia, anche del nonsense, ai limiti del concettuale.