Per capire se dietro un'espressione così cool (manifattura digitale) ci sia un modello di business sostenibile abbiamo parlato con i creatori dell'ultima digital factory nata a Milano: Locanda Officina Monumentale, detta anche LOM. E ci hanno detto che...

Locanda Officina Monumentale, detta LOM, è stata inaugurata a luglio in una zona degradata di Milano, dietro il cimitero Monumentale. E, quando ci si arriva, viene subito il buonumore. LOM è infatti uno di quei posti che appaiono immediatamente come cool, in cui si parla di acceleratori d’impresa, di innovazione sociale e di artigianato 4.0. Il futuro qui appare roseo e il digitale improvvisamente non solo va bene, ma è anche buono e bello. Raramente, però, si capisce davvero cosa c'è dietro tutto questo: in che modo, cioè, concretamente, la manifattura digitale può diventare importante per una città.

L’apertura di LOM a Milano è un ottima occasione per rispondere.

Niente start up: accelerare i marchi già affermati

Andrea e Michele Borri, insieme ad Alfredo Trotta,  sono i deus ex machina dell’operazione di riqualificazione edilizia di via Galileo Ferraris. Il luogo è bello e raro, isolato e verde. L’idea iniziale è un restauro rispettoso per un edificio destinato a ospitare appartamenti e studi professionali. Entra in scena però Stefano Micelli, già amico dei fratelli Borri. E il progetto cambia: l’autore di “Futuro Artigiano” ha in mente un acceleratore d’impresa dedicato a brand già affermati - niente start up. Perché la prossimità fra manifatture eccellenti e il tessuto progettuale e imprenditoriale milanese possa servire a creare un humus ideale per l’uso evolutivo delle tecnologie nell’artigianato italiano.

Artigianato 4.0: riportare la manifattura leggera a Milano

Milano ha un grande bisogno di reintrodurre nel proprio tessuto produttivo i concetti di manifattura leggera e artigianato 4.0. Soprattutto perché la città, con le sue università e l’attuale economia radicata nei servizi e nel terziario, rischia di perdersi per strada il lavoro manuale e le sue professioni. Lasciando orfani di passioni e possibilità i ragazzi, convinti che l’artigianato sia un mondo estinto. Se LOM riuscirà a avere un ruolo educativo e culturale, oltre che ad essere un bel posto sostenibile dove fare ricerca, sarà un acquisto enorme per la città.

Nell’intenzione di LOM, così come di altri acceleratori d’impresa, la relazione con il territorio è prioritaria. Così come è prioritaria per l'amministrazione milanese la presenza di luoghi dedicati all'innovazione manifatturiera, parola dell’assessore Cristina Tajani che ha fortemente supportato la nascita di questo nuovo spazio. Ma sarebbe importante che queste parole diventassero fatti misurabili in quantità e qualità per dare un senso vero al lavoro e agli investimenti di imprese e persone.

A cosa serve la manifattura digitale per le imprese?

Lo abbiamo chiesto a Filippo Berto, che per i prossimi 24 mesi occupa di una parte di LOM con il centro ricerche di Berto Salotti. E a Eva Monachini, R&D manager di D-House, il laboratorio urbano di Dyloan, azienda simbolo della frontiera artigianato/tecnologia nel settore fashion. Entrambi hanno dialogato in diverse occasioni con Stefano Micelli,  e sono i primi ospiti di LOM.

Manifattura digitale e alta moda: servono spazi e prossimità fisici

Eva Monachini: “D-House è il centro ricerche di Dyloan. Abbiamo familiarità con le pratiche dell’artigianato digitale, ma venire a Milano e costruire questo spazio per noi significa essere al centro di un crocevia di clienti, aziende con cui costruire nuove collaborazioni e artigiani con cui scambiare competenze e saperi. D-House nasce con il preciso intento di sperimentare le potenzialità della stampa 3D di resine applicabili ai tessuti. E di diffondere informazione sui risultati. Questo luogo ha anche la funzione di un’Academy in cui fare formazione e incontrare nuovi talenti”.

Accorciare le distanze culturali tra Milano e distretti produttivi manifatturieri

Filippo Berto: “C’è una differenza sostanziale fra fare ricerca nella nostra azienda in Brianza e farlo a Milano, in un luogo che ci avvicina a realtà evolute come la Polifactory di Stefano Maffei del Politecnico di Milano o Dyloan. E la differenza è il luogo. Questo spazio è bello, è progettato per trasmettere i propri contenuti e i propri valori. Ci mette in condizione di sperimentare in modo pragmatico con i poli innovativi e di conforntarci immediatamente con i nostri clienti. Abbiamo bisogno di questi corridoi privilegiati fra città e periferie produttive, per non essere isolati rispetto alle ricerche sui modelli di produzione più  innovativa”.

LOM è solo un soft landing per brand che hanno bisogno di una sede a Milano?

LOM ha un progetto e un format intrinsecamente scomodo. A partire dal restauro, che è volutamente conservativo e spartano. Soft landing non è la definizione più appropriata. Materiali recuperati e riutilizzati, pannelli solari e una fornitura energetica che costringe a programmare i consumi e a ripensare la climatizzazione e l’illuminazione. Oltre che l’uso dei macchinari. Il ristorante, che aprirà in primavera, sarà seriamente zero waste. Le stanze per gli ospiti sono monacali e insonorizzate per favorire il lavoro e la concentrazione. Insomma: non è un luogo posh, LOM è un progetto radicale in cui la scomodità allena l’attenzione e la presenza mentale.

Da luglio a oggi cosa è stato fatto da LOM?

BertO Salotti ha iniziato un percorso di ricerca con Polifactory (Politecnico di Milano) sui materiali alternativi  più sostenibili per l’imbottitura dei divani. La prossimità fra ricercatori e artigiani velocizza enormemente la soluzione di problemi legati alla densità e alle stratificazioni dei materiali nei cuscini. I primi pezzi sono già pronti e per il Salone del Mobile 2022 ci sarà un ampliamento della collezione.

Inoltre ha lavorato insieme a D-house alla customizzazione di una nostra poltrona, modello Hanna. Nello specifico, abbiamo personalizzato il cuscino di schienale sperimentando differenti tecnologie sia sulla pelle, sia su una maglina di lana. In entrambi i casi le tecnologie più avanzate dell’alta moda sono state applicate all'arredamento.

D-House ha progettato un’area di 300 metri quadrati in collaborazione con la fiera Linea Pelle sul tema dell’innovazione tecnologica sostenibile. Lavora H24 per testare le stampanti Polyjet di Stratasys e, al contempo, porta avanti  D-refashion Lab, un progetto di upcycling hi-end per l’alta moda, che usa le stampanti laser per attualizzare i capi che altrimenti verrebbero semplicemente buttati.