Il veneziano Luca Nichetto è il primo italiano a firmare un pianoforte per il leggendario marchio Steinway&Sons. Ci ha raccontato come lo ha progettato

Pochi sanno che (anche) il pianoforte è un'invenzione italiana.

Intorno al 1720 il padovano Bartolomeo Cristofori creava il "gravecembalo col piano e forte". Un oggetto di design ante litteram. Trecento anni dopo è un veneziano, Luca Nichetto, il primo italiano a firmare un pianoforte per il leggendario brand Steinway&Sons: il Gran Nichetto limited edition.

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Il designer ha ridefinito tutti gli elementi esterni dello strumento, con un approccio assimilabile a un progetto di micro-architettura che ha portato a un’evoluzione estetica del Modello B. Il pianoforte a coda preferito dalla superstar della tastiera Lang Lang, per intenderci.

L'esordio pochi giorni fa a NewYork, con un concerto nella Steinway Tower a Manhattan del musicista e cantautore Rufus Wainwright (filone intimistico alla Leonard Cohen).

Luca Nichetto che definisce il suo piano per Steinway&Sons epico e tenace e sogna, un giorno, di vederlo suonare da Lady Gaga e Eddie Vedder, ha raccontato a Interni il suo progetto.

Ma tu suoni il piano?

Luca Nichetto: "No (ride)! È quanto mi ha chiesto subito anche Robert Polan, head of limited edition piano department di Steinway&Sons, dopo avermi chiamato per un incontro sapendo, da un mio post, che ero a New York. Sono stato onesto, dichiarandomi totalmente naif. Alla domanda su come avrei affrontato il progetto per un pianoforte ho risposto: per me è il re degli strumenti, ma anche un bellissimo oggetto di furniture.

L'approccio deve essere il più rispettoso possibile, simile al car design, ovvero intervenire solo sulla carrozzeria, senza toccare, per rispetto appunto, e incompetenza, il motore.

Le risposte sono piaciute ed è iniziata la collaborazione che mi ha anche portato alla nomina di creative director esterno per la divisione limited e custom piano. Nel frattempo la voglia di imparare a suonare mi è anche venuta, è il tempo che mi manca..."

Come sei arrivato alla definizione finale del progetto?

Luca Nichetto: “Non ho ricevuto un brief, ma solo indicazioni di limiti ed elementi su cui potevo intervenire: gambe, leggio, pedaliera, ruote, colore.

Quando ricevo brief limitanti da una parte, ma liberi dall'altra, cerco di trovare referenze, e spesso finisco a Venezia, il mio personale scrigno di salvezza.

Non per campanilismo, ma perché ha una storia talmente ricca che trovo sempre qualche spunto di ispirazione.

Durante la visita alla loro fabbrica, ho notato diverse similitudini le fasi di produzione di un piano, anche per l'ambiente in cui viene realizzato, e una gondola veneziana. A partire dalla più banale constatazione che entrambi sono neri e lucidi nell'immaginario collettivo.

Ho cercato di applicare le linee fluide di una gondola all'archetipo-pianoforte, mantenendo l'iconicità relazionata all'estetica di Steinway.

Ho lavorato su gambe più sinuose, sul collegamento più organico con la cassa armonica, scolpendo con biselli o colpi di luce per definire le forme.

Ogni modifica sulla silhouette si rifletteva sul suono, per questo l’iter progettuale è stato molto lungo e ha richiesto ben quattro anni.

Ho lavorato a stretto contatto con i maestri artigiani di Steinway, ma anche con l'ufficio commerciale, individuando tre colori che potessero attirare diverse tipologie di utenti: il classico nero (The Black Polished), un più spinto rosso profondo (The Midnight Red) e una combinazione legno-colore (The Walnut Veneer) per chi è attento alla componente d'arredo”.

Quali sono gli aspetti più innovativi del piano Gran Nichetto?

Luca Nichetto: “Non ho avuto istinto di forzare l'immagine o sperimentare troppo, perché penso non sia giusto. Steinway non è un'azienda nata per essere disruptive.

Dovevo cercare il fil rouge tra l'heritage e l'attualità.

Ad esempio cent'anni fa non sarebbe stato possibile realizzare le gambe, il leggio, il music desk di questo pianoforte. Ho attualizzato l'archetipo con tecnologie contemporanee, come l'uso di macchine CNC a 5 assi o dell'impiallacciato 3D per la versione in walnut.

Il piano è però dotato di una tecnologia pazzesca, Spirio. È un sistema che digitalizza trame, anche di concerti avvenuti cent'anni fa, captando l'esatta pressione dell'artista sui tasti.

Si crea così una libreria musicale che il pianoforte è in grado di riprodurre. Suona letteralmente da solo! È anche un valido strumento di studio per un pianista, potendo registrare e far riascoltare l'esecuzione. In più, la tecnologia Spirio funziona in broadcasting. Se c'è Lang Lang che suona a Pechino, ti connetti in remoto e il tuo piano riproduce in contemporanea la stessa identica musica”.

Cosa hai imparato progettando un pianoforte?

Luca Nichetto: “A gestire la complessità. È stato un lavoro complicato anche per la richiesta di ingegnerizzazione, molto diversa dall'approccio delle aziende in Italia. Qui c'erano ingegneri che non sapevano di design, e viceversa. Mancava la figura di responsabile dell'ufficio tecnico che ha occhio per tutto, preziosa e tipicamente italiana. Mi sono dovuto calare io, a volte, in quel ruolo, e affrontare fasi tecniche inaspettate.

Ma per me l'inaspettato è intrigante e in questo caso mi ha fornito parametri interessanti. Quando entri in una complessità del genere creare, dopo, un divano o una sedia sembra un gioco da ragazzi!”