Racconti senza tempo di cinque creativi che a Copenhagen esplorano nuovi modi di lavorare il legno. E lasciano il segno inseguendo ma attualizzando la tradizione del design danese

‘Nessuno, dopo tutto, sembra essersi accorto che il legno è una materia organica, ovvero l'equivalente di ciò che sono la pelle, le ossa, i denti. Eppure è proprio per la sua origine biologica che il legno è così presente nella nostra vita. Il rapporto che gli uomini hanno con questo materiale è strettamente connesso al nostro gene di specie umana’.

Per qualche ancestrale motivo noi e lui ci riconosciamo, sembrerebbe affermare Emanuele Coccia, il filosofo italiano autore del celebre libro La vita delle piante. L’intellettuale stanziale a Parigi, insieme a un altro grande luminare, Stefano Mancuso, autore di La Nazione delle piante, hanno gettato le basi di una nuova educazione sentimentale verde, che riporta la Terra alla centralità delle piante.

E quindi del legno, come anche emerso nella mostra Cambio dei Formafantasma, il cui sviluppo tematico attorno a questo materiale può considerarsi a tutti gli effetti pietra miliare nello sviluppo di una coscienza di specie.

Quindi non stupisce che questi tre protagonisti del dibattito contemporaneo sul futuro del Pianeta siano fonte di ispirazione per molti creativi. Ovunque, anche a Copenhagen, terra di circolarità, sostenibilità e ritorno ai ritmi di una vita primordiale. Se non fosse per il clima, verrebbe da pensare che i Danesi sono i nuovi indigeni.

Leggi anche: 3daysofdesign, il nostro best of

Dall’antropologia torniamo al design. Non si può affrontare un progetto attorno a una qualunque essenza, dall’acero al frassino, dalla quercia al pino, e alle sue possibili evoluzioni sperimentali, senza partire da un’analisi di sistema. Perché questi fusti, nella vita di tutti noi, da sempre svolgono un ruolo fondamentale.

Dal momento in cui i nostri antenati sono scesi dagli alberi, il legno ci ha permesso di scoprire il fuoco, di riscaldarci e portare luce. Di costruire i nostri primi strumenti per la caccia e un tetto sotto il quale trovare riparo, di inventare la ruota per coltivare i campi e nutrici, così come le barche per trasportare viveri e tutto ciò che è servito a innescare il processo di evoluzione della specie. Il legno è un materiale vitale, per questo dobbiamo tornare a usarlo con rispetto e secondo necessità.

Saltiamo qualche secolo ed arriviamo ai tempi della rivoluzione industriale e ai suoi interni domestici: di legno sono gli arredi, le pareti e i pavimenti. Nonostante questa materia sia tanto vicina al nostro corpo da lambirlo, sembra proprio che ci siamo distratti, sino a perdere il contatto emotivo con ciò che lo genera: la foresta e i suoi alberi.

Poiché l’obiettivo imposto dall’urgenza climatica ci suggerisce di muoverci, anche molto velocemente, verso un mondo più sostenibile e responsabile, dobbiamo imparare ad ascoltare il materiale del quale tanto amiamo circondarci, perché ogni singola tavola, piano e lamella racconta una storia di vita che scorre. Ce lo ricorda la fotosintesi.

La filosofia, prima, e l’ecosistema ora ci suggeriscono di rileggere Calvino e riscoprirci novelli Baroni Rampanti: non serve tornare sugli alberi per ricostruire l’equilibrio perduto, solo coltivare quella risonanza empatica utile a ricomporre l’armonia con il creato.

Si usa e non si abusa, ci si prende cura e non si spreca. In sostanza si interpreta e non si consuma, come i progetti intercettati a Copenhagen, città che vanta una lunga tradizione artigianale del legno. Qui la nuova generazione di designer prova a sfidare la consuetudine: dal mix di sapere locale e consapevolezza ambientale sta emergendo una nuova estetica i cui codici svelano racconti diversi e complementari. Piccole storie di progetti rigenerativi.

Weight of wood di Christian + Jade per Dinesen

È un viaggio, molto contemporaneo, alla scoperta delle diverse possibilità espressive del legno. Questa esperienza, che riflette sui precetti di Emanuele Coccia e dello scienziato Peter Wohllenben, ha reinventato gli oggetti familiari. Come? Riflettendo sulle qualità che la coppia ama definire ‘caute’: sono il peso, il movimento, l’equilibro che insieme hanno contribuito alla definizione di una collezione di cavalli a dondolo e altalene. Insieme, a ritmo lento, disegnano una nuova armonia domestica. Codice poetico.

Inner beauty di Anne Brandhoj in Three di Ahec

È una collezione di oggetti enigmatici che scardina il concetto di funzione per riflettere su una domanda provocatoria: dobbiamo davvero continuare a produrre oggetti o nel mondo ce ne sono già abbastanza?

La designer danese, una laurea alla Royal Danish Academy di Copenhagen, con il suo progetto, sposta il focus della produzione sulla qualità del ciliegio (o Prunus Serotina): ricco, liscio, vibrante e flessibile. Lavorando su queste caratteristiche ha scavato volumi monumentali e liberato corpi vivi da accarezzare. Codice scultoreo.

Pillar Counter di Bunn Studio per Radnor

Loro sono Louise Sigvardt e Marcus Hannibal, coppia nella vita e nella professione. Fondano lo studio a New York prima della pandemia, ma poi decidono di tornare a Copenaghen, città natale di entrambi.

L’architettura di questa seduta caratterizzata da elementi a sbalzo, in equilibrio fintamente precario, ci racconta chi sono: nel loro lavoro, dall’industrial design all’interior, il progetto ha come unico scopo quello di promuovere il benessere fisico ed emotivo. Amano la semplicità e i ritmi lenti che rendono stabile la vita: “anche l'oggetto più piccolo, svelando la sua unicità, ha la forza di colorare l'atmosfera”. Codice terapeutico.

The origin of things di Sara Martinsen

La mostra nella showroom di Garde Hvalsøe è una riflessione sulla passione condivisa dall’artista e dal brand, entrambi danesi, per la storia e la bellezza dei materiali naturali.

“Il mio lavoro torna all’origine delle idee, della materia, degli oggetti: mi piace capire da dove arrivano, come sono fatti e cosa possiamo imparare da loro. Per poi svelarle alle persone che sollecitate all’interazione, attivano i sensi: lo sguardo, l’olfatto, il tatto.

E scoprire la forza delle imperfezioni: la venatura di un nodo di legno, l’asprezza di una fibra o l’aura di un’essenza appena tagliata”, afferma l’artista fiera del suo arazzo in fibra di corteccia. Codice concettuale.

Marbelous Wood di Pernille Snedker

In House of Nordic Design è una selezione di pezzi davvero preziosa. Tra ceramiche da tavola, arredi in acciaio e luci d’autore, il lavoro di questa giovane designer sulle superfici di rivestimento, a pavimento e parete.

La collezione racconta la sua abilità di marmorizzare quelle che nelle sue mani diventano vere e proprie scenografie domestiche.

È il processo a fare la differenza: il pattern è creato lentamente, goccia dopo goccia, nessuno spreco, nessun colorante chimico, solo una superficie d’acqua che lascia emergere i motivi dell'anello di crescita del legno e assorbe la palette per restituirla. Codice circolare.