Pelin Tan, la protagonista del primo incontro di gennaio, ha introdotto con la sua lecture il tema dei campi dei rifugiati: come si vive in questi spazi allestiti lungo le coste del Mediterraneo, in Italia, in Turchia, in Grecia?
La sua pratica, di sociologa e storica dell’arte, tiene insieme dimensione dell’attivismo e ricerca accademica: “Pelin vive al confine con la Siria, nel sud est della Turchia, insegna alla Batman University, ed è in grado di stare tanto in un'aula universitaria quanto in strada.
Il suo impegno se da una parte denuncia la precarietà di ciò che, costruito per essere temporaneo, è invece permanente, dall’altra pone in evidenza nuove forme di co-abitazione da cui possiamo imparare”.
La liminalità, dunque, come terreno di indagine: “la questione da dirimere ovunque nei campi è la gestione della coesistenza fra comunità di religioni ed etnie diverse. È interessante vedere come immaginando un muro che si fa corridoio poroso, le persone si avvicinano per attivare quasi naturalmente le dinamiche di inclusione”, e la discussione sull’inutilità di innalzare barriere istituzionali.