“Sei vuoi cambiare il mondo, se vuoi dare bellezza, devi raggiungere più gente possibile”. Questo il messaggio, in sintesi, lanciato da Mauro Porcini dal 2012 chief design officer di PepsiCo durante il nostro incontro a New York.
Gli chiediamo di raccontarci la sua escalation, dagli anni in cui era studente al Politecnico, al suo arrivo in PepsiCo a NYC.
“Devo molto a due persone che mi hanno insegnato moltissimo” racconta “Il primo è stato Stefano Marzano, quando era chief design officer and ceo di Philips Design venne a Varese (città natale di Porcini ndr) a fare una conferenza. Mi entusiasmò e lo elessi mio mentore.
Cominciai a inviargli lettere perché volevo capire come fare per occuparmi di design. La prima cosa che mi ha suggerito Marzano è stata di imparare perfettamente la lingua più parlata al mondo, l’inglese. Lo ascoltai: abbandonai il progetto di andare a fare l’Erasmus a Parigi per una nuova destinazione, Dublino dove mi fermai per un anno e più.
L’altra persona che mi diede una visione lungimirante sui destini del mondo, fu Claudio Cecchetto. Cecchetto, oltre a essere un genio in campo musicale è una di quelle persone ‘sempre avanti’. Con lui fondai – dopo essermi laureato al politecnico su Philips e avere iniziato a lavorare con loro – uno studio che lavorava con tipologia 3D nel mondo di internet.
Avevamo in animo di ‘inventarci’ delle grandi cose: registratore di pagine internet, moneta digitale… ma era troppo presto, il mondo non era ancora pronto. Quello che imparai soprattutto da Claudio fu il tema della contaminazione, hi-low, design sofisticato su larga scala, e l’importanza di utilizzare le celebrities come veicolo virale di comunicazione.
Chiusa l’esperienza con Cecchetto sono stato assunto in 3M Italia. Fu il mio trampolino, l’occasione che mi permise, attraverso una serie di iniziative progettuali, di essere notato dalla casa madre americana e di trasferirmi a Minneapolis, dove in breve mi trovai a capo dell’ufficio design”.
Il passaggio in PepsiCo, quando e come avvenne?
“Dovevo trasferirmi a New York perché mia moglie lavorava lì. Un breve trascorso in Virgin ed ecco che nel 2012 mi trovo a Manhattan a gestire il centro per il design di questa grande multinazionale del beverage”.
In breve, il design center di PepsiCo diventa un incubatore di novità incredibili in moltissimi settori: packaging, visual, product. E comunicazione, lavorando soprattutto sui grandi eventi sportivi e musicali (Superball di cui PepsiCo è sponsor unico) per creare appuntamenti con il grande pubblico.
“Ci aiutano molto i social. Seguiamo un evento, lo supportiamo, ne approfittiamo per fare mostre, concerti e ovviamente, per presentare nuovi prodotti o dei pop up store. Ci aiutano moltissimo i testimonial, la gente ha bisogno di miti positivi ed è per questo che il fenomeno degli influencer è così sentito in questo periodo”.
Porcini lavora e il suo team (20 inizialmente, oggi 170 con competenze molto diverse e provenienti dai cinque continenti) lo segue in progetti di diversa natura, in cui linka design, arte e moda. “Abbiamo fatto delle collaborazioni con Anna Wintour e Vogue America per trovare gli artisti che lavorassero con noi, ma abbiamo lavorato anche con Franca Sozzani, Paola Antonelli, Lapo Elkann, Giovanotti, per citarne alcuni, perché siamo attivi su moltissimi fronti: passiamo dalle macchine digitali per selezionare una bibita, alle bevande a ridotto contenuto di calorie, alle bottiglie con capsula, agli snack in limited edition. Non va dimenticato che il 45% del nostro fatturato lo facciamo sulla salute, e che siamo i produttori di Gatorade”.
Tutto sta nel lavorare in empatia, e capire cosa vuole la gente. Porcini docet.
di Patrizia Catalano