Gli investitori credono nella circolarità. E hanno tante buone ragioni (non solo etiche) per farlo. In conversazione con Massimiano Tellini, Global Head - Circular Economy di Intesa SanPaolo Innovation Center

Parlare con Massimiano Tellini vuol dire aprire una finestra su un futuro che dovrebbe già essere presente, e in parte per fortuna lo è.  Economista di formazione, corporate banker di professione, Tellini è il Global Head Circular Economy all’Intesa Sanpaolo Innovation Center, società del Gruppo che lavora sulla frontiera dell’innovazione e supporta le business units della banca per accelerare lo sviluppo delle imprese italiane attive nell’economia circolare. L’uomo giusto, quindi, per capire quanto, come e perché, la finanza abbia deciso di puntare sull’economia circolare, offrendo nuove chance (anche) al design. O, meglio, al re-design, e a chi lavora per ri-progettare il mondo in maniera sostenibile grazie all’innovazione.

Che cosa è la circular economy per un professionista che sceglie quali progetti supportare guardando alla sostenibilità? 

Una scelta strategica per una competitività a prova di futuro.

Dal 2015 Intesa Sanpaolo, prima banca al mondo, è Strategic Partner della Fondazione Ellen MacArthur, il principale e più autorevole attore a livello internazionale dedicato alla diffusione e accelerazione della transizione verso la circular economy.

Dunque per noi CircularEconomy è quel sistema definito dalla Fondazione in cui la creazione di valore è slegata dallo sfruttamento delle risorse naturali esauribili. In cui ad esempio si utilizzano energie o risorse rinnovabili per i processi, si progettano e producono nuovi materiali riutilizzabili, si adottano tecnologie innovative e digitali per ottimizzare il consumo di risorse nei cicli produttivi, valorizzando anche gli scarti, si creano programmi di logistica inversa per recuperare i prodotti dal mercato, rigenerarli e reimmetterli in commercio.

Economia circolare e competitività sul mercato. Esiste una connessione?

Come banca, sosteniamo le imprese che lavorano in questa direzione immaginando e costruendo già oggi un futuro diverso, che investono in innovazione e formazione, perché è essenziale costruire nuove competenze e diffonderle in azienda ai vari livelli. CircularEconomy perciò, non è tanto incassare l’ennesima certificazione green che attesti un taglio alle emissioni di CO2 (seppure ancora importante ovviamente), quanto piuttosto un vero cambio di paradigma culturale che porta a generare valore emancipando il business dalla generazione di esternalità negative significative, foriere di criticità anche finanziarie. La sostenibilità è uno strumento, non il fine. L’obiettivo infatti è quello di aiutare le imprese a restare competitive nel lungo periodo con un profilo di rischio minore, non essere semplicemente (più) green.

Che cosa c’entra il design, in questa visione?

Per dirla con Ellen MacArthur, il rifiuto non è altro che un problema di design!  Ci sono 160 milioni di persone fisiche attive in tutto il mondo, secondo una ricerca di IDEO, che in qualche modo fanno design, e tutte possono e devono essere impegnate nel riprogettare il mondo, rovesciando i paradigmi ancora prevalenti.

Parliamo di risorse e investimenti: quanto sta mettendo succpiatto il mondo della finanza per l’economia circolare?

Innanzitutto, 5 miliardi di euro li abbiamo messi a disposizione noi di Intesa Sanpaolo. Di questi, 1,2 sono già stati erogati in forma di prestiti agevolati a realtà italiane ed internazionali attive nella direzione della circolarità. Il Sustainability Bond da 750 milioni di euro focalizzato sulla CE e collocato sul mercato a novembre 2019 ha raccolto una richiesta da parte degli investitori pari a 4 volte tanto.

All’inizio di questo viaggio, ci siamo chiesti che senso avesse essere una delle banche più sostenibili al mondo, inclusa in tutti i principali indici di sostenibilità, e lavorare con clienti che non lo fossero. Oggi il nostro piano d’impresa 2018-21 ha la circolarità come vero e proprio pilastro: vogliamo diventare la prima impact bank al mondo e l’impegno nella CE rientra in questa strategia.

Più clienti riusciremo ad accompagnare in uno switch verso un sistema circolare più questa transizione potrà avvicinarsi a essere sistemica. Ma per fortuna non ci siamo soltanto noi. Per dare la misura dell’attrattività dell’economia circolare, basti pensare che a ottobre 2019 si è aggiunto come nuovo Strategic Partner della Ellen MacArthur Foundation BlackRock, la più grande società di asset management a livello globale. Questo vuol dire che è la finanza stessa a voler diventare circolare sostenendo chi la circolarità la adotta. Non tralascerei poi alcuni dati importanti: dal 2016 a oggi è cresciuto di dieci volte il numero dei fondi che investono nella circolarità, dal private equity al venture capital. E nei primi otto mesi del 2020, c'è stato un incremento da 0,3 miliardi a 2 miliardi di dollari del valore degli asset gestiti dai fondi di public equity che hanno scommesso su questo mondo.

Anche il Sistema Italia e il governo italiano stanno facendo la propria parte, prevedendo ad esempio 5 miliardi e 200 milioni del recovery fund per l’economia circolare, immaginando tra le altre cose un hub nazionale dedicato e una serie di distretti territoriali.

Quindi la crisi pandemica può essere ed è già un’occasionecper attrarre risorse finanziarie nell’economia circolare?

Lo shock generato dall’emergenza sanitaria ha rappresentato un fortissimo acceleratore di una transizione che era comunque già in atto. La crisi sta spingendo a ripensare radicalmente il modello di produzione lineare classico, basato su sfruttamento delle risorse-generazione di rifiuti. Così come nel suo piccolo ogni essere umano ha dovuto ripensare alla convivenza con il prossimo, a un nuovo rapporto con lo spazio e la tecnologia, allo stesso modo le aziende hanno spinto su una riflessione che era già partita.

Ogni giorno nascono start up circolari: come si può fare in modo che più che un sostegno ai singoli casi virtuosi si sviluppi una filiera sistemica in grado di fare la differenza più dei casi singoli che restano, comunque, fondamentali?

Innanzitutto facilitando percorsi di open innovation e rafforzando il pensiero sistemico. Alcuni modelli di filiera circolare in Italia esistono già. Penso, per esempio, alla collezione circolare di Gucci (Gucci Circular Lines) che ha richiesto uno sforzo al livello di tutta la catena di progetto e produttiva, dai fashion designer ai fornitori. Lo sforzo deve essere quello, sin dall’origine, di disegnare e progettare in modo che il prodotto, una volta usato, ritorni in azienda per essere recuperato, smontato, ‘ricondizionato’.

Mi piace citare anche il caso virtuoso di Renault che dal 2015 in uno stabilimento alle porte di Parigi rigenera i motori delle auto usate abbattendo i consumi energetici e di acqua. E, più di recente, l’idea degli architetti olandesi Thomas Rau e Sabine Oberhuber che hanno ideato il modello Turntoo: il prodotto diventa servizio, il bene viene utilizzato dal consumatore, ma rimanendo di proprietà del produttore, che avrà interesse quindi a garantirne la massima durata e a reimpiegare i materiali usati per fabbricarlo. Esattamente l’opposto di quello che succede con gli attuali smartphone, destinati a essere buttati via se si rompe un pezzo.

Esiste già una data oltre la quale o si farà business in modo circolare o si resterà fuori dal giro?

Noi supportiamo l’accelerazione della transizione, che occorre guidare, non subire. Chiaramente nessuno ha la sfera di cristallo, anche se un momento spartiacque per convenzione c’è già: il 2030 è l’anno entro il quale avremo dovuto conseguire una serie di obiettivi a livello nazionale, non solo europeo. Ma un segnale forte del cambiamento è di questi giorni: l’uscita del titolo Exxon dall’indice DowJones dopo quasi un secolo di permanenza.

Nelle immagini, il nuovo progetto di art director curato dallo studio Sovrappensiero per Rampinelli Edizioni, brand di arredamento che coniuga le competenze tecniche e produttive di Rampinelliazienda che opera nel settore manifatturiero metalmeccanico dal 1913, al design contemporaneo. La prima collezione, costituita da una panca, un tavolo e un appendiabiti, mette in luce le lavorazioni di taglio al plasma a controllo numerico, fresatura CNC e saldatura TIG manuale. Ph. Stefania Zanetti; styling Sarah Richiuso.