Le sfide del design secondo Domitilla Dardi, storica del design, fondatrice e curatrice EDIT Napoli
"La sfida più urgente come esseri umani è senz’altro quella climatica, ma non credo che il design possa incidere realmente in questo se non è preceduto da chiare scelte politiche globali.
Il rischio nel pensare che il design da solo possa essere incisivo è - come avvenuto anche di recente in occasione della pandemia - di mettere in scena una sfilata di buone intenzioni, che magari ricevono il plauso e qualche premio, ma che non risolvono nei fatti problemi sistemici che vanno appunto affrontati in maniera complessa.
Vengo quindi alla sfida che il design secondo me deve urgentemente affrontare di per sé: ritrovare se stesso attraverso la preparazione, lo studio e la ricerca del senso.
Di recente abbiamo abbattuto barriere, fruito di contaminazioni con altre discipline, beneficiato di trasversalità.
Ma ora credo sia importante tornare al design e fare chiarezza, studiare e prepararsi. Ci sono tanti modi di fare design, ma ognuno richiede la sua conoscenza puntuale e specifica.
Sento urgente l’esigenza di fermarsi prima di fare e pensare al perché, al senso del fare. Perché fare un libro, una mostra, una collezione, una fiera, un prodotto? Non rispondere velocemente alla richiesta di un committente, ma cercare il senso di quell’azione.
Per questo ritorno al sempre geniale schema di Munari sul processo della Creatività. Proprio allo step “Creatività” Munari dava pochissime spiegazioni, diceva che era una sintesi del lavoro precedente, quello pre-progettuale. E soprattutto che tutto parte dalla corretta “enunciazione del problema”.
Ecco, mi sembra che sia urgente ripartire dall’enunciazione dei problemi, anche quando non siamo chiamati a risolverli, ma a porli come fa il design critico e speculativo. Chiarezza nel senso, più preparazione. Le intuizioni hanno senso se sono precedute dalla preparazione, altrimenti sono espressioni dilettantesche, non professionali. Ripartirei da queste sfide".