La sfida di Brescia (in tandem con Bergamo) per il 2023 raccontata dalla vicesindaca Laura Castelletti: “Il segreto è il progetto”

Da città del tondino a Capitale italiana della cultura. C’è più di una ragione per dialogare di progetto e di progettualità con Laura Castelletti. La prima è che nel suo lavoro di vicesindaca a Brescia s’intrecciano le deleghe a cultura, creatività e innovazione, un mix inusuale che lei stessa – racconta – ha insistito per ottenere e che ha pochi omologhi in Italia. L’altra, che senza una progettualità chiara sarebbe stato impossibile portare la Leonessa a diventare Capitale italiana della cultura (nel 2023, in tandem con Bergamo), partendo da un background di città industriale. 

“In realtà Philippe Daverio diceva che una visita a Brescia è come leggere la storia d’Italia”, dice, fiera, la vicesindaca. Se a questo aggiungiamo i disastri della pandemia, diventa ancora più chiaro come l’assessore con delega a quel mondo che a ogni lockdown è il primo a doversi fermare e l’ultimo a poter ripartire, è la persona più indicata per capire come si organizza una sfida difficile: quella di metter su un cartellone di cinquemila eventi in grado di attirare un milione di visitatori (i numeri medi mossi in un anno da una Capitale della cultura) mentre ancora si contano i morti di Covid.

Come si progetta un anno da Capitale della cultura mentre le attività culturali restano ferme?   

Il passato ci insegna che perfino durante le guerre, la cultura è un driver potente per ripartire. Nel progettare il 2023 siamo partiti proprio dall’energia del nostro tessuto culturale che s’è manifestata anche durante il lockdown, nonostante il settore sia stato letteralmente martoriato. I nostri spazi sono e restano vivi. Penso al MO.CA - Centro per le nuove culture o all’attività del Carme - Centro Arti Multiculturali Etnosociale in un’area in trasformazione. La cultura è centrale nelle operazioni di rigenerazione urbana. Penso, poi, alla Vittoria Alata, uno dei dieci bronzi più importanti al mondo che abbiamo portato in Capitolium dopo un restauro importante sostenuto grazie anche all’art bonus e ai privati che hanno fatto la loro parte. Nel modello bresciano la partecipazione è fondamentale. Per questo, il lavoro in funzione del 2023 sarà collettivo e aperto. 

Lei ha le deleghe a cultura e creatività ma anche all’innovazione. Un mix che sembra scontato ma non è poi così frequente, in Italia.

La delega all’innovazione l’ho chiesta esplicitamente dopo avere avuto assegnate quelle alla cultura e alla creatività. Mi sembra giusto, in un momento storico in cui l’innovazione passa dalla cultura e alla cultura serve l’innovazione. E, soprattutto, se vogliamo pensare a una progettualità a lungo termine. Brescia è una città industriale, la sua identità è legata al manifatturiero, al lavoro. È una grande sfida mettere al centro della crescita e dello sviluppo la cultura, coinvolgendo, prima ancora dei visitatori, i bresciani stessi, che in questi anni non hanno mai fatto mancare il loro entusiasmo. 

Per questo ribadisco sempre che l’assegnazione della Capitale culturale non è stato un risarcimento del Covid: la pandemia ha avvicinato Brescia e Bergamo, e a quel punto è stato naturale proporre una candidatura unica. Due città, un solo territorio per crescere insieme. È un esempio in grande scala del modello partecipato esteso a reti, associazioni e comunità che portiamo avanti da tempo. Il dossier della Capitale della cultura va consegnato nel gennaio del 2022 ed è un punto di forza, per me, sapere che al momento non sappiamo cosa ci sarà scritto. Perché lo scriveremo insieme.

Essere capitale della cultura vuol dire aprirsi, fisicamente, al mondo. Come progetterete il 2023 considerando la voglia delle persone di vivere una normalità che speriamo ritrovata? 

Con il sostegno della Fondazione Cariplo stiamo sviluppando il progetto Filo naturale che è una strategia di transizione climatica pensata per cinque anni e oltre, puntando tra le altre cose su più verde in città. Per Brescia, attività all’aperto vuol dire itinerari che coniugano storia, patrimonio e ambiente, vuol dire valorizzare ancora di più il nostro magnifico Castello, significa inventare nuove funzionalità per gli spazi pubblici centrali e di quartiere, significa archeologia e mostre diffuse come quella di successo dedicata a Mimmo Paladino nel 2017. Già questa primavera, per fare un caso, avremo le incursioni artistiche di Francesco Vezzoli nelle aree archeologiche. Tengo però a ribadire anche l’importanza del digitale, che è stato ed è tuttora un’ancora di salvezza che non abbandoneremo neanche dopo la fine della pandemia. Perché ci mette in connessione con la provincia e con il resto del Paese.

Se dovesse immaginare uno e un solo fotogramma del suo 2023, che cosa le viene in mente? 

I visitatori che percorrono la ciclovia che stiamo progettando per unire Brescia e Bergamo. Turisti lungo itinerari enogastronomici e green, rotte da godere in chiave slow per scoprire bellezze inattese, il Polittico Averoldi di Tiziano o il foyer del Teatro Grande. Un turismo gentile per sorprendere a poco a poco.