Paolo Benevelli ci racconta la sua ultima fatica progettuale, il tavolo Ghost. Spaziando da come è nato il suo modo di intendere il design, alle collaborazioni con maestri come Cini Boeri e Gillo Dorfles

Ghost è una ricerca progettuale tra sfumature, contrasti e trasparenze che giocano e influenzano la percezione creando una nuova dimensione: il tavolo appare molto più piccolo e leggero di quanto non sia realmente”. Così Paolo Benevelli racconta il suo ultimo progetto disegnato per Capod'opera. Designer e progettista, Benevelli dal 1992 si dedica alla ricerca e allo sviluppo di oggetti di design, industrial design e interiors con uno stile attuale, personale, riconoscibile. Nel 2010 la Triennale di Milano ha ospitato la mostra “Il germinare del design” a lui dedicata. Nello stesso anno, ha realizzato con Gillo Dorfles un contributo sul design presentato sempre alla Triennale di Milano. Successivamente, nel 2011 ha preso il via una collaborazione con Cini Boeri e insieme hanno disegnato e firmato il progetto “Gatto” per Myyour. Tra i premi vinti, ADI Design Index 2016, ADI Ceramics&Bathroom Design Award 2017, Selezione Compasso d’Oro ADI 2018, ADI Design Index 2018, Good Design Award 2018, Good Design Award 2019 e Selezione Compasso d’Oro ADI 2020.

La sua ultima fatica, è il pretesto per una intervista con lui sul suo modo di intendere il design, sulle sue collaborazioni con Cini Boeri e Gillo Dorfles, sul suo lavoro...

Quando ti sei avvicinato al mondo del design e quando è diventato il tuo lavoro?

Fin da piccolo mi divertivo a trasformare e a costruire qualsiasi cosa. Il laboratorio del mobilificio di mio padre era per me una fonte d'ispirazione per mille sperimentazioni. Così mi sono appassionato al “progettare”, al “creare”: forse quello che facevo, in un certo senso, era già design. Successivamente tutto questo è diventato realtà: ho iniziato a realizzare i miei primi progetti andando nelle aziende, nelle officine, dai costruttori e lavorando a diretto contatto con loro. Allo stesso tempo, le aziende hanno iniziato a produrre i miei progetti. Non credo ci sia stato proprio un momento preciso nel quale è diventato il mio lavoro: è stata più un’evoluzione naturale del mio percorso.

Come definiresti il tuo design, il tuo modo di progettare?

Ricerca e sperimentazione sono le due parole che meglio definiscono il mio modo di progettare. Nel mio studio, tra disegni, schizzi, modellini e prototipi, sviluppo idee e alimento un percorso progettuale e creativo. Per me il design è inventare qualcosa di nuovo, di originale, trovare la soluzione a un problema, trasmettere significati, messaggi, intelligenza progettuale e valori etici. Quello che faccio è cercare di osservare e vedere le cose da prospettive non ordinarie.

Quali caratteristiche deve avere nel 2021 un arredo o un oggetto di design?

Prima di tutto dovrebbe avere un buon motivo per essere realizzato, in altre parole un'intelligenza progettuale. Dovrebbe permettere di creare uno scambio, un'interazione con l'utilizzatore, migliorando le funzionalità dell’oggetto stesso o dell’ambiente in cui si trova. Naturalmente non può non tener conto anche degli aspetti di sostenibilità che parte innanzitutto dalla qualità progettuale. Credo inoltre che un oggetto di design non dovrebbe essere legato al tempo, a uno stile o a una moda, ma avere qualità senza tempo.

Raccontaci il tuo rapporto con Gillo Dorfles e con Cini Boeri. Cosa hai ricevuto da loro e cosa hai dato loro?

Con Cini Boeri ho avuto da subito grande intesa. Quando sono arrivato nel suo studio, una delle prime cose che mi ha detto è stata: "Spero che tu abbia il coraggio di creare ogni volta qualcosa di diverso". Questo è quello che ho sempre cercato di fare. Dal dialogo e dallo stimolante confronto con Cini è iniziata la nostra collaborazione e successivamente abbiamo anche firmato insieme il progetto "Gatto". Mi ha colpito il suo modo di fare: una persona carismatica, piena di forza, energia ed entusiasmo che mi ha spinto a fare sempre di più. Spero di aver trasmesso altrettanto. Gillo Dorfles è stato un maestro, una persona di grandi valori con cui ho avuto un rapporto di assoluta semplicità. Mi ha chiesto di presentare una mostra dei miei progetti dimostrandosi davvero molto disponibile. Una volta mi telefonò e disse: "Scusi se la disturbo…”, mi spiazzò davvero. Negli incontri e in ogni circostanza ho sempre cercato di prendere le cose migliori, gli insegnamenti più validi e rielaborarli a mio modo e secondo il mio pensiero. Certamente possiamo essere influenzati da relazioni o rapporti ma ritengo comunque che la cosa più importante sia la capacità di andare oltre, di evolvere migliorandosi sempre.

Come nasce Ghost e cosa ha di diverso rispetto ad altri tavoli?

Ghost nasce da una lunga ricerca progettuale. Il tavolo appare molto più piccolo e leggero di quanto non sia realmente grazie a un gioco di sfumature, contrasti e trasparenze che influenzano la nostra percezione. L’effetto viene creato con una particolare finitura circolare del piano che ridefinisce i bordi e i confini. La parte più importante del tavolo diventa quella trasparente poiché rende l'assenza del tavolo stesso. Rispetto ad altri tavoli, Ghost si differenzia in quanto non è un progetto fine a sé stesso: raggiunge infatti il suo pieno compimento nel momento in cui si trova in relazione con l’ambiente contribuendo alla leggerezza visiva dello spazio che lo circonda.

La finitura del piano è realizzata attraverso un processo di stampa digitale ad altissima definizione che, grazie al trattamento di tempra, risulta incorporata nel vetro stesso creando un particolare effetto inalterabile nel tempo. Questa lavorazione, ambientalmente sostenibile, risponde all’attuale normativa in termini di qualità e di ciclo di vita. La base in metallo verniciato è completamente smontabile e facilmente trasportabile. Il tavolo è disponibile in varie finiture e colorazioni. Diametro 140 cm, 150 cm e 160 cm, altezza 73,5 cm.