C’è un fil rouge che accomuna i suoi lavori?
Uno, senza dubbi, è l’approccio progettuale. Il mio è sempre molto delicato, di cancellazione dell’io, di salvaguardia e recupero dell’identità autentica del preesistente naturale e antropizzato nel quale sono chiamato a intervenire.
Ci racconta la storia dell’antico baglio ristrutturato e riconvertito all’ospitalità, che pubblichiamo in queste pagine?
Si tratta di una masseria datata tra fine '700 e inizi '800, ubicata nel territorio marinaro di Noto, che allora era un deserto mentre oggi, densamente urbanizzato, è conosciuto come la zona lido della città. È curiosa, perché è stata costruita in prossimità del mare: trovarne una così è quasi impossibile storicamente, considerato il timore dei nostri avi verso le continue e devastanti incursioni saracene. Invece, con grande forza vitale e combattiva, in questo luogo produttivo, dentro una fortificazione chiusa all’esterno, con piccole finestre e altissime grate, si lavoravano le mandorle e si pigiava l’uva. La vita si svolgeva tutta all’interno del baglio: un cortile centrale con intorno fabbricati destinati alle attività agricole, quindi magazzini, depositi, opifici, un pozzo centrale, una bellissima cisterna e, al solito, la piccola residenza padronale a un piano elevato nobilitata da un intervento in stile liberty agli inizi del '900.