Il cinema Beltrade a NoLo a Milano è una sala "come quelle di una volta": la co-curatrice Paola Corti ci spiega come è nato e come viene curato per far tornare il grande schermo a scaldare cuori e cervelli

A Milano, zona NoLo, c'è un cinema che è nato per chi ama davvero il grande schermo: una sala "come quelle di una volta", dove la programmazione è pensata a prescindere dalle mode e dai blockbuster.

Un progetto controcorrente che però, con la concorrenza dei servizi di streaming e quella delle pellicole a forte spinta marketing, funziona. Qual è il suo segreto? Lo abbiamo chiesto a Paola Corti che, con Monica Naldi, è stata l'ideatrice ed è tuttora la co-curatrice della programmazione del Cinema Beltrade, trasformato da cinema di parrocchia a case study.

Cos’era il cinema prima del vostro arrivo?

Paola Corti: "Il Cinema Beltrade è stato sin dagli anni Quaranta un cinema parrocchiale, con alterne vicende. Per un breve periodo è stato anche sede della Cineteca Italiana.

La sua vicinanza a quella che un tempo era la 'via del cinema' (via Soperga) ha fatto sì che fosse usato per un periodo per le anteprime stampa.

Nel 2011 Andrea, uno dei volontari che si prendeva cura del Cinema Beltrade, insieme a Don Marco, un prete della parrocchia, chiamarono me e Monica per avere qualche consiglio: erano preoccupati delle sorti della sala e avevamo collaborato ad alcune rassegne organizzate proprio al Cinema Beltrade, a quel tempo affidato a un gruppo di volontari che proponeva un cineforum a settimana.

Consigliammo un bando per finanziare un rilancio e l'acquisto del proiettore DCP in vista del passaggio alla digitalizzazione completa della distribuzione e dei cinema. La presentazione del bando non andò a buon fine e nel 2012 quei volontari chiesero a noi di proporlo e, in caso di successo, di occuparci della programmazione e della gestione del cinema.

Vincemmo il bando e per tre-quattro anni dividemmo con la parrocchia oneri e onori, spese e utili".

Qual è stato il cambio di passo che ha portato il Cinema Beltrade a essere quello che è oggi?

Paola Corti: "Innanzi tutto sia io che Monica ci siamo dedicate anima e corpo al progetto, tenendo aperto il cinema praticamente da sole, mentre gli altri colleghi della nostra società (Barz and Hippo) seguivano le altre sale di cui siamo responsabili, a Rho e a Cologno Monzese. In quanto alla strategia della curatela abbiamo dapprima intensificato la programmazione senza stravolgerla e poi effettuato cambiamenti radicali.

Era la prima volta che potevamo gestire un cinema a Milano: un'occasione unica per immaginare qualcosa di nuovo, proiettare film che altrove era difficile proporre e farlo esclusivamente in versione originale. Volevamo creare un cinema 'come una volta', qualcosa di poco cittadino pur essendo in città, e così poco alla volta siamo arrivate alla multiprogrammazione: i titoli in programma che ruotano e diventano disponibili ogni volta a orari diversi".

Qual è stata la reazione del pubblico?

Paola Corti: "Gente del settore ci disse che avremmo chiuso in un battibaleno e che nessuno sarebbe venuto in quel cinema così fuori mano. Invece il Cinema Beltrade ha iniziato subito a crescere.

Esaurito il periodo del bando, ci accordammo con il parroco di allora per un contratto d'affitto d'azienda, che dura tuttora. La parrocchia è quindi proprietaria dei muri e non ha mai interferito con la nostra programmazione e il nostro lavoro".

Vi siete chieste qual è il segreto del successo del vostro modello?

Paola Corti: "La VOS (versione originata sottotitolata, nda) scontenta molte persone che non amano leggere i sottotitoli. Ma Milano è grande, e la 'minoranza' che la preferisce è ampia, in particolare tra i giovani che sono abituati a questa pratica.

La multiprogrammazione ci permette di proporre un'offerta molto ricca e di concedere lunga vita ai film. Gli orari a rotazione danno la possibilità di vedere ogni film in orari diversi, accontentando un po' tutte le esigenze.

Al mattino e al pomeriggio gli spettatori sono pochi (ma stanno crescendo), però proporre quegli spettacoli fa parte di un'idea di apertura come servizio, che sia la più prolungata possibile.

All'inizio il Cinema Beltrade ha attirato un pubblico stimolato dalla selezione di film che altrove non era possibile vedere: documentari, opere indipendenti magari presentate dai registi e dal cast. A poco a poco questo zoccolo duro è cresciuto e ha generato un passaparola.

Sono tante le cose che abbiamo fatto perché piacevano in primis a noi e che, evidentemente, hanno trovato persone pronte ad apprezzarle. Alcune retrospettive/maratone ci hanno fatti conoscere dai più giovani (come quelle dedicate a Xavier Dolan, Wes Anderson, Jim Jarmusch, Gaspar Noé)".

Al Cinema Beltrade si respira un'atmosfera diversa. Come l'avete progettata?

Paola Corti: "Abbiamo cercato di essere poco 'cittadine' nelle modalità di accoglienza, mantenendo un profilo basso che forse si addice più a una sala di paese.

Le persone arrivano e trovano un ambiente familiare, le trattiamo in modo molto diretto (nel bene e a volte anche nel male), parliamo con loro dei film ma non solo: gli abbiamo sempre raccontato cosa stavamo facendo e perché.

Dedichiamo molto tempo alla comunicazione sia orale sia su social, sito e newsletter.

E siamo molto poco formali, ci siamo sempre arrangiate con poco, proponendo da subito incontri via skype con i registi quando averli in sala era difficile o troppo costoso, senza usare onerosi interpreti professionisti eppure cavandocela sempre piuttosto bene. Il nostro è davvero un cinema 'come una volta'.

Fino a poco tempo fa non avevamo prevendita online né aria condizionata, ma abbiamo offerto la possibilità di prenotare via mail (rispondendo singolarmente a ognuna) e fornito ventagli e ventilatori per i giorni più caldi. Ma su certi aspetti non si transige, come appunto la VOS, la qualità della proiezione e dell'audio e il buio in sala fino alla fine dell'ultimo titolo.

Abbiamo cercato di creare uno spazio con una sua atmosfera, dove si sente che la cosa importante è la proiezione: uno spazio e un tempo ‘a parte’, un momento di sospensione tutto dedicato al film.

Proprio per intensificare questa percezione abbiamo tinteggiato i controsoffitti e ogni possibile elemento di rosso, e introdotto durante il lockdown un sipario anch’esso rosso che si apre e si chiude all’inizio di ogni film, sul quale proiettiamo animazioni che invitano al silenzio e a godersi il film. Abbiamo poi proposto la formula delle maratone diurne e notturne, continuato a organizzare serate con ospiti dal vivo o in videocollegamento, resistito alla proiezione di 'contenuti speciali' che non ci entusiasmavano".

Chi è il vostro pubblico?

Paola Corti: "Da noi vengono persone appassionate di cinema: questo ci ha permesso di resistere molto bene alle chiusure dovute al Covid e alle restrizioni successive. Anche durante i lockdown abbiamo sempre mantenuto in vari modi il contatto con gli spettatori, promettendo loro che avremmo riaperto appena ne avessimo avuto la possibilità.

E così abbiamo fatto, aprendo all’alba del primo giorno possibile con una maratona. Al primo spettacolo (alle 6 a.m.) era tutto pieno, e questo ha attirato anche l’attenzione dei media.

Richiediamo agli spettatori molta attenzione (devono districarsi tra gli orari a rotazione, seguire delle regole precise in fase di prenotazione...), ma cerchiamo anche di restituirne altrettanta, e di spiegare sempre perché facciamo una scelta. E li abbiamo coinvolti nelle nostre attività, specie nelle campagne di sensibilizzazione durante e dopo il lockdown.

Come nasce la programmazione del Cinema Beltrade?

Paola Corti: "La nostra proposta attualmente è molto ricca e varia (non esiste una vera ‘linea editoriale’), possiamo davvero fare quel che ci siamo proposte fin dall'inizio, cioè creare un equilibrio tra i film che sono più conosciuti e incassano maggiormente e opere meno note ma che secondo noi meritano di rimanere in sala per un po'. E cerchiamo sempre di avere i registi a raccontare cosa sta dietro il film, anziché critici che dicono la loro.

Alla fine, quel che conta sono i film; noi abbiamo potuto proporne molti indipendenti e, a poco a poco, abbiamo guadagnato una posizione che ci permette di averne in multiprogrammazione anche altri non indipendenti.

 

È stato il successo del quartiere NoLo a fare quello del Cinema Beltrade o viceversa?

Paola Corti: "Pensiamo di aver contribuito all'esplosione del quartiere e nostro malgrado alla sua gentrificazione. È chiaro che avere tanti ragazzi in giro per i locali della zona rappresenti un vantaggio anche per noi".

Qual è stato l’evento che vi ha fatto capire di avere imboccato la strada giusta e quali sono state le proiezioni di maggior successo?

Paola Corti: "All'inizio semplicemente ci siamo dette 'proviamo a mettere un film sconosciuto ma che a noi piace e vediamo cosa succede'. Era un documentario sui centri svizzeri di detenzione per immigrati irregolari, dal titolo Vol spécial.

Sono venute più o meno le stesse persone che avrebbero partecipato se avessimo proiettato il solito ‘filmone’ noto ma già spremuto dalle altre sale cittadine. È stato un buon risultato.

Poi abbiamo proposto una serie di film autodistribuiti o di piccoli distributori, che hanno avuto un buon riscontro, fra cui La leggenda di Kaspar Hauser, Arrugas Rughe, The Parade – Lasfilata, Alla ricerca di Vivian Maier, Holy Motors.

E abbiamo ricevuto molti regali, soprattutto da grafici e illustratori: lo studio di graphic design La Tigre ci ha rifatto l'identità; il gruppo collettivo di grafici e illustratori GSM ci ha regalato circa 50 manifesti con la frase "ci vediamo al Beltrade"; Domenico Demonte, dopo aver collaborato con noi per alcune proiezioni e rassegne, continua a regalarci di tanto in tanto grafiche molto belle per maratone varie.

Ricevere questi e altri regali ci ha fatto davvero sentire che stavamo facendo qualcosa di gradito".

Come sta cambiando lo spazio del cinema?

Paola Corti: "Pur essendo un cinema amatissimo, tra gli spettatori c’era chi lamentava qualche disagio: per esempio la disposizione delle poltroncine rendeva a volte difficile leggere i sottotitoli, o la mancanza dell’aria condizionata.

Ora abbiamo rialzato un po' lo schermo, così che la lettura dei sottotitoli sia più agevole. Abbiamo rifatto completamente l'impianto di areazione con una nuova macchina dell'aria e una pompa di calore, assicurando condizioni ottimali in tutte le stagioni, cercando di stare sempre molto attente a non raffreddare troppo: l'aria condizionata continua a non piacerci, sia perché consuma tanto sia perché molte persone la patiscono, quindi non ne abusiamo.

Durante l'estate abbiamo fatto altri lavori che hanno migliorato l'aspetto estetico della sala e l'acustica; abbiamo ristrutturato i bagni raddoppiandoli di numero e cambiato interamente il parco luci, sostituendo le lampadine con faretti led.

L'investimento complessivo è stato di oltre 200.000 euro, ma abbiamo potuto affrontarlo anche grazie alla parziale copertura offerta dal contributo del PNRR Next Generation EU".

A proposito di futuro: come vedi quello del cinema?

Paola Corti: "Le grandi piattaforme pongono dei problemi a livello mondiale, il sistema cinema ha sicuramente dei punti deboli e le strategie produttive e distributive possono in certi momenti generare un po' di apprensione.

Ma chi ama il cinema vuole ancora vederlo in sala. La sala è una cosa diversa. Il nostro è un mestiere diverso.

C'è molta differenza tra offrire centinaia di proposte a scelta – governate da un algoritmo – per una visione casalinga, e proporre un numero limitato di film appena usciti o ripescati con un criterio, da vedere in sala in condizioni ottimali, da soli e con altre persone, e con la possibilità di incontrare i registi e altri ospiti e approfondire sia i film sia i temi di cui trattano".