In occasione della presentazione in Europa del libro ‘Nika Zupanc. Breaking the rules’ la designer slovena racconta a INTERNI cos’è il design contemporaneo, genderless e accessibile a tutti

Dal 20 settembre la designer slovena Nika Zupanc è in libreria in tutta Europa (e dall'11 ottobre nel resto del mondo) con il suo primo libro: Nika Zupanc. Breaking the rules (Rizzoli New York). Una biografia che racconta la scalata, impegnativa ma illuminante, della giovane progettista che si fece notare dal grande pubblico (e dai professionisti del settore) già nel 2007, neolaureata, quando la sua Lolita Lamp venne prodotta industrialmente per Moooi.

Mostre, collezioni moda e limited edition per l’interior design hanno reso noto negli anni come la sua firma sia riconoscibile in una contemporaneità che parla di ironia, non-minimalismo e sfida agli stereotipi.

Zupanc, promotrice del design quotidiano come strumento di indagine e riflessione, ci ha raccontato cosa vuol dire oggi sovvertire le regole del settore, pur rimanendo fedele alle forme eleganti del passato, a cui ama ispirarsi.

Hanno definito il suo stile 'eleganza punk'. Ci si ritrova? Cosa significa secondo lei?

Non credo molto nello stile di per sé, credo invece in un metodo di lavoro che dà origine a una certa estetica o – in un certo senso – allo stile.

Se la definizione di 'eleganza punk' si traduce nella creazione di oggetti senza tempo ed eleganti che, oltre a rispondere a tutti i parametri del buon design, contengono qualcosa in più come un effetto sorpresa, la soluzione a un problema, danno la possibilità alle persone di riflettere o rompono le regole, allora mi identifico nella definizione 'eleganza punk'.

Nel 2022 siamo più avvezzi al controcorrente rispetto a qualche tempo fa. Cosa vuol dire sovvertire le regole - 'breaking the rules' - nel design, oggi?

Per me sin dal principio ha significato dare spazio a temi che erano quasi taboo nel design contemporaneo, temi che ho esplorato attraverso forme, colori, significati. Il tutto per dare loro una nuova accezione e liberarli da una certa immagine (negativa), quindi utilizzandoli in nuovi contesti.

Un esempio perfetto per rendere questo mio approccio credo sia la Lolita Lamp, presentata per Moooi nel 2008. L’ho progettata rosa, un colore che all’epoca non era affatto comune nel design. Anzi, sembrava una scelta rischiosa e azzardata, per questo il sottotitolo di quel catalogo era Who is afraid of pink?.

Pensare che nel 2017 il rosa è stato uno dei colori più usati alla Milano Design Week non può che rendermi orgogliosa di aver contribuito a questo cambiamento, liberando poi il rosa dal preconcetto di frivolezza.

Ma un oggetto che esplicita femminilità e frivolezza insieme, a primo impatto non risponde a uno stereotipo?

Come dicevo prima ho disegnato Lolita espressamente per affrontare il tema degli stereotipi, per superarne i confini, per aprire l’idea di design e dimostrare come alcuni preconcetti possano essere trasportati in un contesto più libero.

Secondo lei oggi esiste un design genderless?

Sono convinta che il design debba essere genderless. Ovviamente bisogna rivolgersi a diversi gruppi di persone, con diversi gusti e stili di vita quando si crea qualcosa. Siamo tutti in cerca della nostra identità e della nostra poetica.

Anche scegliendo le cose che ci circondando, in fin dei conti, creiamo la nostra identità e la comunichiamo agli altri, ma questo non ha nulla a che vedere con il genere. O comunque, non così tanto.

Quando ha capito di voler fare la designer? È stato difficile esordire come donna?

Credo di aver voluto diventare una designer fin dalla più tenera età. Non saprei dire il perché, ma ho sempre sentito di avere qualcosa da dire e che il modo migliore per far sentire la mia voce era il design. Chiaramente è stato molto difficile iniziare, essendo donna, ma su questo aspetto non ho mai voluto fare troppa leva.

In un certo senso ho quasi ignorato la questione e ho sempre creduto che i miei progetti fossero più forti e più grandi di me e delle mie origini, e che superassero queste difficoltà che ho incontrato agli inizi. E a dire il vero l’esperienza mi ha poi insegnato che volendo veramente dire qualcosa di nuovo il genere o le origini non contavano.

Si dice che una mente geniale non abbia mai modo di staccare veramente. Lei cosa fa quando vuole rilassarsi?

Riesco a disconnettermi totalmente quando posso sperimentare direttamente la sublime forza della natura in ogni sua forma. Traggo energia dal forte vento o dal mare mosso quando pratico windsurf, o semplicemente da un temporale nel mezzo di una foresta in estate.

In questo tipo di momenti sento il potere della natura e credo sia la forza più grande che esista, quella a cui arrendersi per staccare da tutto e connettersi invece alle cose che contano veramente.

Energia e ispirazione: arrivano insieme?

Traggo ispirazione dalla vita di tutti i giorni e dalle persone che incontro, dalle emozioni e dalle esperienze che condivido con loro.

L’energia, invece, credo che arrivi dall’eccitazione che nasce dal creare, oltre ai momenti trascorsi nella natura e praticando sport che sono quelli attraverso i quali mi rigenero sia fisicamente che mentalmente.

Lei parla di design del quotidiano, ma se un oggetto quotidiano diventa di design non c'è il rischio che perda il suo essere per tutti? La sua accessibilità?

Pensando alla Lolita Lamp, non ritengo che sia un oggetto 'esclusivo'. È una lampada concepita in realtà concepita per entrare nelle case di tutti. Credo sia un bell’esempio di un oggetto di tutti i giorni che ha allo stesso tempo una voce molto forte.

Penso risieda proprio qui la bellezza del design: nel fatto che ci possa aiutare a porci delle domande e a toccare temi importanti, proprio perchè può essere ovunque e perchè è democratico.

Qual è l'oggetto quotidiano che ancora non ha trattato ma che la intriga?

Sicuramente un’automobile. Mi piacerebbe molto avere la possibilità di lavorare sulla mobilità, credo sia uno dei mondi più interessanti su cui lavorare al giorno d’oggi.

Questo libro è un inno alla sua carriera, giovane ma così ricca. Cosa si aspetta dal futuro?

Mi piacerebbe esplorare diverse scale, lavorare sul concetto 'dal cucchiaio alla città' e disegnare una barca, un’auto e una casa. Sono convinta di poter dire molto con il mio design lavorando su questo tipo di dimensioni.