Luisa Lavagnini, Head of Research & Technological Innovation Eni, racconta come l'obiettivo dell'azienda sia ridurre i tempi dalla ricerca all’avvio delle nuove tecnologie

Luisa Lavagnini è Head of Research & Technological Innovation Eni. Sul suo tavolo atterrano quotidianamente report e conquiste che potrebbero, nel giro di qualche anno, rivoluzionare i nostri stili di vita, volgendoli davvero a una circolarità spinta. Con lei abbiamo parlato di riciclo completo della plastica, di energia dalle onde, di come il suo lavoro consista anche nel far sì che la ricerca più visionaria raggiunga un punto di caduta, il prima possibile, nel nostro quotidiano.

Riciclo chimico e sostenibilità: ci aiuta a capire meglio che cosa è il primo e a che cosa serve in un sistema che deve essere sempre più sostenibile?

Eni è impegnata nello sviluppo di tecnologie per il riciclo delle plastiche e delle gomme in ottica di economia circolare. In aggiunta e a complemento del riciclo meccanico, il riciclo chimico consente di recuperare anche quei rifiuti in plastica mista, come per esempio i cosiddetti imballaggi ‘multistrato’ utilizzati per la conservazione e ligiene degli alimenti, che oggi vengono inviati a termovalorizzazione e quindi portano ad emissione di CO2. Hoop®, il cerchio, simbolo per eccellenza della circolarità, è il nome del progetto per lo sviluppo di una nuova tecnologia sostenibile di riciclo chimico per trasformare plastiche miste in nuova materia prima per produrre nuovi polimeri identici a quelli originali e idonei per qualsiasi applicazione. Un processo virtuoso di riciclo della plastica teoricamente infinito, con lobiettivo di rendere la plastica completamente circolare e a impronta carbonica nulla.

Lei è capo della Ricerca & Sviluppo di Eni: sette centri di ricerca in Italia, mille persone che lavorano su progetti comuni, collaborazioni con settanta tra atenei e centri di ricerca. Come si attiva lo scouting dei nuovi modi di produrre energia? Come si fa selezione dei vari progetti in maniera che il time to market sia il più ridotto possibile e la ricerca abbia uno sbocco veloce nei nostri consumi e stili di vita?

Il nostro approccio consiste in primo luogo nel mettere a frutto le conoscenze e le tecnologie sviluppate nellambito delle nostre attività tradizionali per percorrere nuove strade. Si pensi ad esempio alle conoscenze che abbiamo del sottosuolo, dellambiente off-shore, dei processi chimici, alle molte tecnologie avanzate con le quali gestiamo le attività, alla nostra capacità di elaborare quantità massive di dati. Ecco, tutto questo lo utilizziamo per guardare oltre e disegnare nuovi percorsi che consentano lutilizzo sempre più esteso di fonti rinnovabili e la progressiva decarbonizzazione dei nostri processi produttivi. Poi stringiamo accordi di collaborazione con atenei italiani ed enti di ricerca internazionali per condividere le competenze in stimolanti contesti di sviluppo e crescita. Infine collaboriamo con start up o spin off universitari che, in modo agile, ci portano idee nuove da valorizzare. Facciamo un grosso lavoro di squadra e, dove possibile, parallelizziamo le attività. Vogliamo ridurre il time to value, ossia il tempo che intercorre tra il momento in cui iniziamo a lavorare su una tecnologia e quando questa porta valore.

Energia rinnovabile dalle onde, che sviluppi ci sono su questo fronte ancora poco conosciuto ma di grandi potenzialità?

Le onde sono una fonte rinnovabile carica di energia, prevedibile e uniformemente distribuita. ISWEC (Inertial Sea Wave Energy Converter), la cosiddetta Culla dellEnergia, ideata dal Politecnico di Torino, è stata sviluppata mettendo a frutto il know-how accumulato nelle attività offshore di Eni, l’agilità della ricerca svolta da Wave for Energy (uno spin off del PoliTo), le infrastrutture del MORE Lab del Politecnico stesso, il laboratorio di validazione allestito presso la piattaforma riconvertita PC80 e la potenza di calcolo del supercalcolatore Eni Green Data Center. Come funziona ISWEC? Un sistema giroscopico tenuto in rotazione allinterno di uno scafo (la cosiddetta ‘culla’), reagisce attivamente al moto ondoso per mantenere il sistema orizzontale. In questo modo si sollecita una dinamo che produce energia elettrica che può essere accumulata in batterie. Nelloffshore di Ravenna abbiamo installato il primo sistema ibrido al mondo, fotovoltaico in piattaforma e batterie nella culla ed è già in programma lapplicazione della tecnologia in Sardegna e in isole minori. Grazie allenorme capacità di calcolo del nostro Green Data Center e a modelli matematici che elaborano molteplici soluzioni progettuali, possiamo elaborare dati meteo-marini di tutte le aree costiere del globo e combinarli con quelli sul comportamento di ISWEC e sulla quantità di energia che ne deriva.

Qual è il progetto a cui sta lavorando che potrebbe nel breve o medio periodo dare più risultati e quale invece quello più visionario e raggiungibile in un tempo più lontano?

I progetti pronti per lapplicazione industriale non sono pochi, ma credo che il riciclo chimico, potenzialmente infinito, delle plastiche di cui abbiamo parlato prima sia tra quelli che presto vedremo applicati. Daltro canto, la nostra conoscenza delle rocce e del sottosuolo ci ha permesso di replicare, accelerandolo moltissimo, un fenomeno che avviene spontaneamente in natura ma con tempi geologici: la mineralizzazione della CO2, cioè la sua reazione con minerali che la fissano stabilmente. Si ottengono così materiali utilizzabili nellindustria dei cementi e si possono realizzare manufatti che contribuiranno a ridurre limpronta carbonica delledilizia. Infine, il progetto più ambizioso nel lungo termine è sicuramente la fusione a confinamento magnetico, parte della visione strategica di Eni per la trasformazione del mondo dellenergia. Numerosi sono gli enti di ricerca italiani e internazionali con i quali collaboriamo per raggiungere un grande obiettivo: la produzione dellenergia più pulita, sicura e abbondante cui si possa pensare, quella del sole.