Dell’universo, così come della nostra coscienza, conosciamo solo una minuscola frazione. E la prossima Esposizione Internazionale della Triennale, nel 2022, curata dall’astrofisica Ersilia Vaudo, ci farà scoprire ciò che ignoriamo di ignorare

Ersilia Vaudo Scarpetta è un’astrofisica italiana. Al momento è Chief Diversity Officer dell’Agenzia Spaziale Europea. È un’oratrice affascinante, TED talker, e riuscirebbe a far innamorare chiunque delle STEM (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica). Perché ha uno sguardo poetico che nasce dalla consapevolezza scientifica di vivere nel mistero, e lo comunica molto bene. Succede spesso con gli astrofisici e, più in generale, con gli scienziati.

In un momento di crisi che chiede pensieri rivoluzionari, Stefano Boeri ha deciso di affidare a Ersilia Vaudo la curatela di "Unknown Unknowns", la prossima Esposizione Internazionale della Triennale di Milano, la ventitreesima, in programma dal 15 luglio all'11 dicembre 2022. Una mostra che scaturisce da un panel internazionale di filosofi, scienziati e designer. Sotto l’auspicio della dichiarazione programmatica della scienziata: “Conosciamo solo un piccolo 5% dell’universo, del fondo degli oceani, della nostra coscienza e di molti altri ambiti. La 23a Esposizione Internazionale ci metterà a confronto con l’emozione del cercare, del sorprendersi, del sentirsi fragili davanti alla vastità di ciò che ci sfugge: questo simbolico 95% di mondi sconosciuti con cui ci misuriamo”.

I presupposti di "Unknown Unknowns" sono nati durante il primo lockdown. Quali tracce rimangono di quel momento di grande crisi umana nel progetto della prossima Esposizione Internazionale di Triennale Milano?

Il primo simposio propedeutico alla ventitreesima Triennale si è svolto il 4 marzo 2020, proprio nel primo giorno di chiusura al pubblico di Triennale. Partendo dalle istanze lanciate da "Broken Nature", abbiamo cercato di individuare un tema. Io ho parlato dell’Universo, ma ci sono stati interventi sugli oceani, sulla biologia, sulla medicina, sulla filosofia. Mi sono resa conto che c’era un ‘numero magico’ ricorrente. Conosciamo, appunto, solo un piccolo 5% dell’Universo, del fondo degli oceani, della nostra coscienza e di molti altri ambiti. Questa percentuale ci pone di fronte alla vastità del mistero. Così è nata la sfida: come fare un’esposizione su ciò che non conosciamo? Grazie a questo percorso è stata intrapresa la costruzione di una rete internazionale di enti e istituzioni che rappresenta un elemento centrale di "Unknown Unknowns". Triennale ha avviato un partenariato internazionale con Fondation Cartier pour l’art contemporain e con UN SDG Action Campaign, l’iniziativa delle Nazioni Unite che ispira e mobilita individui e organizzazioni in tutto il mondo ad agire per l’umanità.

Secondo lei perché è stata scelta un’astrofisica per curare "Unknown Unknowns"?

Il tempo che stiamo attraversando, con i suoi cambiamenti tecnologici, biologici e climatici, ci ha messo dinanzi a un mondo diverso. Non abbiamo scoperto un nuovo continente. Abbiamo scoperto che la realtà è fatta di misteri. Non è solo l’universo profondo, il fondo degli oceani o l’origine della nostra coscienza che conosciamo appena. Ma anche porzioni di mondo più vicine sembrano tornate a essere piene di mistero: i nostri corpi, le nostre città e le foreste attorno, le costellazioni e i pianeti. L’immensità di questo simbolico 95% di sconosciuto, davanti a cui restiamo muti, è ricca di mondi, è una promessa di emozioni e stupore. Ma è anche un richiamo inevitabile alla nostra inerente fragilità. Trovarci per la prima volta di fronte a qualcosa di inaspettato ci trasforma e cambia la nostra prospettiva sul mondo. Credevamo di vivere su un pianeta invincibile ed eterno. Oggi scopriamo che è sul punto di diventare inabitabile per molte delle specie che lo popolano da milioni di anni. Pensavamo di poter anticipare il futuro prossimo, e l’inaspettato ci ha travolto. Con la pandemia il perimetro dell’ignoto è tornato ad essere il 100%. Ricominciamo a interrogarci, a cercare, a imparare. Ci troviamo oggi a vivere per la prima volta l’esperienza mondiale, collettiva e simultanea, della nostra inesorabile vulnerabilità. Una grande opportunità per generare un nuovo sguardo e sviluppare nuove attitudini.

In un momento come questo ci si aspetta che una Triennale sia fatta soprattutto di domande. Secondo lei quali sono quelle più urgenti e sensate a cui il design può rispondere dialogando con la scienza?

Il design deve avere un ruolo di aggregazione, come già "Broken Nature" ha dimostrato. La base comune per il dialogo è il cambiamento di prospettiva. Il mondo dello spazio, da cui io vengo, incarna quest’attitudine. Ampliando la prospettiva, il conosciuto diventa altro. A cominciare dalla forma stessa dello spazio: i profili dei corpi celesti che brillano o si trasformano nel nulla sono l’opera instancabile di un’unica grande artefice, la più grande designer del cosmo, la gravità. È lei che definisce la geometria dell’universo. Un progetto allora emerge nello spaziotempo (spaziotempo in fisica è la struttura quadridimensionale dell’universo, ndr). Lo sconosciuto è una dimensione inesauribile – un margine tracciato su un bordo, una qualità strutturale, inerente alla natura stessa dell’universo e alle forze che lo modellano. L’ecologia, la scienza, l’architettura, l’arte e il design, assieme a tutta la cultura, sono chiamate a intervenire su quello che abbiamo considerato uno spazio di dominio antropocentrico. L’Esposizione includerà inoltre una serie di partecipazioni internazionali, per rappresentare quel dibattito che ruota attorno alle trasformazioni dell’ordine geopolitico così intrinsecamente legate ai cambiamenti climatici, economici e demografici del Pianeta. I movimenti dei popoli non sono solo incontri con lo sconosciuto, ma anche un laboratorio di produzione di un futuro geopolitico che non potrà più assomigliare al presente. La 23ª Esposizione Internazionale sarà una esplorazione tesa a condividere e non a possedere.

Qual è l’obiettivo principale di "Unknown Unknowns"? Cosa vorrebbe che le persone apprendessero da questa Triennale?

La 23ª Esposizione Internazionale vuole essere l’introduzione a tutto quello che, per secoli, abbiamo ignorato di ignorare. Vuole essere un invito ad assumere un nuovo atteggiamento rispetto allo sconosciuto. E vorremmo quindi porre un nuovo paradigma: non si tratta di dominare o annullare il mistero, ma di imparare a coabitare con esso. Per secoli di fronte allo sconosciuto abbiamo reagito con uno spirito di conquista che ha inaugurato un lungo ciclo di colonizzazione e di mortificazione di spazi, ambienti e culture. Confrontarsi con gli "Unknown Unknowns" è un’esperienza profonda, che offre la possibilità di rovesciare la nostra idea di mondo, consapevoli della fragilità che rappresentiamo e di cui facciamo parte.