Molta sperimentazione entusiasta per i materiali green. E nascono brand con vocazione industriale

Dalla ricerca all’industria: non sono in molti a farcela. I materiali bio based sono soprattutto sperimentazione di una relazione collaborativa con la natura e i suoi processi.

Costruire un’azienda intorno a un materiale nato così però non è facile. Pochi gli esempi statunitensi, pochissimi quelli europei.

Maurizio Montalti, co-founder di Mogu, nel 2019 ha lanciato sul mercato dei pannelli fonoassorbenti realizzati in un materiale prodotto con tecnologia mycelium based e fibre di scarto agricolo o industriale.

Lo avevamo intervistato per capire cosa significa creare un materiale partendo dall'osservazione del ciclo naturale. A distanza di tre anni può dirci se davvero un'industria bio based è possibile.

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Come sta andando Mogu?

Maurizio Montalti: “Le cose si stanno muovendo in maniera molto positiva, anche se ovviamente le sfide sono continue.

Il nostro è stato un lungo percorso partito da una ricerca in campo progettuale, nel 2015 abbiamo aperto l’azienda e siamo usciti sul mercato nel 2019.

La ricerca si è concentrata fin dall'inizio su scopi industriali e di prodotto per assicurarci di arrivare sul mercato con un’offerta incontestabilmente competitiva dal punto di vista della performance e delle aspettative degli end user.

Il mercato è affascinato dalla narrazione di Mogu, ma la realtà chiede un atteggiamento pragmatico in grado di rispondere alti standard di funzionalità, estetica e resistenza.

Oggi produciamo e vendiamo cinque collezioni di pannelli acustici, una di wall covering e due linee di prodotti destinati al settore delle pavimentazioni.

Abbiamo onorato l’obiettivo che ci siamo dati nel 2015 alla fondazione di Mogu e di questo siamo felici. Siamo cresciuti e Mogu oggi fa parte della technology holding SQIM, che unisce sia la divisione dei prodotti building, sia Ephea, che si occupa di materiali alternativi ai tradizionali tessuti o alla pelle, oggi con un focus principale su applicazioni nel settore moda”.

Il mercato è pronto per accogliere prodotti bio based?

Maurizio Montalti: “C’è un grande interesse, ma sappiamo bene che si tratta di un cambiamento epocale e la nostra specie non è incline ad abbracciare il nuovo.

Lo fa quando è costretta: è il momento di un deciso cambio di rotta, ma come tutti sappiamo c’è molta confusione quando si tenta di distinguere la narrazione dalla verità.

Le policy non sono chiare e c’è un tempo tecnico per l’intervento dei legislatori che noi non possiamo permetterci di attendere.

SQIM fa quello che dice, siamo certificati, lavoriamo costantemente su life cycle assessment che ci permettono di far coincidere narrazione e realtà. Ma dal punto di vista commerciale siamo una goccia in un mare infinito.

Abbiamo rapporti collaborativi con altre aziende che sviluppano tecnologie produttive da micelio, ma siamo paradossalmente anche in una relazione di concorrenza.

Alla fine, quello che conta davvero per il mercato è il prodotto: deve essere funzionale, esteticamente interessante e avere le perfomance tipiche della building industry: ignifugo, resistente, durevole e facile da montare e manutenere”.

SQIM è un’azienda economicamente sostenibile?

Maurizio Montalti: “Si potrebbe affermare che Mogu e Ephea hanno una doppia economia. Una è legata a un contesto di ricerca e l'altra è legata a un contesto commerciale.

L’enfasi che mettiamo sulla progettualità finanziata è ancora importante, perché ci consente di ampliare i contatti e promuovere lo sviluppo. Il contesto finanziario europeo presuppone questa soluzione ed è l'unica percorribile per ora, ma stiamo raccogliendo un finanziamento che permetterà di realizzare il demo industriale di Mogu e Ephea.

La difficoltà per noi in Europa e in particolare in Italia, rispetto al contesto americano, è grande. Non lavoriamo nel comfort in cui altri lavorano.

Ma concentrarsi sulle contraddizioni non aiuta. Siamo una realtà che grazie all' ingegno e alla creatività ottiene risultati avanzati. Pochissime aziende riescono a mettere a terra la sperimentazione sui materiali traducendola in prodotti pensati per il mercato”.

I progetti per il futuro?

Maurizio Montalti: “Ephea, il nuovo brand per la fashion industry, sta avendo risposte positive dal mercato e in tempi rapidi.

È nata dall'esperienza di Mogu, quindi noi abbiamo competenze molto più radicate e ci muoviamo con maggiore sicurezza nel mercato del lusso, che ha grande interesse per l’alternative leather nella produzione di capispalla, valigeria e borse.

Balenciaga ha già un cappotto in Ephea nella propria collezione. Siamo piccoli, ma cresceremo velocemente”.