Architetto di formazione, Peppo Bianchessi è considerato il più cinematografico dei disegnatori italiani. Infatti oltre ad aver illustrato l’ultimo libro di Luca Crovi ne ha anche fatto un video

"Lo ammetto: mi piace disegnare più gli sfondi che le persone". Esordisce così Peppo Bianchessi, tra i più grandi illustratori italiani contemporanei, un artista che, di volta in volta, si muove tra grafica, pittura, scultura (come quelle, molto poetiche, degli ImprobabiLibri), video e scrittura. Una dichiarazione che, da sola, parla del suo legame con l’architettura, lo spazio, la città e il rapporto dell’uomo con la natura, coltivato anche grazie ai viaggi e alla sua conoscenza (professionale e affettiva) del Giappone. Tutti aspetti che ritroviamo anche nelle illustrazioni de Il libro Segreto di Jules Verne (Solferino), scritto dallo sceneggiatore e giallista Luca Crovi.

Mia madre era architetto, e a lei devo l’essere cresciuto a pane e “Dada libri”, illustrati da Sonia Dalaunay e Bruno Munari, e il ricordo della nostra grande casa di quando ero bambino, voluta dalla mamma”, racconta a Interni in occasione della presentazione del libro. “Tante stanze, soffitti altissimi, grandi finestre, in pieno centro storico a Crema, stanze enormi che mi hanno dato un senso dello spazio molto particolare”.

Anch’io poi mi sono iscritto ad architettura, senza laurearmi però: dopo tre anni diviso tra l’Università e la pittura (avevo già fatto delle mostre), ho scelto un altro percorso”, spiega. Un percorso che negli anni porta Peppo Bianchessi a illustrare libri per Donato Carrisi, Roberto Piumini, Aidan Chambers, Melvin Burgess, Luca Crovi, Pierdomenico Baccalario, Anna Vivarelli, a essere selezionato (nel 2013) da Bologna Children’s Book Fair per la mostra degli illustratori, a realizzare i disegni per il video China Town di Caparezza, e a pubblicare La notte della balena (Rizzoli) commovente storia autobiografica.

De La notte della balena dice: “Questa storia me la portavo dentro dalla morte di mio padre ed è legata a una città che amo molto, Barcellona, e ai suoi tetti, visti da una terrazza durante una notte bellissima trascorsa insieme a un gruppo di amici, avrò avuto 15 anni. Il libro parla di mio padre ma anche della nostalgia per un momento speciale, in cui mi sono sentito profondamente in pace con il mondo e di come, quando cresci, cominci a guardare le cose con i tuoi occhi, non con quelli del tuo maestro”.

Al suo legame con l’architettura, Peppo Bianchessi deve anche il primo video fatto per l’Università, un lavoro sulla Tomba Brion di Carlo Scarpa, “architetto che ho sempre amato per la sua capacità di costruire più attraverso le ombre, la luce e i vuoti che attraverso la materia”, spiega, “insieme a concetti come il movimento, il percorso, il viaggio attraverso le cose».

Con il tempo Bianchessi si accorge di ragionare più da animatore che da illustratore tradizionale e che i suoi disegni sono i fermo-immagine di un’azione più complessa. “Come, ne “Il Vermo” (Rizzoli) storia scritta dal grande Aidan Chambers e illustrata da me in un formato inedito, una graphic novel che si snoda, fisicamente, per 15 metri, come un rotolo giapponese”.

Interesse per il movimento che fa pensare a un’altra sua passione dell’infanzia, quella per le macchine inutili di Rube Goldberg (quello di The better mouse trap di Tom & Jerry, per intenderci). “Ma tutti i libri sono macchine che raccontano storie, non a caso si parla di meccanica del racconto o meccanismo della storia, macchine che ci fanno viaggiare, andare lontano” continua l’artista.

E l’amore per il Giappone? “È nato più di 20 anni fa, quando ho provato a scrivere una storia per il Kamishibai (il tradizionale teatrino di carta) e mi sono innamorato della pittura e dell’arte giapponese. E di una donna, che ho sposato. Nel mio immaginario il Giappone doveva essere un mondo ordinato, razionale, geometrico. Invece Tokyo è un gran casino, il cielo un groviglio di cavi elettrici a cielo aperto, per le strade c’è molto traffico, le case sono piccoli spazi ammassati di oggetti”.

“Poi, all’improvviso, in mezzo a un quartiere, ecco un parco enorme e silenziosissimo, nel quale puoi perderti”. Per un amante della grafica come Peppo Bianchessi, il Giappone è “L’Impero dei segni”: linee e colori di una lingua che non si conoscono e si trovano replicati ovunque. “Quello che mi manca, girando per Tokyo”, dice “sono i punti di riferimento: tutte le case sembrano uguali e, allo stesso tempo, i quartieri cambiano in continuazione. Credo sia anche per questo che non ho mai pensato di trasferirmi là”.