Non c’è più una fine per oggetti e materiali, solo nuovi inizi. Un processo fortemente voluto dalle aziende, grazie a progetti di recupero e riciclo delle materie prime

Lucy van Lonkhuyzen è una set designer e forse passerà alla storia del cinema per la scenografia della serie Normal People, tratta dall’omonimo best seller di Sally Roone. Un lavoro magnifico anche grazie alle scenografie fatte di ambienti e oggetti normali quanto i due protagonisti. Normali e super usati: la signora van Lonkhuyzen dà il merito della buona riuscita del set a una ricerca ossessiva dei pezzi di arredo second hand.

La scenografa, senza saperlo, ha toccato un argomento davvero caldo per il design: il riuso. La vita eterna che gli oggetti belli e ben fatti possono avere. E il contributo che questo sorprendente “per sempre” dà alla quotidiana dose di benessere. Forse è un effetto di stratificazione che accompagna anche il riuso delle materie prime.

Dare una vita (quasi) eterna agli oggetti e ai materiali non solo è desiderabile per ovvie motivazione ambientali, ma è anche fattibile. Molti imbottiti sono pieni di fibre provenienti da Pet riciclato, i tessuti d’arredo sono sempre più frutto di upcycling. Con il legno delle discariche si fanno da sempre i pannelli multistrato. Si ottengono smalti dal riciclo degli schermi dei monitor (B&B Italia), collezioni di tableware dalla silice recuperata dai microchip (Studio Plastique). E per quanto sia complicato e costoso, perlomeno in questa fase conoscitiva, l’industria sta facendo la cosa giusta. Sperimenta, investe, agisce. 

Anna Nardi, ceo di Nardi, spiega: “Questi progetti non generano fatturato a breve ma gettano le basi per un futuro più pulito, pensiamo che anche le aziende abbiano una responsabilità sociale e un ruolo importante da giocare”. Nardi si riferisce a Regeneration, un progetto che impegna l’azienda veneta nel ritiro di arredi di plastica a fine vita per trasformarli in nuova materia prima. Una logistica complessa che presto diventerà internazionale e che al momento dà vita alle due serie Sipario e Komodo. I prodotti sono passati all’esame LCA (Life Cycle Assessment) e l’ulteriore analisi richiesta per la comparazione tra la versione del prodotto con polipropilene vergine e la versione con materiale riciclato ha evidenziato una diminuzione dei parametri di impatto ambientale. Certificazioni e analisi servono a dare un senso concreto agli sforzi delle aziende e indirizzano l’evoluzione dei prodotti in modo razionale. Un’attitudine utile per parlare con lungimiranza di circular design. 

La plastica è considerata, in modo un po’ grossolano, la fonte di ogni problema ambientale. Un pensiero che angustia Domenico Guzzini: “Noi produciamo oggetti per la casa in materiali acrilici da 100 anni e abbiamo sempre speso energie e risorse nella ricerca.  Oggi, consapevoli delle nostre responsabilità, stiamo lavorando con nuovi materiali plastici, da noi brevettati, 100% riciclati e dalle migliorate performance funzionali per dare vita a un’economia circolare che si basi sul riuso, sul riciclo e non sul rifiuto. Diminuire i rifiuti significa dare nuova vita agli oggetti”. Circle è il programma di riciclo di materie post-consumo, nel quale rientra la collezione per Coop e la serie Tierra di Pio e Tito Toso. Il 30% dei prodotti Fratelli Guzzini è al momento prodotto con materiale rigenerato.

Ora quello che manca è l’azione convinta dei singoli, che devono cambiare abitudini e mentalità. E se c’è una cosa difficile è proprio questa. Un progetto di social design che richiede delle azioni di endorsement da parte dei mega brand.

Ikea ritira i mobili che non servono più già da qualche anno. E uno dei negozi milanesi – quello di San Giuliano – ha aperto un workshop di produzione circolare a cui può accedere anche il pubblico. 

Un altro stratagemma vincente è la diffusione di dati, il ricorso alla factfulness. I cittadini europei comprano una media di sette jeans all’anno, due dei quali non saranno mai indossati e finiranno nelle discariche. Impressionante. Ikea ha da poco presentato Fortskrida: “Il 45% è costituito da bottiglie in pet e il 55% da denim. La plastica riciclata serve per rinforzare le fibre di cotone: se non ci fosse, il tessuto non sarebbe in grado di resistere all’usura quotidiana” spiega Luca Clerici, new business manager di Ikea Italia

 

In apertura e sotto, installazione Regeneration realizzata con il sistema Komodo, design Raffaello Galiotto per Nardi, in plastica proveniente dal riciclo di prodotti d’arredamento outdoor a fine vita, in occasione della mostra-evento Interni Human Spaces 2019. Come Sipario (leggi qui), fa parte dei prodotti del progetto Regeneration dell'azienda. Ph. Andrea Martiradonna.