Sono alle prese con scelte d’emergenza, come la messa in sicurezza dei lavoratori. Ma la ripresa post-Covid costringe le imprese del design italiano anche a ripensamenti sulle filiere produttive e sull’aggiornamento dei sistemi di comunicazione e di distribuzione

Il post “Fase 1” dell'emergenza epidemiologica segna perdite intorno al 25% del fatturato per le aziende dell'arredo italiano e segnali di ripresa a rilento. Non prima di luglio si potrà capire come evolverà la seconda parte dell'anno e, se ci sarà, che tipo di ripresa. La delicata e lenta fase di riorganizzazione del lavoro pone gli imprenditori del mobile di fronte a scelte d'emergenza, come la messa in sicurezza dei propri lavoratori. Ma allo stesso tempo costringe a ripensare le filiere produttive e i sistemi della comunicazione e della distribuzione. Perché niente sarà più come prima, almeno a medio termine.

Domanda interna e il “reshoring”

Daniele Franco, Direttore generale della Banca d'Italia, ha sottolineato (durante il convegno “L'Italia Genera Futuro”, organizzato dal Corriere della Sera, lo scorso 11 maggio) che non assistere con finanziamenti a fondo perduto le aziende del Made in Italy significa perdere il motore reale della ripresa del Paese. Ma anche che sono necessari maggiori investimenti pubblici e privati sulla ricerca, le infrastrutture e l'innovazione in settori come l'industria 4.0 e l'economia sostenibile. Per tentare di recuperare quel ritardo che vede l'Italia ancora al palo nella spesa per investimenti rispetto alla crescita media del 35% negli ultimi 20 anni da parte principali paesi europei. Franco sostiene inoltre che l'Area Euro nei prossimi mesi dovrà necessariamente far leva sulla domanda interna e gestire il “reshoring” – il rientro delle aziende delocalizzate. L'Italia potrebbe intercettare una nuova richiesta di manifattura, se il sistema-paese si rende attrattivo per gli investitori esteri. Ed evadere il “sourcing”, quel reperimento di materie e beni a livello più locale, con un impatto positivo sulla produzione.

Le aziende del design: tra produzioni “in house” e filiere esterne

Tornando al settore del mobile, questo momento di crisi pone rischi e vantaggi sia per quelle aziende che realizzano “in house” l'intero catalogo dei prodotti, sia per coloro che si appoggiano a una filiera di fornitori esterni. Capiamo perché.

L’importanza di lavorare con fornitori abituati a gestire situazioni ad alta variabilità

Il gruppo Boffi De Padova presenta una produzione in larga parte interna per il marchio Boffi, mentre è totalmente terziarizzata, sia pur a un network di aziende brianzole, per il brand De Padova. “Quest'ultima ha una struttura molto snella”, precisa Roberto Gavazzi, CEO del gruppo, “capace di flessibilità e di assorbire contrazioni di ordini. Ha pochi costi fissi che sono invece distribuiti sulla rete di fornitori i quali sono realtà piccole e snelle, abituate a gestire situazioni di alta variabilità – pensiamo alle commesse discontinue del settore contract – a condizione, però, di un rallentamento degli ordini non troppo accentuato.

Il rapporto tra contrazioni e costi fissi

Boffi, essendo legata al mercato dell'edilizia, ha subito una minor contrazione della produzione. D'altro canto ha più costi fissi legati non solo al personale, per il quale si può accedere agli ammortizzatori sociali, ma soprattutto alla struttura operativa gestionale e al sostegno dei negozi di proprietà per la carenza di liquidità che si viene a creare in questo periodo di chiusura e minor traffico di clienti. È stato quindi fatto un lavoro di riduzione dei costi per contenere la perdita di marginalità dovuta all’inevitabile calo dei volumi di vendita di quest’anno.

Distribuzione capillare e personale qualificato

Se a monte ci sono i produttori, a valle ci sono i retailer che possono costituire un punto di forza o di debolezza. “La riapertura”, continua Gavazzi, “non è certa per quelli che non hanno potuto far fronte alle spese. Chi ha una solida rete di vendita, o la propria, potrà andare oltre la crisi con armi migliori. Sopravviverà chi sarà ben distribuito a livello capillare e chi sarà vicino al cliente con un personale qualificato. Nei prossimi mesi assisteremo a un retail più omnicanale. È probabile che anche gli spazi del vendere saranno rivisti in favore di esperienze che mixano la presenza fisica alla comunicazione in remoto. Il retail che si sposta sul digitale imporrà che i prodotti siano più comprensibili attraverso questi strumenti. Per i sistemi cucina, bagno e armadi cercheremo di lavorare per facilitare il lavoro a distanza con una risposta veloce alla varietà di soluzioni che i clienti si aspettano. Nel retail, così come nell'internazionalizzazione e la digitalizzazione, ce la faranno coloro che hanno lavorato d'anticipo”.

Proteggere la filiera che garantisce l’unicità delle collezioni

Se per i marchi della holding ItalianCreationGroup (Driade, FontanaArte, Valcucine, Toscoquattro) il 2020 era iniziato con la raccolta di ordini importanti, dalla fine di febbraio, a causa dell’emergenza Covid-19, il gruppo ha registrato una contrazione tra il 25% e il 30% del fatturato globale. “Il retail”, spiega l'AD Giuseppe Di Nuccio, “è sicuramente il canale che ha subito maggiormente il lockdown, mentre il contract solo parziali rallentamenti. Tra i rischi maggiori c'è il compromettere la filiera produttiva che si è costituita negli ultimi cento anni su un know-how unico e prezioso. I prodotti di Driade [che si appoggia per la produzione a una rete esterna, ndr.] richiedono capacità differenti per via dei numerosi dettagli che li caratterizzano. E la varietà di catalogo coinvolge diversi circuiti produttivi. Dobbiamo proteggere la filiera che garantisce l’unicità delle nostre collezioni, supportando artigiani e piccoli fornitori. La situazione economica conseguente all’emergenza sanitaria potrebbe mettere a rischio questo patrimonio, danneggiando sia una partnership costruita attraverso lustri di collaborazione quotidiana, sia le competenze uniche di questi fornitori. A quel punto dovremmo dialogare con un network diverso, che non è detto si trovi, sicuramente non nel breve termine”.

Il contract: tra grandi e piccoli progetti

Della stessa opinione anche Carola Bestetti, head of marketing & communication di Living Divani, storica azienda del made in Italy che realizza gli imbottiti, dalla prototipazione al taglio e cucito, fino all'assemblaggio del prodotto, nello stabilimento di Anzano del Parco (Como), mentre la restante parte del catalogo è prodotta da fornitori esterni, quasi tutti in Lombardia. “La filiera produttiva, spesso di dimensioni piccole, ha subito e sta subendo i contraccolpi maggiori. È dunque di vitale importanza preservarla, rispettando scadenze e contribuendo alla ripresa. Living Divani si avvale di collaborazioni con aziende solide, pertanto la strategia produttiva non varierà nei prossimi mesi ma certamente, per ragioni di sicurezza, ci sarà una dilatazione dei tempi di produzione, sia per quanto riguarda le lavorazioni interne all'azienda, sia per quelle affidate ai fornitori. Abbiamo però un portafoglio ordini che ci tranquillizza. Il contract, soprattutto le piccole forniture per l'hospitality, tenderà per sua natura ad andare avanti, poiché si tratta di investimenti fatti che devono essere chiusi. Solo i grandi progetti hanno subito un rallentamento in fase preliminare e alcuni sono stati rimandati. Bisognerà capire cosa succederà da luglio e come tutto il mondo si riprenderà. Presumibilmente, il canale retail sarà il più in difficoltà. Stiamo quindi studiando come sostenere la nostra distribuzione mettendo a punto degli strumenti per raccontare il prodotto al consumatore finale in maniera coinvolgente e totalizzante, nonostante non sia fisicamente presente”.

L’impatto della quarantena sulla percezione della casa

Questi mesi di reclusione ci hanno portato a vivere con più consapevolezza gli ambienti della casa e a concentrarci sulla qualità dei prodotti intorno a noi. “Il tempo vissuto nelle nostre case”, continua Di Nuccio, “ci ha stimolato a migliorare il nostro ambiente, scoprendo angoli nascosti’ delle abitazioni e il desiderio di renderle più accoglienti e confortevoli. La quarantena ci ha fatto scoprire la nostra esigenza di essere animali sociali e di condividere momenti che davamo per scontati. Come azienda abbiamo compreso meglio l'importanza del digitale sia come mercato online, che in questo periodo è cresciuto, sia come racconto del prodotto, per il quale si hanno pochi secondi di attenzione. Il modo di comunicare diventa di cruciale importanza. Abbiamo lavorato e lavoreremo sulla piattaforma dei siti del gruppo per renderla innovativa e fruibile e ci siamo concentrati sul lancio dei nuovi prodotti in streaming. Credo che questa modalità rimarrà anche in futuro rendendoci presenti sul mercato con vitalità e a fianco dei nostri clienti”.

Se anche ci sarà un cambio di stile di vita da parte dei consumatori, “questo si declinerà nella ricerca di un valore reale, del lato umano di chi sta dietro all'azienda e al prodotto, per instaurare un rapporto più profondo e vero, al di là della notorietà del brand, ma fondato sulla qualità e la bellezza che sono intrinseche nel Made in Italy”, conclude Bestetti.