Ci sono due temi fragili nel lavoro remoto. Il tempo e lo spazio, categorie alle quali l’umano si riferisce per non perdere la bussola fra lavoro e vita privata. “Ho uno spazio fisico per il lavoro, in casa. Entro ed esco da una stanza come se andassi in ufficio. È uno switch fondamentale”, spiega Lucchesi. Il tempo si scandisce in modo personale, facendosi carico del proprio benessere e dandogli un valore preciso, sia privato che professionale. “Ci diamo dei limiti per le riunioni, oltre a registrarle. Abbiamo tre possibilità per risolvere un tema senza parlarci direttamente, altrimenti facciamo in modo di organizzare una call in diretta. Non ci dilunghiamo in infinite conversazioni asincrone, è poco funzionale e snervante”. Terminato l’orario di lavoro, si torna ad abitare la vita vera, senza sfondi finti e fuori dal flusso di informazioni. È un ritorno al sé fisico, a una dimensione diversa. Ma c’è chi è pronto e ha le mappe per andare e venire fra i mondi e vivere già “on life”, per dirla con Luciano Floridi.