Questa idea di energia intesa non come riserva da bruciare ma risorsa da gestire è propria anche dello zen, il cui insegnamento passa spesso attraverso i koan, brevi aneddoti contenenti un paradosso che ha lo scopo di risvegliare la consapevolezza nel discepolo. Ora, un singolo oggetto di design non può certo cambiare il mondo; può, però, come un koan, contenere in sé l’idea compiuta di un mondo diverso. Fotogramma materiale di una visione altra delle cose, l’oggetto-koan raccoglie in sé buio e luce, gravità e libertà, inerzia e apertura.
Si possono considerare oggetti-koan in tal senso i pezzi di Ferréol Babin, momenti di un personale percorso fatto di agili sinergie tra segno e rispetto, accelerazione e attesa, in cui l’astratta bellezza delle nuvole digitali convive intimamente con l’opacità ancestrale delle forze telluriche. Roccia e poesia, rispetto tecnologico e umanistico per il materiale, saggezza artigiana e possibilità dell’industria, convergono nella concreta limpidezza del design di Babin dando origine a oggetti calmi, vibranti, eterni e transeunti. Nunzi dell’alba/tramonto su un mondo nuovo/antico.