Una nuova generazione di donne designer sta conquistando il palcoscenico del progetto contemporaneo. Sono giovani, italiane, agguerrite, dotate di una propria originale cifra espressiva, non omologata alle classiche regole del cosiddetto buon design

Parlare di design al femminile non è facile: conserva ancora il sapore della rivendicazione, quasi che le donne designer continuino a essere una categoria a parte da celebrare o demonizzare. Si organizzano mostre come “W. Women in Italian Design”, coraggiosa esposizione al Triennale Design Museum di Milano, voluta e curata da Silvana Annichiarico nel 2016. Non ricordo esposizioni dedicate al design maschile, eccetto quelle monografiche, il che induce a pensare che i progetti firmati dalle donne esulino dalla norma, meritando iniziative dedicate che, al contrario di quelle maschili, facciano notizia non per le loro qualità intrinseche, ma per il genere.

Chiamare a raccolta, come ha fatto Evelina Bazzo nel 2017 con il suo progetto da regista “Tracing Identity” per De Castelli, sette giovani donne internazionali, dotate di un proprio originale segno espressivo (Alessandra Baldereschi, Nathalie Dewez, Constance Guisset, Francesca Lanzavecchia, Donata Paruccini, Elena Salmistraro e Nika Zupanc), appare ancora una provocazione. È quanto è infatti emerso dal dibattito che ha seguito la presentazione del catalogo, firmato da sette critiche di design, durante il quale non sono mancate da parte maschile le solite stereotipe polemiche. Forse più crude del solito, perché nell’attuale momento storico il progetto della nuova generazione femminile si rivela alternativo, originale e coraggioso, a fronte di uno maschile prudente e standardizzato. Lo confermano l’allestimento “Welcome!” di Chiara Andreatti per Fendi, a cura di Maria Cristina Didero, all’ultima edizione di Design Miami e la grande mostra “Actio!” dedicata a Constance Guisset dal Musée des Arts Décoratifs di Parigi, curata dal direttore dell’istituzione Olivier Gabet e scenograficamente allestita dalla stessa Constance. Il 2017 si è chiuso dunque a Miami con un’importante e mediatica installazione firmata da una donna e il 2018 si è inaugurato nella capitale francese con una mostra, su ben due piani, dedicata a una giovane designer.

Le giovani donne designer che per affermarsi devono lavorare di più, evitando passi falsi, perché a loro niente vien perdonato, sono agguerrite e determinate e sanno interpretare con maggior aderenza gli umori epocali, riuscendo, nonostante il mercato sia saturo, ancora a sorprendere. (Constance Guisset)"

I segnali di riscossa non mancano. Le giovani progettiste moltiplicano gli incarichi e le produzioni. Il mercato le premia, ma la critica del design resta sospettosa. Serpeggia, sotto traccia, la convinzione che le donne abbiano successo perché i loro progetti sono decorativi e romantici, come la tendenza richiede, ma che il design puro e duro sia altra cosa e che debba fronteggiare il mercato opponendosi alle sue temporanee manie, con il rigore e la pulizia formale, suoi attributi imprescindibili. Ma le giovani donne designer che, sostiene Constance Guisset, “per affermarsi devono lavorare di più, evitando passi falsi, perché a loro niente vien perdonato”, sono agguerrite e determinate e sanno interpretare con maggior aderenza gli umori epocali, riuscendo, nonostante il mercato sia saturo, ancora a sorprendere.

Ve ne presentiamo alcune, dotate di una propria originale cifra espressiva, che hanno all’attivo numerose collaborazioni con aziende di arredi, di complementi e di oggettistica e che non temono di esprimere una loro personale poetica, non omologata alle regole del così detto “buon design”.

Elena Salmistraro

Product designer e artista, vive e lavora a Milano. Dopo la laurea al Politecnico di Milano, nel 2009 fonda il proprio studio. Collabora con varie
aziende, quali Alessi, Bosa, Seletti, De Castelli, Bitossi Home, NasonMoretti, Stone Italiana; con le gallerie d’arte milanesi Dilmos, Rossana Orlandi, Camp Design Gallery e Secondome a Roma. Partecipa nel 2016 alla mostra “W. Women in Italian Design” del Triennale Design Museum. Nel 2017 vince il Salone del mobile Award come migliore designer esordiente. In occasione di “White in the city” promosso da Oikos e curato da Giulio Cappellini, realizza con Alessi l’installazione “L’esercito di spazzole”.

“Cerco di donare quanto più possibile della mia personalità agli oggetti che disegno”, afferma Elena. “Credo che dalle relazioni, dagli incroci,
dagli scambi, dalle sovrapposizioni nasca sempre qualcosa di nuovo. Per questo nei miei progetti è evidente la stratificazione delle mie conoscenze e delle mie passioni. Moda, design, grafica, illustrazione, cinema si fondono per plasmare nuovi alfabeti”. Elena non teme il figurativismo, anzi lo sublima regalando alle sue creazioni finiture e dettagli preziosi, quasi che, nel definire e trasfigurare le sembianze, voglia dare agli oggetti un afflato di vita. Le sue sagome non sono copie dal vero, non possiedono la perfezione classica, ma sono la personificazione delle sue fantasie. Appartengono a una categoria fantastica di nuovo genere, dotata di una spontaneità capace di renderla quotidiana.

Chiara Andreatti

Nata a Castelfranco Veneto, laureata allo IED di Milano in design industriale, master alla Domus Academy di Milano, ha collaborato con studi di designer, quali Raffaella Mangiarotti, Renato Montagner e Lissoni Associati, seguendo parallelamente progetti indipendenti. Attualmente lavora per aziende industriali, tra le quali Glass Italia, cc-tapis, Fendi, Mingardo Designer Faber. Dal 2017 è art director di BottegaNove, Texturae e Karpeta.

Ritiene di avere ereditato la sensibilità estetica dalla madre che da giovane disegnava e faceva produrre da artigiani, per suo uso personale, ceramiche e vetri. Sulla sua formazione hanno influito le opere delle artiste/designer del Bauhaus, come Anni Albers, per la loro sensibilità nel tessile e nel bijou. È affascinata dai lavori di Louise Bourgeois che testimoniano lo stretto legame con la memoria. Predilige le materie naturali che provengono dalla terra e confida nell’abilità del fare artigiano, sia tradizionale, sia rivisitato in chiave contemporanea, cercando di unire, quando è possibile, il processo industriale a quello manuale. Considera le eventuali imperfezioni di quest’ultimo un arricchimento del progetto. I suoi lavori palesano riferimenti alle culture primitive e alla tradizione, alleggeriti da un segno elegante e lieve che li proietta in una contemporaneità tratteggiata da sfumature poetiche.

Francesca Lanzavecchia

Nasce a Pavia e si laurea in disegno industriale al Politecnico di Milano. Consegue nel 2008 un Master alla Design Academy di Eindhoven,
nei Paesi Bassi, dove conosce Hunn Wai con cui collabora sin dal 2009. In questo anno fonda lo studio Lanzavecchia+Wai, con base a Pavia e Singapore, vince il premio Time to design - New talent award conferito dal Ministero danese per la cultura. Lavora a progetti di ricerca,
nel design dell’arredo, spaziando dal prodotto alle installazioni. Impegnata nella creazione artistica, collabora anche con varie aziende industriali.

Il progetto rappresenta per Francesca un pensiero che diventa oggetto prendendo progressivamente forma attraverso la ricerca, le esperienze, i viaggi, le letture, gli incontri con i clienti, le pause di riflessione. Cerca di dare un’anima emotiva anche a creazioni molto razionali. La fisicità degli oggetti e delle installazioni è il suo linguaggio, non verbale, ma visivo e sensoriale. Dagli allestimenti di una mostra o di una vetrina, alla ricerca sulla demenza senile, fino al mobile e ai complementi d’arredo, il suo progetto nasce sempre da una ricerca rigorosa e da forti emozioni, che non si esauriscono nella definizione di un’estetica. Sintetizza il suo approccio in “studio+intuito+emozione”, una formula che fissa gli ingredienti del “suo razionalismo romantico”.

Federica Biasi

Classe 1989, dopo il diploma all’Istituto Europeo di Design ha collaborato con vari studi a Milano, quindi si è trasferita in Olanda per prendere confidenza con il design nordico. Attualmente è art director di Mingardo e consulente di Fratelli Guzzini. In occasione del Salone del mobile 2017
ha ottenuto il premio Young&Design. Tra le sue collaborazioni, quella con CC Tapis. È stata selezionata come talento emergente da Maison&Objet nel 2018.

Giovane e determinata, Federica non ha l’ambizione di cambiare il mondo, come auspicavano i designer alla fine degli anni ‘50, ma di creare emozioni disegnando oggetti quotidiani, convinta che le persone abbiano bisogno di stabilire relazioni amichevoli con le cose che utilizzano. Il suo obiettivo è progettare oggetti duraturi e ritiene che oggi questa sia la missione del design. Il culto dell’imperfezione e il ritorno alla manifattura artigiana, che rischiano d’apparire nostalgici, rivelano, secondo Federica, il bisogno di aver cura degli oggetti che ci circondano e, parallelamente, l’esigenza di affrancarsi dalle rapide obsolescenze programmate dal mercato. Per questo è convinta che il buon design “possa far bene al cuore”. Le sue forme concise sanno essere poetiche, pur nella linearità delle loro sagome.

Serena Confalonieri

Dopo il master in Interior design al Politecnico di Milano, ha collaborato con numerosi studi di design a Milano, Barcellona e Berlino. Attualmente lavora a Milano come interior, graphic e textile designer. È stata, sino al 2012, assistente nel corso di Interior design al Politecnico di Milano. Ha ricevuto la menzione d’onore Young&Design Award nel 2014 e nel 2016 la menzione speciale al German Design Award. Dall’ottobre 2015 sino al marzo 2016 ha lavorato a progetti di ricerca nell’ambito tessile per aziende di New York. È stata selezionata per partecipare alla Mexico Design Week. Tra i suoi clienti Porro, Nodus, cc-tapis, Wall&Deco, Arzberg, Sambonet, Karpeta, Ex Novo.

Cerca di stabilire una relazione immediata e istintiva con chi guarda, tocca e usa gli oggetti che ha disegnato. Desidera che il suo design metta di buon umore l’utente. “Vorrei”, dichiara, “che si generasse una simpatia reciproca e un’affinità elettiva tra persone e oggetti e che i miei progetti diventassero cose alle quali affezionarsi, al di là della loro estetica e funzionalità”. Predilige i motivi rigati; usa il colore con disinvoltura; replica con insistenza grafie minute; ruba artifici alla moda, come le frange, utilizzate per decorare i suoi vasi policromi. Reinterpreta pittoricamente le classiche decorazioni ceramiche e combina con disinvoltura il metallo con la maiolica; plissetta il rame per accentuare le sue calde luminosità e usa i metalli per creare bordi sinuosi che fungono da sostegno e impugnatura ai suoi vassoi, trasformando l’elemento funzionale in inedita decorazione; moltiplica i bracci dei candelieri che sbocciano come gemme primaverili dal gambo centrale. Riesce a essere decorativa, in modo molto personale, senza ispirarsi alla tradizione.

Cristina Celestino

Nasce a Pordenone nel 1980. Dopo la laurea allo IUAV di Venezia, nel 2005 inizia a collaborare con noti studi di progettazione, dedicando la sua attenzione al design e all’architettura d’interni. Si trasferisce a Milano nel 2009 dove fonda il marchio di produzione Attico Design. Nel 2012 viene selezionata per partecipare al Salone Satellite. Nel 2016 riceve il “Salone del Mobile Award”. Nello stesso anno disegna la collezione Happy Room per Fendi, presentata a Design Miami. Nel 2017 riceve il premio Edida (Elle Decor International Award) per la collezione Plumage di BottegaNove. Collabora con varie aziende di materiali e arredi.

Appare sulla scena del design con un segno molto riconoscibile, dove la sensibilità architettonica s’intreccia con l’innovazione formale, temperata da uno spiccato senso estetico coltivato con il collezionismo d’epoca. Si adopera per fornire visioni emozionali ed evocative, rileggendo in chiave inedita i materiale tradizionali, innovando le tipologie, usando coloriture coraggiose e impreviste e utilizzando con fantasia effetti rubati al mondo della moda. Le sue creazioni raccontano una storia di passione per il design della tradizione, attualizzato da uno sguardo proiettato verso il futuro, addolcito da accenti decorativi. È stata una delle prime ad avere introdotto nel mondo del design dell’arredo una nuova libertà stilistica, basata su un approccio definibile femminile, non per il genere, ma per una sensibilità connotata da un ampio spettro di sfumature, spesso trascurate dal progetto maschile