Tre storie, tre ricerche di inclusività contemporanea: nuove formule che comunicano attraverso forma e materia una nuova idea del corpo

"Penso che stiamo assistendo alla radicale fine di ogni canone, alla scoperta della molteplicità indefinita dei corpi, della loro diversità incessante nel mondo…".

Se adesso è quasi scontato poter affermare parole come queste, quando il filosofo Jean-Luc Nancy pubblicava all'inizio degli anni Novanta il proprio pensiero d'avanguardia, eravamo ancora all'alba di riflessioni che avrebbero portato a un modo nuovo intendere il nostro corpo e il nostro rapporto con la fisicità.

Trent'anni dopo quelle parole, anche il design ha fatto strada, e il corpo è diventato s-oggetto di sperimentazione per nuove formule che comunicano attraverso forma e materia una nuova idea del corpo oltre i canoni di cui scriveva Nancy. In questa trasformazione, anche i product designer - forse più del mondo del fashion - hanno molto da dire.

Cancellato Uniform, rivoluzione oltre il sistema taglie

Nato e sviluppato da un'idea di Diletta Cancellato, cU (pronuncia all'inglese, see-you, per sottolineare la centralità della persona) nasce da un concetto semplice ma duro da affermare: "Accogliere e coinvolgere l'individuo in fase di progettazione. Sono i capi d'abbigliamento che devono adattarsi ai corpi e non viceversa" spiega la designer.

"Da dieci anni studiavo come arrivare a un prodotto che potesse abbracciare più corpi possibili. Ho trovato quel modo in un sistema di taglie che funziona in altezza e non in larghezza".

Cambiando l'approccio tipico del sistema moda, basato sulla classificazione sempre con taglie che vanno dalla XS alla XL per la donna e dalla XS alla L per l’uomo, Cancellato cambia tutto e definisce lo stesso range di volumi con tre opzioni riferite all’altezza della persona, con una scala di vestibilità progettata per altezze variabile da 1.30 a 1.90 metri, quindi anche da bambini o individui affetti da acondroplasia.

Tecnicamente, un capo d'abbigliamento di questo tipo può prendere vita attraverso un mix sofisticato di soluzioni che in questo caso convergono nel design di cU: uno studio accurato delle forme e della modellistica, l'uso di filati particolari, la maglieria 3D".

E tutto per raggiungere, come spiega la designer, "un'inclusività integrata senza inserire le persone alla fine del percorso ma, al contrario, mettendole davanti a tutto. Chiunque siano". Va da sé che il cambio di paradigma affermato da cU è anche nella forma societaria, trattandosi di una start up che è anche società benefit, formule non ancora diffusissime nel sistema moda.

Older Studio, tutto il bello dell'uniforme

Anche il cambio di scena innescato da Older Studio, il duo italodanese formato da Letizia Caramia e Morten Thuesen, arriva da un mondo dove fashion e prodotto s'incontrano felicemente.

L'idea di partenza di questa coppia con un background importante negli uffici stile di Alexander McQueen, Balmain, Damir Doma e Isabel Marant è che anche le divise da lavoro devono essere belle e non spersonalizzanti, e dunque inclusive, in grado di non tagliare fuori nessuno.

Older Studio è stato tra i protagonisti del FuoriSalone 2022 ad Alcova dove Letizia e Morten hanno presentato Furniform, nome che sintetizza furniture e uniform: in pratica, un gioco di arredi da indossare nato osservando i cantieri stradali.

"Abbiamo usato come strutture dei ponteggi tagliati e saldati, e poi abbiamo creato dei pantaloni che possono essere indossati oppure smontati e trasformati in sdraio e panchina.

È un work in progress, ci piace indagare i confini tra arredo e fashion, per noi l’uniforme è design in movimento. L’idea delle uniformi - spiegano - è nata per risolvere un problema estetico e funzionale nel mondo del lavoro e dell'ospitalità. Volevamo però creare dei capi che ci si può mettere al lavoro e si possano tenere volentieri anche dopo la fine del turno.

L'uniforme, specialmente nei ristoranti o comunque negli alberghi, è un po’ malvista dai dipendenti perché nessuno vuole indossare qualcosa di imposto; quindi se c'è una particolare attenzione o cura dietro a quello che indossi a lavoro, ti senti anche un po’ più valorizzato".

Sara Ricciardi e la Sherazade ingioiellata

La fisicità è da sempre al centro del lavoro di Sara Ricciardi: per le sue performance e i suoi workshop in cui il corpo e la prossemica sono allo stesso tempo oggetto d'indagine e attivatore sociale.

Tra gli ultimi progetti della designer ce ne è uno, multidisciplinare, che l'ha portata a reinterpretare la figura di Sherazade. Il progetto ruota intorno al Grand Tour Sentimentale di Elisa Casseri: il viaggio della scrittrice nelle relazioni umane contemporanee è stato il punto di partenza per la curatrice dello spettacolo e fondatrice di Spazio Giallo a Roma, Carolina Levi, per pensare con Ricciardi a un 'ingioiellamento' speciale, come lo definisce la designer, del corpo dell'attrice Sara Pantaleo, con ricami di alta moda realizzati dall'atelier di Pino Grasso a Milano "Desideravo da tempo ingioiellare spazi e corpi. Entrambi sono luoghi di racconto.

Superfici materiche e contenuto allo stesso tempo. Una palla fiorita, giardino di incanto in ricamo e paillettes rimanda una rifrazione luminosa che agghinda lo spazio con un’estetica preziosa e sognante, Un movimento ipnotico, lento, prezioso. La nostra Sherazade, poi, con la sua Tiara di cuori, la pettorina di api e paillettes e gli orecchini a fiore dai pistilli cascanti è lucente.

È essa stessa gioiello sotto la luce, riflettente, magica, capace di condurci alla deriva del sogno. Sono oggetti concepiti come amuleti per il corpo. Il ricamo del resto è terapeutico ed espressivo, consente un’attività meditativa importante, è cura attenta è struttura sociale".