Detox e vacanze, perché la cura del nostro star bene passa dal design

La chiamano sindrome di Stoccolma da lockdown, i più ricercati parlano di “paradosso dell’eremita”. Siamo stati chiusi in casa due mesi o più lamentandoci e soffrendo, ma non appena abbiamo avuto modo di riappropriarci di un grammo della vita di prima, abbiamo indugiato, cercando più di una ragione profonda per richiuderci alle spalle la porta del nostro rifugio. Non tutti, ovviamente, forse pochi: comunque nel numero giusto da spingerci a chiedere se l’abbondanza là fuori risponda davvero ai nostri bisogni, soprattutto a quelli non dichiarati e quindi più forti.

Un fatto è certo: la vita off, il relax, da oggi in poi saranno più programmati e definiti di prima. Se il tempo libero diventa una fisarmonica suonata dall’emergenza, è logico pensare come gli squarci che si aprono dovranno essere davvero significativi e appaganti, che si tratti di una visita al museo (dopo la sbornia di live e streaming) o di un week end in spa, dove comunque ci attendono mascherine e termoscanner ma riusciremo forse a risparmiarci i divisori in plexiglass. “La parola chiave, d’ora in avanti, sarà curatela”, dice Claudio Visentin, docente di Cultural History of Tourism all’Università della Svizzera Italiana di Lugano. “Al di là del turismo di massa, che uscirà compromesso dall’emergenza, i viaggiatori più avvertiti, e in genere chiunque vorrà staccare dal quotidiano, sentiranno il bisogno di programmare le proprie esperienze seguendo un filo. Accanto al bisogno naturale di trascorrere tempo all’aria aperta dopo mesi di blocco, cresceranno i week end all’insegna dell’arte o delle discipline orientali, le vacanze in agriturismo per fare yoga, i corsi di mindfulness”.

In questi mesi, abbiamo subito il tempo come conseguenza: della fila per la spesa, del ritardo di un corriere, dell’attesa del rider con la cena. Abbiamo scoperto che non lo avevamo mai davvero governato né rispettato” osserva Barbara Marcotulli, service designer ed esperta di turismo. “Dire non ho tempo, oggi, significa ‘non è una priorità’. È una verità incoraggiante, ed è anche la chiave per  le vite che vogliamo, a prescindere dalla pandemia. Realizzarlo è liberatorio, ci ricorda che la gestione del tempo è una scelta e anche se in questo tempo governato ci sono conseguenze e ci sono limiti,  c’è anche molta libertà. Se il tempo è di nuovo scelta, e lo è, allora possiamo prendere piccole decisioni che migliorano notevolmente la nostra esperienza del tempo, e anche  aiutare  chi le esperienze le progetta a  tenerlo al centro, perché è quello il suo posto”.

In questo nuovo corso, il digitale diventa una maschera a due facce: la routine da cui scappare, dopo che anche il lavoro negli ultimi mesi si è trasferito nelle videocall, ma anche l’alleato per non farci ammalare. La lezione arriva dal Nord Europa, dove già da due anni l’hotel di design Herman K di Copenhagen, dagli interni industrial raffinatissimi che ne raccontano il passato di centrale elettrica, ha sostituito il check in tradizionale con una app sullo smartphone per entrare dritti in camera senza toccare nulla e nessuno. Il nuovo design dell’accoglienza arriva fino al Sud Italia, dove lo storico Patria Palace di Lecce, affacciato sulla favola barocca di Santa Croce, sostituisce il buffet della colazione con un vassoio à la carte che non fa perdere l’effetto wow.

Il digitale come mezzo e l’analogico come fine"

Negli hotel di Rocco Forte, invece, sempre con il cellulare e il QR code si potrà ordinare a tavola o avere i pasti direttamente in camera, mentre carta e documenti vengono smaterializzati. Aumentano le strutture dove gli extra si pagano con un clic per poi salutarsi facendo ciao con la mano fuori dalla porta. Il digitale come mezzo e l’analogico come fine, insomma. E sono destinati a crescere tutti i servizi chiavi in mano in cui una struttura o un professionista ha scelto per te, sul modello delle experience di Airbnb. Una “curatela” che nel caso di The Thinking Traveler è la selezione di 220 ville nel Mediterraneo da affittare entrando in un circuito dove trova posto solo il 2 per cento delle residenze che si propongono.

A proposito di ville e dimore, come ci farà vivere il design lo spazio ritrovato una volta superati filtri, barriere e termoscanner? Gian Paolo Venier, architetto e designer specializzato in hotellerie, fa una previsione e invita a guardare al suo progetto in corso per un resort a Creta, dove ogni dettaglio “parla” dell’isola in una sorta di approccio mimetico che potrebbe essere la cifra del futuro prossimo. “Dai vasi in terracotta alle pareti, realizzati secondo la tradizione dell’isola su tornio a pedale, che sono un invito a visitare i maestri vasai del posto, fino ai tappeti realizzati con forme intagliate nel marmo bianco di cava greca e che richiamano il gusto di decorare i pavimenti delle piazze tipico delle isole elleniche, passando per le lampade che sono nasse da pesca, tutto deve stabilire una connessione con il territorio, le sue tradizioni. Incluso il parapetto della scala in ferro battuto fatto a ricciolo, che ‘parla’ del viticcio dell’isola”.

Non sarà solo per le facilities digitali che proveranno a farci sentire sicuri, che torneremo a viaggiare, quanto per la voglia di riacciuffare il filo del tempo e riportarlo dove stava prima dell’abbuffata di ansia e smart working. E tempo vorrà dire fatalmente fare di più i conti con la realtà: “Se con i webinar e le riunioni in streaming eravamo un giorno a New York e l’altro a Cantù, adesso proveremo a costruire esperienze sempre più reali, ovviamente laddove possibile”, spiega Visentin. Forse, cambierà anche un po’ il significato della parola esclusivo: da appannaggio del mondo del lusso, prenderà sempre più il senso di scelto, su misura, espressione di sé, anche quando la meta obbligata sarà a pochi chilometri da casa. “Del resto, nel turismo la spinta verso il cosa andare a fare ha sostituito da tempo quella verso il dove, livellando le grandi capitali ai piccoli circuiti delle experience, anche locali” dice Mauro Filippi di Push, agenzia di service design con base a Palermo attiva nel monitorare il modo in cui stiamo tornando a spostarci. “In questo senso da noi in Sicilia si sta iniziando a lavorare per sfruttare le opportunità che si aprono per esempio per i borghi rurali: l’obiettivo è che non siano percepiti come un ripiego ma come una ricchezza per chi non vorrà/potrà viaggiare lontano”.

Quella di far crescere il turismo nei borghi dell’artigianato d’arte è dal 2015 la missione di Eleonora Odorizzi e Andrea Miserocchi, inventori di Italian Stories, il portale che fa viaggiare (e imparare) nell’Italia della manifattura tra maestri pellettieri, fabbri, cartai, ceramisti. “Un aspetto spesso sottovalutato” spiegano i due “è l’importanza che queste aziende rivestono come parte dell’ecosistema turistico, non solo nelle città principali, ma anche e soprattutto come attrazione nelle destinazioni minori”. Una chance tutta da sfruttare, se è vero che la prossimità diventerà una chiave per vivere l’estate e le vacanze. E il nostro detox.

 

In apertura, Vision, foto di Alessandro Vullo, parte dell'iniziativa benefica 100 Fotografi per Bergamo a sostegno del reparto di rianimazione e terapia intensiva dell'Ospedale Papa Giovanni XXII di Bergamo.