Macchine più semplici da usare, leggere e belle da vedere. Ecco chi, in Italia, lavora per stabilimenti a misura d'uomo

Entri in fabbrica e trovi il design. Non il prodotto, ma la produzione stessa. E le sue macchine. "Siamo felici di rompere un pregiudizio: il settore machinery in Italia è forte: non solo dal punto di vista produttivo, ma anche da quello dell’innovazione", spiegano Edgardo Angelini e Pasquale Cirulli, rispettivamente Partner & Managing Director e Lead Product Designer di Design Group Italia, studio internazionale multidisciplinare con base a Milano e una forte specializzazione nel progetto per la fabbrica.

"Dal mondo delle macchine per il packaging a quello delle macchine per iniezione e stampaggio, nel nostro Paese esistono aziende grandi, ma anche realtà familiari e piccole, guidate da imprenditori che guardano avanti e hanno una certa energia.

Ci sono anche diverse ditte che si sono avvicinate alla digitalizzazione con il tema del 4.0 perché la fabbrica è digitilizzata e di conseguenza anche la macchina deve esserlo".

Negli ultimi anni, la cultura d'impresa ha saputo trasformare l’officina meccanica da luogo sporco, buio e dall’aria irrespirabile in uno spazio luminoso, pulito e sicuro.

L’Italia è il secondo Paese manifatturiero d’Europa e il settore dei macchinari rappresenta un'eccellenza nell'eccellenza. Un mondo, calcolano gli esperti Filippo Astone e Laura Magna, che varrà nei prossimi sei anni 435 mld entro il 2030 e che sarà trainato da software, servizi e soluzioni che impatteranno per il 77 per cento del fatturato.

L'economia circolare in fabbrica (e dunque il recupero e il riciclo di materiali e componenti) è già una sfida attualissima per un settore che vale 50 miliardi di euro ed è uno dei pilastri della nostra industria.

Quando parliamo di design per le fabbriche, parliamo non soltanto della progettazione di spazi e macchinari, ma anche dell'interazione tra questi e gli esseri umani. Un mondo in cui il design italiano svetta grazie anche al contributo di studi come Design Group Italia, che con il progetto recente di un nuovo macchinario per un'azienda specializzata nella stampa flessografica (usata per lo più per il packaging e per confezionare prodotti di marketing) s'è aggiudicato un German Design Award e ora concorre per il prossimo Compasso d'Oro.

OnyxGo, il nuovo macchinario disegnato per Uteco, è un progetto che i loro stessi autori definiscono disruptive. "Abbiamo usato un approccio pragmatico e razionale. La funzionalità e la riorganizzazione dei volumi della macchina sono stati la base a partire dalla quale è stato progettato un macchinario estremamente compatto ma separato in due blocchi funzionali.

Questa organizzazione in due volumi offre ordine, semplicità e compattezza rendendo le operazioni organiche, non più dispersive, più sicure.

Per fare un esempio: normalmente alcune unità delle stampanti flessografiche sono situate troppo in alto per essere raggiunte da un operatore di media altezza.

Così abbiamo introdotto due sollevatori pneumatici facilmente attivabili, mentre l’operatore può ora gestire l’intera macchina da un’unica posizione beneficiando di comandi completamente touchscreen.

Diciamo che il design ha consentito di superare i limiti di una progettazione esclusivamente ingegneristica che spesso giustappone le diverse funzioni della macchina: grazie al design abbiamo creato due volumi che accolgono queste funzioni in modo armonico, pulito, gerarichizzato, ordinato, comprensibile".

La sensibilità per una fabbrica moderna e razionale e per macchine user friendly accende anche l'interesse delle scuole. Qualche tempo fa, gli studenti dell'accademia Abadir di Catania si sono cimentati con un brief sfidante, guidati dal tutor Odo Fioravanti e coordinati da Vincenzo Castellana.

Spiega quest'ultimo: "Abbiamo raccolto la sfida di innovare la semantica stessa di una macchina ostica come la saldatrice per un'azienda leader nella produzione di raccordi in polietilene, Plastitalia.

La saldatrice è per definizione una macchina poco pratica, difficile da trasportare e da usare e che pone questioni di sicurezza non banali. La summer school con otto allievi ha prodotto undici progetti di macchine dall'usabilità spiccata e soprattutto leggere, che dobbiamo ancora rivelare".

Ma come si mette piede in fabbrica da designer per progettare macchinari all'avanguardia ed empatici?

Raccontano Angelini e Cirulli di Design Group Italia: "La conoscenza di Uteco è nata prima di tutto dal progetto di brand identity. Quando abbiamo iniziato a lavorare a OnyxGO, potevamo contare sulla conoscenza dell’azienda acquisita dal nostro team di brand design che, per sviluppare una nuova corporate identity coerente con la storia aziendale e rivolta ai nuovi obiettivi strategici, si è immerso nella realtà aziendale e nelle sue potenzialità, anche attraverso una serie di workshop con cui siamo entrati in contatto con il management.

Si è trattato di un grande vantaggio - e non possiamo che ringraziare la nostra multidisciplinarietà - che ci ha permesso di arrivare alla progettazione della macchina contando sulla nostra esperienza di lunga data nella progettazione di macchinari e soluzioni per l’industria, ma anche su una preparazione specifica di base su Uteco".

La progettazione è stata guidata da un principio di coerenza a tutto tondo: "Dalla brand identity, alla strategia commerciale, al racconto del macchinario, ogni elemento concorre a creare un sistema unitario e convergente.

Ci sono voluti sei mesi da parte nostra cui vanno sommate tutte le indagini, le attività e i test svolti dai team di engineering e R&D di Uteco perché si è trattato di coprogettazione e grandissima collaborazione".

Perché il tema, anche nel machinery design, è entrare in sintonia con le persone: "Oltre alle giornate di affiancamento in fabbrica abbiamo avuto contatti quotidiani con l’ufficio tecnico che parallelamente al nostro lavoro sul design sviluppava le parti meccaniche e funzionali di OnyxGO". C'è sempre il dialogo e il confronto, dietro il buon design.