Il cibo avvicina persone e culture, inonda di curiosità, oltre che di sapori, le menti e i cuori. Ecco come usarlo per sconfiggere i pregiudizi

Che il progetto sia qualcosa che ha a che fare con le scelte quotidiane, è cosa chiara. Non ci sono ambiti in cui non si usano capacità progettuali: nemmeno nei gesti più banali. E i designer italiani spesso sono stati geniali nell’osservare e tradurre la creatività spontanea delle persone. Ma i tempi si sono fatti più complicati e la vita sembra andare più veloce del design. Come quando si è costretti a trovare soluzioni pragmatiche e intelligenti ai pregiudizi culturali.

La storia di Anna Bolletta è un esempio di buon design informale. Ancora più interessante perché è l’applicazione del tutto spontanea di varie forme di performance artistica e progetto delle relazioni. E usa il cibo per favorire il complicato approssimarsi di due culture.

Qualche mese fa, Anna ha sposato Alieu. Un primo matrimonio un po’ tardivo, che ha forse colto di sorpresa famiglia e amici. Al cuore, certo, non si comanda. Ma Alieu è gambiano, un po’ più giovane e musulmano. Lo spettro di una religione misogina e poligama, unita ai pregiudizi razziali e anagrafici, fa scoppiare una bomba sociale e famigliare.

“Sapevo che sarebbe stato difficile” racconta Anna. “Costruire una coppia è complicato, e quando ci sono differenze culturali macroscopiche lo è ancora di più”. Le amiche si preoccupano, i famigliari impongono veti: “A parte mia madre quasi ottantenne, che l’ha presa con filosofia. Non mi aspetto che tutti capiscano, né di essere appoggiata in ogni cosa che faccio. Ma non mi piace il pregiudizio, la scelta fatta sull’ignoranza o sulla mancanza di curiosità”.

La famiglia di Alieu è stata molto più comprensiva. La loro preoccupazione principale è la serenità di tutti. La cultura africana, in generale, è molto concentrata sul presente. È the simple life: volersi bene, fare figli, aiutarsi. La famiglia è normalmente composta da svariate stratificazioni generazionali e matrimoniali. Tutti vivono vicini, quando non insieme. Litigano? “Come in qualunque famiglia, non è certo il paradiso”.

La festa di matrimonio, che dovrebbe essere un momento di condivisione felice, rischiava quindi di trasformarsi in una celebrazione amara dei pregiudizi e delle incomprensioni culturali. Di noi italiani.

“Abbiamo pensato al cibo come una soluzione” spiega Anna. “Un mezzo per tentare un’impresa complicata come la convivenza pacifica di sub-sahariani e italiani, anche solo il tempo di una festa. E poi chissà”.

Così Anna e Alieu hanno deciso di cucinare per i loro ospiti. Niente tavolate o pranzi pantagruelici, solo la condivisione di cibo. Che però è un mettere in comune le istanze al contempo più morbide e più forti delle reciproche culture. Sapori gambiani e italiani mescolati, che forse non hanno risolto i pregiudizi, ma hanno permesso di stare vicini, mangiare gli stessi piatti e alimentare la curiosità fra persone poco inclini a provarne. La realizzazione dei piatti scelti da Anna e Alieu è stata supportata dal catering Doma Food and Party Design che ha condiviso l'esperienza.

Il cibo è rito, feticcio, gesto sacro per chiunque. Spezzare il pane non è un’invenzione cristiana, ma una documentata operazione antropologica che serve a rinsaldare i legami e trasmettere affetto. Abbiamo imparato, in quanto esseri umani, a eliminare le gerarchie alimentari tipiche dei carnivori e dei predatori. La convivialità, il piacere, sono espressioni di felicità, come la danza e il canto. Difficile resistere, anche per chi è davvero convinto che ci sia qualcosa di impossibile o di sbagliato quando due esseri umani decidono di volersi bene. E contemporaneamente, di unire in una bizzarra parentela due famiglie che più diverse non si può.

Tutto è bene quel che finisce bene, quindi? “Magari bastasse un pranzo. Le incomprensioni e le difficoltà ci sono ancora, ma noi abbiamo festeggiato il nostro matrimonio offrendo alle persone l'opportunità di scoprire nazionalità e culture differenti. Questo era il nostro desiderio, per ora”. L’esperimento però è piaciuto molto, e Anna e Alieu hanno deciso di strutturarlo in un’attività collaterale. Ora cucinano per chi desidera conoscere meglio la cultura gambiana*. E per dimostrare che non ci vuole poi molto a sedersi allo stesso tavolo con qualcuno che, magari, non avremmo mai avuto occasione di conoscere.

 

* Si può scrivere alla mail: anna.alieu1@gmail.com. 

Foto di apertura di Alessandro Gentile.