“Lo spazio abitato è come un vestito che, invece di essere indossato, viene vissuto". Cinque progettisti raccontano come progettano il piacere di sentirsi bene a casa (quando poi, quelle case, le abitano altri).

La casa è una nostra emanazione che entra in relazione profonda con l’interiorità, l’intimità, la psiche, l’esperienza quotidiana. Del resto la radice della parola abitare è habitat: ambiente e casa. La casa è quindi l’area che individua la nostra dimensione privata rispetto al mondo, una membrana che connette il fuori e il dentro di noi. Ecco perché ci sentiamo attratti verso i luoghi pubblici, come i ristoranti e gli hotel, capaci di trasmettere un senso di benessere intimo, quasi domestico.

Studio Wok: «Uno spazio ben progettato è come un vestito che ci fa sentire bene»

Come si arriva a progettare tutto ciò? Prova a spiegarlo Nicola Brenna di Studio Wok, di Milano: “Esiste uno stretto rapporto tra noi uomini, la natura dei luoghi e il modo in cui li abitiamo: lo spazio abitato è come un vestito che invece di essere indossato, viene vissuto. Oltre alle caratteristiche fisiche, il comfort è generato anche dalla capacità di un’architettura di creare emozioni: la luce di una finestra che a una certa ora del giorno crea un disegno sulla parete, il profumo di un buon legno massello, la rugosità o la morbidezza al tatto delle superfici. Oggi, complice anche il periodo che ci vincola a vivere a lungo in spazi chiusi, il comfort ha assunto un’importanza prima spesso sottovalutata. La nostra ricerca progettuale, sia a scala residenziale che urbana, è guidata con costanza dal concetto di habitat, inteso come qualità dell’abitare: pensare, disegnare e costruire condizioni ambientali positive. Abitare vuol dire anche creare abitudini. Il nostro approccio metodologico e progettuale è artigianale. Per lo sviluppo dei nostri lavori, rileviamo con attenzione le caratteristiche fisiche del luogo di progetto: il paesaggio, i materiali che connotano il territorio di riferimento, la luce, l’atmosfera. Ci piacciono i materiali “naturali”, capaci di avere un’evoluzione nel tempo e di maturare di pari passo con la struttura architettonica che li accoglie. È importante la capacità di uno spazio di evolvere e mutare nel corso nel tempo assieme a chi lo abita”.

GamFratesi: «Interni che comunichino pace e calma»

Lo studio GamFratesi di Copenhagen pone invece l’accento su un comfort, sia nei prodotti sia nello spazio, che possa trasmettere una sensazione piacevole non solo fisica ma, in particolare, mentale. “La parola comfort deriva dalla parola latina “confortare,” che significa "rafforzare notevolmente”, e si riferisce sia allo stato fisico, sia all’umore. Ed è proprio questo aspetto più intrinseco del significato che ci affascina. Creare pace e calma. Un “comfort” interiore che ci aiuti a migliorare l'esperienza per arrivare a uno stato d'animo sicuro, intimo e persino di ispirazione personale. Come progettisti siamo in grado di fare la differenza su come vivono le persone e dobbiamo essere in grado di comunicare questa capacità con responsabilità. Il prodotto non deve apparire passivo, ma uno strumento attivo per trasformare positivamente il nostro umore e aiutarci ad agire, migliorando la nostra vita quotidiana con fiducia. Spesso ci sono molti elementi che contribuiranno a migliorare collettivamente l'interno e il comfort generale: forma, materiali, colori. Questi elementi ci aiutano a raggiungere un ambiente senza tempo e per questo confortevole. Lavoriamo con un'accurata selezione di materiali, esplorando spesso soluzioni naturali e combinazioni inaspettate per portare la natura all'interno dello spazio”.

Jaime Hayon: «I dettagli fanno la qualità fisica dello spazio»

Il vulcanico designer spagnolo Jaime Hayon arriva invece a definire il progettare come un esercizio sociale: “Bisogna mettersi nei panni di chi entra nello spazio: troppe volte i progettisti si concentrano sull’estetica, diventando decoratori. Parlando di luoghi pubblici, come i ristoranti o gli hotel, al di là dell’impatto visivo generale che si ha appena si entra, per ottenere il vero comfort è necessario progettare il singolo metro quadro in cui poi le persone realmente staranno, cercando di capire cosa percepiranno con il loro corpo e con i sensi in quel singolo metro quadro. Il vero comfort è fatto di dettagli: si trova nella lampada che illumina un libro o nella finitura, per esempio del bracciale di una seduta, che si rivela perfetta nel momento in cui una persona si siede. L’attenzione alla progettazione di una zona specifica di uno spazio fa per la differenza. Per fare questo è necessario capire anche le azioni che si svolgeranno in quel metro quadro: non soltanto di chi lo utilizzerà, ma anche di chi ci lavorerà. Per me è un esercizio sociale dove il progettista deve avvicinarsi alle persone che lo animeranno”.

Atelier Lavit: «Luce, aria, acustica sono i fondamenti del comfort»

La visione del parigino Atelier Lavit mira invece a dissolvere l’architettura in favore di chi lo vivrà. “Il comfort è il non doversi chiedere se si è comodi. L’intuizione e il gesto creativo sono, con l'intelligenza progettuale, il primo passo per progettare il comfort con forza innovativa, non manifesto ma da scoprire, non quantificabile ma dimensionato a misura d'uomo. Non solo ergonomico o materico, il comfort è prima di tutto luminoso, acustico, nella qualità dell’aria che si respira; questo, un’architettura ben pensata, non lo dimentica mai. L’obbiettivo è raggiunto quando l’oggetto o l’architettura scompaiono con discrezione, facendo vivere e godere del momento presente, mettendo a proprio agio con sobrietà e facendo si che ci si possa sentire al meglio con se stessi, con gli altri e con l'ambito in cui siamo sia esso un paesaggio o solo un palco teatrale, che mette l’artista nelle condizioni di performare al meglio, senza rubargli la scena”.

Dagmar Štěpánová dello studio Formafatal: «Il comfort parte dall'ascolto degli altri»

Funzionalità e praticità si uniscono invece nella visione della ceca Dagmar Štěpánová/studio Formafatal: “La parola comfort per me è associata principalmente a una sensazione di sicurezza e benessere. Si tratta di una comodità percepita soggettivamente che è legata all'ambiente in cui operiamo, dove viviamo o dove abbiamo la nostra casa. Noi creiamo soluzioni diverse a seconda delle singole esigenze e in questo si trova il comfort. Alcuni hanno bisogno solo di un riparo sopra la testa altri di un nido, altri ancora vogliono una casa all’insegna della domotica. Nella nostra professione è importante affrontare tutti i progetti con un'attenzione particolare alle specifiche esigenze del cliente e per questo instauriamo un profondo dialogo. Per me il comfort, in architettura o negli interni, deve trovare il giusto equilibrio tra forma e funzione. Nel progettare, infine, attribuisco una grande importanza all'illuminazione e all'atmosfera che evoca piacevoli emozioni nelle persone e contribuisce alla sensazione generale di comfort”.

 

In apertura, la fotografia di Federica Sasso che ha partecipato all'iniziativa benefica 100 Fotografi per Bergamo a sostegno del reparto di rianimazione e terapia intensiva dell'Ospedale Papa Giovanni XXII di Bergamo.