È questo cambiamento, il risultato di un moto evolutivo perpetuo che la pandemia ha certamente accelerato ma non inventato. E ora, dopo essere sopravvissuti allo scenario epico dei primi mesi di Covid-19, ci sembra normale guardare con più attenzione alla quotidianità e cercare di immaginare un nuovo ambiente in equilibrio in un mondo che ha ridato alla casa un significato primordiale, oltre che prioritario.
Che case vogliamo? Prima di rispondere a questa domanda chiediamoci anche dove le vogliamo. A fine agosto il New York Times osservava come molti cittadini stiano lasciando Manhattan per trasferirsi nei suburbs, tentati da una casa più grande in mezzo al verde (che piace soprattutto quando i benefit della vita cittadina non esistono più e si lavora in remoto). Ma, soprattutto, da abitazioni in grado di contenere funzioni che prima erano distribuite e diffuse. Il vivere quotidiano, fatto di affetti, passioni, riti ordinari come cucinare e lavare e dormire, dovrà condividere il medesimo spazio (e gli stessi metri quadrati), del lavorare, fare riunioni, progettare, inventare, studiare.