Le recenti evoluzioni del design scandinavo mostrano una inaspettata predilezione per la ricerca di una varietà espressiva attuale e contemporanea, meno introversa rispetto ai codici iconici della tradizione e più attenta al rilascio di un brillante tepore emotivo che scalda gli occhi senza appesantire lo sguardo

Il tema della sostenibilità ha a che fare meno con la salvaguardia dell’ambiente che non delle condizioni di vita dell’uomo su un pianeta – il nostro – per il quale è del tutto indifferente avere una temperatura media più o meno alta o un’atmosfera fatta d’aria o di anidride carbonica.

Invero, l’immagine che per lo più abbiamo della natura come luogo autentico e incontaminato è in gran parte artefatta, frutto di quella idealizzazione risalente al romanticismo ottocentesco che, sorto in reazione alle brutture della prima società industriale, favorì la ricerca (in chiave romanzata e turistica) di una dimensione alternativa ai fumi neri dell’ambiente urbano, istituendo una contrapposizione ideologica che si è mantenuta per tutto il Novecento giungendo pressoché intatta fino a noi.

Contrapposizione che, però, non è mai appartenuta al mondo scandinavo.

Il grande Nord, introverso e severo, non è mai stato incline alla trattazione edulcorante di un ambiente naturale percepito invece come prossimo e terribile, magnifico e indifferente, sviluppando da questa visione una cultura del progetto che non ha mai avuto tra le sue priorità l’espressione individuale delle impellenze creative del singolo (nei climi freddi le emozioni si tengono piuttosto dentro, per scaldarsi), quanto piuttosto la definizione di uno spazio 'interno' come luogo di protezione dalla spietata bellezza esterna.

Lungi dal trattenersi con i fronzoli compiaciuti di qualsivoglia infiorettatura decorativa, il design scandivano ha sempre preferito andare dritto al punto (nei climi freddi le calorie estetiche si risparmiano per far fronte ai tempi più bui), privilegiando materiali psicologicamente caldi, come il legno, da modellare in forme essenziali distillate dal buon senso e da un uso logico delle risorse (nei climi freddi anche la circolazione del sangue è 'minimalista' per la salvaguardia degli organi vitali).

Eppure oggi, nello scenario globalizzato in cui vive il progetto contemporaneo, anche il design nordico esibisce un nuovo tepore emotivo, mai troppo ostentato e tuttavia sempre più chiaramente contraddistinto da una inedita policromia formale che alza la temperatura estetica a cui si atteneva il tradizionale approccio minimalista dell’arredo polare.

Lo dimostrano progetti come la lampada Ghost di Andreas Kowalewski per Woud e il tappeto modello Aztyn Fallos / Runner (af08) di Atelier Bowy, movimenti di una nuova sinfonia progettuale che si apre a curvature melodiche attuali, di cui si nota l’interessante rima visiva con un progetto non strettamente scandinavo, ma comunque rivolto a nord, quale la lampada Par realizzata da studio Trueing e Andreas Bergsaker per l’evento Norway x New York organizzato da Sight Unseen, a testimonianza di come i nuovi codici espressivi del design del 'grande freddo' stiano pian piano scaldando il mondo del design in senso lato.

Va altresì sottolineata la grande attenzione del progetto nordico alla 'sensibilità emotiva' dell’ambiente, resa più acuta che mai dalla crisi climatica.

Lo si vede nella seduta Reform Lounge di Jurij Rahimkulov per Reform Design Lab, la cui forma audace riesce nella non ovvia missione di attualizzare la compostezza organica del tradizionale mobile scandinavo in una struttura stampata in 3D con materiale bio-composito.

Mentre la stessa filosofia, ma su scala one-off, presiede al tavolo Besitt che Emeli Höcks e Carolina Härdh hanno realizzato con gusci di ostriche, carta, colla d'ossa e amido vegetale, o ancora alla scultura biodegradabile Circular che sempre la Höcks ha modellato con carta, sabbia e alghe della costa svedese.

La serietà del gioco, tratto peculiare del progetto nordico, è poi all’opera tanto nelle sculture di carta eseguite da Clara von Zweigbergk per Holzweiler quanto nel contenitore Sketch Toolbox di Thomas Bentzen per Muuto, come ancora nella collezione di oggetti di Wang & Söderström per Hay.

Anche il tavolino Ahoy di Daniel Enoksson per Mitab, ispirato alle bitte delle navi usate per fissare le cime di ormeggio, è stato plasmato da un controllo attento dell’espressività estetica, lasciata libera ma richiamata un istante prima di diventare mero compiacimento formale.

La versatilità di questa nuova leggerezza logica e poetica può venire declinata persino nell’abbigliamento, come mostra la giacca On The Line Zip disegnata da Kristine Five Melvær per ESP Oslo in collaborazione con Røros Tweed.

Poiché in fondo è proprio questa la chiave di ingresso della tradizione nordica nello scenario contemporaneo – la via della distillazione del prodotto limato fino alla trasparenza concettuale, portato al suo nucleo di verità autentico tanto nel gioco quanto nell’oggetto funzionale, tanto nella scultura quanto nell’abito, che si posa con leggerezza sulla vita quotidiana come neve su un campo e, se osservata attentamente, risplende della stessa varietà cromatica che pulsa in silenzio nei cristalli di neve.